1. Intruso

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Di persona la cui presenza è considerata come illecita o ostile in un ambiente circoscritto.

Place Vendôme si estendeva in tutta la sua lussureggiante eleganza sotto lo sguardo distante e freddo di Yves che, appoggiato alla balaustra del suo terrazzo, osservava silenziosamente la massa di gente che affollava le strade.

D'altronde, non tutti potevano vantare una vista tanto privilegiata su Parigi, né tutti possedevano il capitale dei Clairmont e il loro impatto su quella parte di società che contava.

Se qualcuno di quei passanti avesse guardato in alto, verso l'edificio raffinato al centro della piazza, avrebbe di sicuro notato la sagoma affusolata di un giovane ragazzo, immobile come una di quelle statue greche custodite al Museo del Louvre e a cui Yves somigliava indiscutibilmente.

Il ragazzo chiuse gli occhi e portò il viso in alto per un breve momento, lasciò che il calore di quel sole di settembre penetrasse nella pelle fredda delle sue mani magre e longilinee, fino a quando non riuscì ad estraniarsi quel tanto che bastava per non percepire più niente.

La magia durò poco come sempre, Yves pensò che quelli come lui non avevano tempo per crogiolarsi al sole. Aveva delle puttane da dover mettere in attività entro la notte successiva e un grosso problema in arrivo di cui ignorava ancora la natura. Così afferrò la valigetta e chiuse dietro la porta della sua camera con due giri di chiave.

Il profumo della colazione lo raggiunse pochi istanti dopo, si portò dietro l'aroma intenso del caffè e quello più dolce dei croissant. Il tavolo della sala era imbandito di un'enorme varietà di cibo che avrebbe potuto sfamare tranquillamente una dozzina di persone. In realtà suo padre era in viaggio per affari e l'unica compagnia di cui Yves avrebbe goduto era quella di Lydia, la storica compagna di Jacques Clairmont.

La donna era impegnata in una conversazione al telefono e non sembrava averlo notato. Aveva il viso rivolto alla finestra e le spalle rigide, Yves la vide scuotere la testa prima di tentare di ribattere qualcosa al suo interlocutore.

" Buongiorno Signore, cosa posso portarle stamattina?"

"Solo un caffè, Eloise. Grazie."

Il ragazzo rispose alla cameriera, ma il suo sguardo era rimasto ben fisso sui movimenti dell'altra donna, palesemente incastrata in una discussione che non voleva avere. Aveva iniziato a parlare un italiano agitato e veloce e Yves dovette concentrarsi al massimo per non perdere il senso del discorso.

" Marco, non mi hai dato un minimo di preavviso. Cosa ti dice la testa? Sai che ci sono sempre per voi, ma sai anche che non vivo da sola " Lydia attese un attimo, poi parlò con più enfasi, "anche Parigi è una grossa città e qui si troverebbe in un posto che non conosce e per giunta senza amici. Credi che sia l'ideale per lui?''

La stoica calma di Yves ebbe un sussulto, capì che qualsiasi cosa stesse succedendo poteva rappresentare un problema per lui. Le novità non erano gradite a casa Clairmont, anzi tutto ciò che sfuggiva al controllo del ragazzo non poteva andare bene.

"Che cosa ha combinato stavolta? Mi stai chiedendo di prendermi una grossa responsabilità, te ne rendi conto? E devo prima sentire Jacques e parlare con Yves...''

Quest'ultimo era immobile a quel punto, il caffè fumante che aveva davanti aveva perso ogni attrattiva. Capiva l'italiano abbastanza bene da sapere che non si era potuto sbagliare più di tanto, quella era una conversazione tra Lydia e il fratello che viveva in Italia. Ricordava vagamente quei due disadattati di padre e figlio, dopotutto erano trascorsi cinque o sei anni dall'ultima volta che erano stati in vacanza a Roma.

" Domani, Marco? Ma come domani?! D-devo organizzarmi ...'' la donna si era portata una mano alla fronte. Poi continuò, "va bene, se le cose stanno così fallo venire, ma digli che deve rigare dritto qui in Francia. Troverò un modo per farlo iscrivere a scuola. Però ascoltami, anche noi siamo impegnatissimi con il lavoro, quindi non potrò stargli dietro come ti aspetti.'

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