35. Assedio finale

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«Presto: allontanatevi dalla torre! Nascondetevi dietro alle mura! Potrebbero esserci altri arcieri dietro a quelle feritoie!» gridò Reymond.

Ai quattro angoli della piazza semicircolare antistante la torre Dravedia si ergevano altrettanti muretti di pietra, costruiti con lo scopo di riparare i passanti dalla polvere portata dal vento: Reymond si lanciò dietro il primo di quei muretti, subito seguito da Evander, e Lord Cassian.

Nonostante la battaglia si fosse conclusa con la vittoria dei ribelli, Vlastamir rimaneva barricato con i suoi ultimi sostenitori nella cima più alta della Torre Nera e non si dava per vinto, comandando ai suoi arcieri di uccidere a vista coloro che lo avevano derubato del trono. Gli arcieri erano nascosti dietro le strette feritoie della torre, disposti su diversi piani, ma la loro visuale era ristretta ed ostacolata dalla polvere rossa che si alzava da terra. Alla fine della battaglia, infatti, quando la pioggia aveva smesso di cadere, la polvere era tornata a sollevarsi nell'aria e la nube rossa che circondava la parte alta della Torre Nera si era riformata più fitta di prima. I ribelli non facevano in tempo a veder sbucare la punta luminosa delle frecce attraverso quella nube, che esse avevano già colpito il bersaglio. Ma anche la mira degli arcieri, per loro grande fortuna, ne aveva molto risentito: nessuno era rimasto ucciso dalla prima scarica.

Tuttavia, Adalwin era stato ferito ad una gamba.

Zora, che si trovava accanto a lui, lo aiutò a trascinarsi dietro il quarto muretto, il più vicino a dove si trovavano. Jayden li aveva seguiti ed aveva aiutato Zora nel tentativo di curare la ferita di Adalwin.

Anche gli altri ribelli rimasti sul campo di battaglia non si fecero ripetere due volte il consiglio di Reymond: ognuno si diresse verso il muretto più vicino a lui, e vi si nascose dietro.

Essendo scampati al primo giro di frecce, non speravano nella stessa fortuna due volte.

I ribelli rimasti sul campo erano pochi: la battaglia decisiva si era conclusa, e tutti si erano dati da fare per portare in salvo i feriti e mettere sotto chiave i prigionieri. Soltanto i capi della Ribellione erano rimasti, per decidere cosa fare dei seguaci di Vlastamir che si erano rifugiati nella torre.

«Le strade nere sono tutte distrutte, mio signore. Il reggente Vlastamir non ha più vie di fuga» dichiarò Vork, raggiungendo Evander e lasciandosi cadere accanto a lui, al riparo dietro al muretto.

«Bene» annuì Evander, cupo. La battaglia era vinta, ma Evander non si sentiva sollevato. Cosa avrebbe dovuto farne, di suo fratello? Non c'era modo di entrare in quella torre: Evander non si faceva illusioni.

«Egli endar che si sono arresi sono stati condotti nelle segrete della corte» aggiunse Vork, affaticato per la corsa: era venuto apposta dal palazzo per informare Evander della situazione.

«Ei ribelli?» chiese quest'ultimo.

«Tutti a palazzo: i feriti sono già stati tutti curati».

«Forse dovrei essere anch'io a curare i feriti...» disse Mida, accanto ad Allen: «Ma non posso abbandonarvi proprio in questo momento».

«Vi ringrazio, Mida» gli disse Evander.

«Ora non ci resta che pensare a Vlastamir» disse Lord Cassian, che si trovava proprio accanto a loro. Nel dir così, aveva indicato la cima invisibile di Dravedia con un gesto nervoso della mano, dando voce e forma alla muta preoccupazione di Evander.

Tutti si stavano chiedendo la stessa cosa.

Vlastamir si trovava in cima a quella torre e loro non sapevano come arrivarci.

Dietro il quarto muretto, Adalwin, la cui dolorosa ferita non lo distraeva abbastanza, alzò la voce per farsi sentire da loro: «Non c'è verso di scalare quella torre: le pareti sono completamente lisce, senza la minima sporgenza».

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