21. Passato

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Che è trascorso nel tempo, anteriore rispetto al momento attuale, al presente.

Erano trascorsi due giorni esatti da quando Rémy aveva comunicato ad Andrea quel breve messaggio criptico riguardante Yves. Due giorni lunghi come una vita che avevano messo addosso all'italiano una strana sensazione di smania impossibile da ignorare. Si era ritrovato nella solitudine della stanza, con il viso serio di Manech che lo osservava oltre lo schermo del computer.

"E se si tirasse indietro? Che cosa diavolo vuol dire che me lo farà vedere?" ne avevano discusso in lungo e in largo nell'ultima ora, ma nessuno dei due era riuscito a capire cosa fare.

"Non lo so, adesso Gael lavora lì ... ci farà avere qualcosa di sfruttabile se Rémy dovesse tornare sui suoi passi" ripeté Manech ancora una volta, anche lui nutriva dei forti dubbi su quella situazione, poi riprese "intanto come va a scuola?"

"Come vuoi che vada, quei tre sono più intoccabili che mai. Se ne vanno in giro arroganti come sempre. Certo, credono di averla passata liscia, no? La storia del video è finita con la tua sospensione e tua sorella non sembra intenzionata a far luce sulla cosa. Sono convinto che c'entri Victoria, sono sempre insieme ... le ha fatto il lavaggio del cervello, è ovvio" commentò con rabbia Andrea, poi sembrò bloccarsi per un attimo. Una vecchia conversazione che aveva quasi dimenticato gli tornò in mente. Aprì la bocca, tentennante "ricordi quando ho beccato la zia e il padre di Yves a confabulare in salotto su una sorta di processo a cui lo stronzo non voleva testimoniare? C'era una vecchia storia che ho sentito anni fa ... scommetto che mio padre ne sa qualcosa. Peccato che non ho intenzione di chiamarlo."

Manech si lasciò andare ad un sospiro stanco "e se chiedessi a tua zia? Credi che abbia qualcosa a che fare con quello che Yves fa adesso?"

"Con i suoi incontri all'Heros? Non so, potrebbe ... forse vale la pena tentare, no? Cristo, non riesco a starmene con le mani in mano. Ci proverò"

Non avevano altro da fare per il momento, pensò l'italiano, lanciando un'altra occhiata in tralice all'amico che se la passava anche peggio di lui. Qualche attimo dopo si salutarono con la promessa che Andrea lo avrebbe tenuto aggiornato sulle indagini, così il moro lasciò la stanza e si diresse in salotto nella speranza di poter parlare in privato con la zia. Lydia era solita rientrare poco prima di Jacques, mentre Yves, quel pomeriggio, era ancora fuori casa, forse impegnato in quegli affari che Andrea smaniava di conoscere.

"Ehi, credevo fossi ancora a scuola. Beviamoci qualcosa insieme" lo salutò la donna, poi staccò gli occhi dal suo computer e si massaggiò le palpebre con aria stanca. Aveva una tazza di té fumante sul tavolo e Andrea ne approfittò per sedere accanto a lei, in attesa di un caffè che Eloise gli avrebbe gentilmente portato. E adesso? Come diavolo poteva indagare su Yves senza mettere in allarme la zia? Forse era meglio partire da una base di verità, pensò il ragazzo.

"Senti zia, l'altra volta ti ho sentito parlare con Jacques ..." iniziò Andrea con un tono basso e calmo "non volevo origliare, ma ero appena rientrato e voi eravate qui, non ho potuto fare a meno di sentire."

La donna era confusa "di cosa stavamo parlando?"

Il nipote tentennò "non so bene, credo che riguardasse Yves e un processo. La cosa mi ha stupito, lui è veramente l'ultima persona che potrebbe finire in tribunale" mentì a fatica, mentre dentro di sé vedeva più di qualche ragione per processare quel figlio di puttana. Aveva visto lo sguardo della zia incupirsi in fretta di fronte a quelle parole.

"E' una situazione molto delicata questa. La famiglia Clairmont ha cercato di mantenere la privacy per rispetto di Yves. Non posso parlartene, Andrea. Mi dispiace. Ma tuo cugino è solo la parte lesa, se questo può farti stare meglio" poi la donna bevve un sorso di tè e tornò ad osservare il suo computer.

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