27. Relitto

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Persona ridotta a uno stato di miseria degradante o di completo avvilimento.

Yves era sotto shock. I suoi occhi guardavano un punto indefinito del muro bianco davanti a lui, si perdevano nella vastità di quell'incubo da cui non poteva risvegliarsi. Perché quell'incubo adesso era la sua vita. Si sentiva schiacciato a terra, come se il suo sterno fosse stato tenuto giù da uno stivale di ferro che gli impediva di respirare come avrebbe dovuto.

E pensare a quello che era accaduto nelle ultime ore lo faceva morire dentro di vergogna e, ancora di più, di un terrore cieco che non aveva mai provato in diciassette anni di vita.

E' finita. Non c'è una via di scampo ... lui sa e tu non puoi più dimenticare o far finta che quello schifo non sia mai successo.

E gli tornò in mente il volto trionfante di Andrea. La luce folle che animava il suo viso in quella dannata stanza. E quelle foto ...

Ucciditi, Yves. Tira fuori le palle e falla finita una volta per tutte. Lui non ti lascerà mai andare. Ti ha in pugno.

Un gemito di orrore gli sfuggì dalle labbra. Stava tremando sotto le coperte pesanti del suo letto, rannicchiato come un bambino inerme di fronte alla furia di un agente esterno, troppo potente da poter solo pensare di contrastarlo. Era finita. Lui aveva quelle foto e le avrebbe usate per umiliarlo e tenerlo in pugno per il resto della sua vita. Come un fenomeno da baraccone.

La finestra è abbastanza alta, lo sai. Fallo adesso e basta, Yves. Non ne uscirai comunque.

Quel pensiero lo fece rabbrividire ancora una volta. Non aveva il coraggio di farlo davvero e questo era un problema. Cosa stava succedendo in quel momento a scuola? Lui lo aveva già detto a tutti? Aveva già mostrato quelle foto in giro?

Gli veniva da vomitare per l'orrore.

No, non lo farà subito. Prima ti torturerà e ti umilierà ... farà quello che avresti fatto tu se ti fossi trovato al suo posto.

"Yves? Yves?"

Il ragazzo si riscosse, i suoi occhi fissarono sgranati la porta. Si costrinse ad alzarsi dal letto e a rigirare la chiave nella toppa per aprirla.

Lydia entrò vestita di tutto punto e con un'espressione preoccupata sul volto.

"Ehi, come ti senti? Tuo padre mi ha detto che non sei stato bene questa notte" la mano della donna era partita veloce verso la fronte del ragazzo che, però, era riuscito ad evitarla abilmente. Tornò sul letto, tra le coperte sfatte.

"Ho solo un po' di influenza. Niente di grave davvero." Mentì a fatica Yves.

"Sicuro? Se vuoi posso rimanere a casa ... cosa ti senti?"

Il francese scosse la testa "Lydia, non ho più dieci anni da un pezzo. Non morirò, sta tranquilla. E poi c'è Eloise, se avrò bisogno di qualcosa chiamerò lei."

Ti prego, vattene, pensò il ragazzo, mentre dentro si sentiva annegare in una nuova ondata di panico che non sapeva come gestire. Era tutta colpa sua se Andrea era finito lì. Forse urlarle contro l'avrebbe fatto stare meglio, ma ne dubitava ... le sue condizioni erano disperate e un disperato non può stare meglio, ma può solo peggiorare.

Lydia era ancora visibilmente preoccupata quando fece le ultime raccomandazioni al ragazzo "va bene, ti farò portare qualcosa di caldo. Tu cerca di riposare un po' ... sei molto pallido. E chiamami per qualsiasi cosa, ok?"

L'altro annuì seccamente, poi cambiò posizione e le diede le spalle, in attesa che quella seccatura finisse.

Ma non finirà mai, Yves. Sei rimasto impantanato nelle tue stesse menzogne ... sei finito nella fottuta rete del ragno e ogni minimo movimento non farà altro che peggiorare la tua situazione.

À la tombée du jourDove le storie prendono vita. Scoprilo ora