26. Nulla è impossibile

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«Jayden, io vi ho mentito» disse Yvnhal, prima di entrare nella plancia.

Jayden si girò verso di lui con uno sguardo infuriato, scuotendo la testa tra sé e mormorando tra i denti: «Sapevo che ero stata una stupida a fidarmi!».

Ma Yvnhal sembrava così diverso dall'uomo che aveva sempre conosciuto: era visibilmente oppresso da un senso di colpa.

E, anche in quel momento, nonostante le avesse appena confessato di averle mentito, Yvnhal appariva ancora schiacciato da cupi pensieri e da un senso di inadeguatezza completamente nuovo per lui, tradito dal tono tremulo della sua voce e dal tic nervoso scoppiatogli di recente, che lo obbligava a stropicciarsi le mani in un gesto automatico sovrappensiero.

«Jayden, vi chiedo di darmi la possibilità di spiegarmi. Dietro a questa porta, troverete altri cadetti: ci servivano per pilotare la nave. Vi ho mentito sulla loro esistenza, perché sapevo che non c'era posto anche per loro sulle navette, ma che voi vi sareste intestardita a salvarli lo stesso, mettendo in pericolo anche voi stessa e il figlio di Evander».

«Perché vi interessa di me o di mio figlio?» chiese Jayden, senza comprendere.

Yvnhal ignorò la sua domanda:

«E vi ho mentito anche su un'altra cosa. Sul ponte di comando della plancia non troverete soltanto altri cadetti, ma anche un buon numero di endar. Ed essi... non sono a conoscenza della mia presa di posizione nei vostri confronti. Credono ancora che io voglia tener fede all'ordine che Vlastamir mi ha dato di togliervi la vita. Non posso essere certo di come prenderanno questo mio essermi tirato indietro. Ma lasciate fare a me: dirò loro che ho scelto di risparmiarvi, almeno per il momento, nella speranza che voi possiate pilotare la nave fino ad Edresia».

Jayden lo fissò in silenzio per qualche istante. Tutti i dubbi possibili le tempestarono la mente: fidarsi di quell'uomo poteva essere un errore imperdonabile, ma non fidarsi, in questo caso, poteva significare solo morte certa. E, comunque, doveva stare al gioco, finché quella era l'unica alternativa che aveva.

«Ho forse un'altra scelta?» disse.

Yvnhal annuì.

«Bene» disse. Poi, si fece rigido e severo in volto, prima di aprire la porta e presentare il proprio piano ai suoi endar.

Jayden entrò sulla plancia dopo Yvnhal, seguita dai cadetti.

Gli endar, di fronte al loro capitano, non osarono esprimere la loro sorpresa o il malcontento nel vedere i ribelli liberi sulla plancia. Si limitarono a fissarsi l'uno con l'altro, reprimendo le domande che avrebbero voluto rivolgere al loro capitano.

Quest'ultimo, a differenza di ciò che aveva detto a Jayden, non fece nessun discorso ai suoi uomini. Si limitò ad indicare a Jayden il posto del pilota e a dire, in tono imperativo: «Fate del vostro meglio, principessa Jayden, o questa sarà anche la vostra tomba».

Jayden comprese che, se Yvnhal avesse fornito spiegazioni delle proprie azioni ai suoi uomini avrebbe perso credibilità, passando per un debole: gli endar erano abituati ad obbedirgli ciecamente, senza far domande.

«Cadetti, da questo momento, voi risponderete ad ogni ordine vi venga dato dalla principessa Jayden. Lei svolgerà temporaneamente la funzione di capitano».

Preso posto sulla poltrona del pilota, Jayden passò in rassegna i cadetti, chiedendo loro quale corso accademico stessero seguendo e quali erano i loro voti, poi li divise in coppie da due, dando a ciascuna coppia un ruolo ed un compito a bordo della nave.

La prima coppia di cadetti, a cui era stato affidato il compito di valutare le condizioni generali della nave, dopo una decina diminuti, tornò con un report completo dei danni subiti dalla nave. Le fu assicurato, con non poco ottimismo, che c'erano buone probabilità di riparare la nave quel tanto che bastava per arrivare ad Edresia.

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