17. Una freccia gialla

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La freccia gialla vibrava, conficcata ai suoi piedi, nel marmo bianco della cattedrale.

Un ricordo gli affiorò alla mente e un sorriso sulle labbra.

Non era morto. Gli ci volle un po' di tempo per capirlo, ma non meno di quanto ce ne volle anche agli altri presenti.

Tutti erano rimasti troppo sorpresi, immobilizzati e muti, convinti che avrebbero visto Evander cadere ai loro piedi colpito al cuore da una freccia nera.

Invece, una freccia gialla aveva volutamente mancato il bersaglio.

Evander fu il primo a interrompere quel mortale silenzio.

«Reymond!» sussurrò, commosso.

Poi guardò in alto, da dove era stata scoccata la freccia.

In quel momento, dodici arcieri endar comparvero sulla corsia di sicurezza, con i loro archi ben tesi. Avevano cambiato bersaglio: ora tenevano di mira i maggiori sostenitori di Vlastamir.

A capo di quegli arcieri, End Xhen sorrideva trionfante: «Sono ai tuoi ordini, pellerossa!».

L'imperatore esclamò: «Figlio mio, Alekym, sei vivo! Non avrei sopportato di perderti di nuovo!», poi, riconoscente, chinò il capo verso Reymond e dichiarò: «Grazie, chiunque tu sia, arciere endar, per aver salvato la vita di mio figlio!».

«Non dovete ringraziarmi, sire. Non avrei mai lasciato che il mio amico d'infanzia morisse».

Riprendendosi dalla sorpresa, Vlastamir digrignò i denti per la rabbia e gridò: «Ah! Traditori! La pagherete per questo!». Tuttavia, non osò muoversi.

Evander lo ignorò: «Reymond! Credevo che non ti avrei mai più rivisto!».

«Mi dispiace. Avevo bisogno di più tempo».

«Più tempo per cosa?».

«Per creare un esercito di arcieri ribelli!».

«Un esercito di arcieri ribelli?» ripeté Adalwin, sconcertato.

«Certamente! Ora, i miei arcieri, gli endar che vedete a fianco a me e tanti altri che sono nascosti fuori dalla cattedrale, rispondono solo a me. O meglio a te, Evander, o Alekym, o come vuoi farti chiamare. Un tuo ordine, e li facciamo tutti fuori...».

Una risata sarcastica echeggiò per le quattro navate della cattedrale: Vlastamir non sembrava intimidito dal tradimento degli arcieri. Ancora ridendo, esclamò: «Siete solo dei poveri sciocchi! Non avete alcuno scampo! Non potete niente contro i miei endar». Poi, mutando espressione, con voce piena di odio, si rivolse a quelli che aveva chiamato "i suoi" endar: «Che cosa state aspettando, maledetti buoni a nulla?! Siete o non siete i custodi dell'imperatore?! Io sono il vostro imperatore! Io! Io, e nessun altro! Non curatevi delle frecce! Uccidete i traditori! Uccidete i ribelli! Uccideteli tutti!».

Ma, a quelle parole, un endar uscì dalle fila a testa alta, andò verso Evander, si inchinò e, con fierezza, dichiarò: «Sono ai vostri ordini, mio capitano e mio imperatore».

Evander lo riconobbe subito: era End Vork, uno dei quattro che non era riuscito a convertire. Evander ne fu positivamente sorpreso. Era bastato scoprire che lui era il legittimo imperatore perché End Vork decidesse di passare dalla sua parte.

Forse non sarebbe stato il solo.

E, infatti, pochi istanti dopo, anche altri uscirono dalle fila pervenire ad inchinarsi ai piedi di Evander. Fra loro, erano alcuni degli endar che Evander, Mida e Adalwin erano riusciti a portare dalla loro parte, ma non solo: anche altri avevano seguito l'esempio di End Vork ed avevano cambiato bandiera, giurando fedeltà a quello che consideravano il loro vero legittimo sovrano.

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