19. Mostro

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Creatura mitica risultante da una contaminazione innaturale di elementi diversi, e tale da suscitare l'orrore o lo stupore.

Yves si era messo in piedi e aveva incontrato il suo viso torvo e pesto allo specchio. Tutta quella fatica e non era neanche riuscito a liberarsi definitivamente del cugino, pensò, incupendosi sempre di più nel percepire la musica rock dell'italiano dall'altra parte del muro.

Almeno Manech è sistemato, gli ricordò una vocina soddisfatta, ma a Yves non bastava, il vero problema era ancora lì in superficie e il destino aveva voluto che dividesse il suo stesso ossigeno e la sua stessa casa.

Non ancora per molto, presto o tardi avrebbe trovato un modo per togliersi di torno anche lui, ma nel frattempo doveva solo tenere duro e godersi la devastazione che si stava lasciando dietro.

Con quei pensieri in mente, indossò il cappotto scuro e si diresse verso la porta di casa, ben attento che Andrea non fosse lì alla finestra a spiare le sue mosse. Non era raro che il cugino gli stesse col fiato sul collo, ma Yves capì che per quella volta lo aveva sistemato, costringendolo ad abbassare la cresta se non voleva rischiare altri problemi. Eppure il comportamento di Andrea del giorno prima lo aveva stupito, finalmente Lydia gli aveva dato la possibilità di ritornare a Roma ed ecco che l'italiano si era tirato indietro. Che diavolo di senso aveva rimanere in una città che odiava? Circondato da gente che lo avrebbe schiacciato come un insetto fastidioso se solo avesse provato a fiatare.

A Yves non importava più di tanto, scoprì. La sua mente era occupata da molti altri pensieri, come l'incontro del giorno dopo all'Heros, un appuntamento fin troppo atteso per i suoi gusti. Non gli piaceva dipendere così da qualcosa, lo faceva sentire debole e completamente sbagliato.

Rabbrividì quando la sua mente andò a quella stanza dalle luci soffuse, a quel profumo di pulito che si mischiava a quello più personale dei ragazzi ...

Smettila. Non qui. Non adesso. Fai pena. Sei uno scherzo della natura ... un mostro.

Si riprese in fretta, stringendo i pugni per cercare di mandar via quel senso disgustoso e di inadeguatezza, ma ogni cosa, lì intorno, non faceva altro che ribadire ciò che già pensava di sé stesso. Era circondato da coppie felici, composte da un uomo e una donna.

Come dovrebbe essere.

Lui era diverso però, nella peggiore connotazione possibile della parola, perché Yves, sotto sotto, avrebbe voluto essere esattamente come quella gente comune che tanto detestava. La sua era tutta invidia?

Non sapeva dirlo e in fondo non voleva pensarci davvero. Senza rendersene conto era arrivato a destinazione e la bella Cattedrale di Notre-Dame, adesso segnata dall'incendio di due anni prima, sorgeva davanti al suo sguardo distante, di chi l'aveva vista talmente tante volte da dimenticarne la magia dietro. La piazza era piena zeppa di gente a quell'ora del pomeriggio, era un buon posto per incontrare qualcuno senza essere seguito da occhi indiscreti, forse era quello che aveva pensato Amir quando gli aveva dato appuntamento lì per il solito pagamento settimanale.

L'arabo era già arrivato, Yves lo vide venirgli incontro con una strana espressione inquieta dipinta sul viso.

Ci risiamo. Neanche lui riesce a smettere.

I suoi grandi occhi color miele scrutarono il viso tumefatto del ragazzo, perdendosi per un attimo sulle macchie scure che apparivano spaventose in quell'incarnato candido.

"Che hai fatto alla faccia? Chi è stato?" gli chiese un istante dopo, portando una mano verso il volto di Yves che però riuscì a farsi indietro in fretta e a evitare quel contatto.

À la tombée du jourDove le storie prendono vita. Scoprilo ora