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«Non vorrei dire "Te l'avevo detto" perché è fastidioso, ma qui ci vuole», costata Sam, storcendo il naso una volta che mi ha visto per bene in faccia.

Sto di merda.

Io in compenso mugolo dal fastidio; mi scoppia la testa e la sua voce peggiora la mia emicrania.
Come se non bastasse le mie corde vocali non funzionano dal dolore, perciò non glielo posso nemmeno dire.

«Vuoi che passi dalla farmacia per prenderti qualcosa?» chiede, fortunatamente questa volta a voce più bassa. Scuoto la testa; le medicine le ho già e non voglio che arrivi in ritardo a lezione per me. «Ok, allora vado. Mi raccomando per qualsiasi cosa chiamami, sono seria», mi ammonisce con preoccupazione, io in compenso le sorrido e annuisco.

Una volta che la mia amica mette piede fuori dalla stanza inizio a rotolarmi tra le soffici coperte per trovare una posizione giusta, successivamente prendo il termometro, mettendolo sotto l'ascella. Me la sto misurando per la prima volta, ma penso di averla alta dai continui brividi che mi sfiorano compulsivamente il corpo.

Aspetto annoiata i dieci minuti e una volta  finito il tempo, come previsto, ho trentotto e mezzo. Sbuffo, atterrando nuovamente nel cuscino.

Non ci voleva proprio, in questi giorni dovrebbero dare anche i risultati di alcuni esami che ho fatto. L'unica nota positiva è che per adesso sono abbastanza libera dalla studio, quindi non perdo un granché a lezione.

Afferro il cellulare, girovagando un po' su Instagram, sin quando mi appare una notifica: E' da parte di Ric. La apro quasi subito.

Da Ric: Ehi bellissima, non dirmi che non ti è suonata la sveglia. :(

Da me: Magari, ho la febbre.

Non approfondisco il discorso perché non voglio che si sappia il perché di questo malanno. Richerd mi risponde immediatamente.

Da Ric: Noo mi dispiace, vuoi che venga lì da te?

Sorrido all'idea, ma no. Non voglio che salti lezione per me, in più mi vergognerei a farmi vedere in queste condizioni.

Da me: No figurati! Piuttosto prendi appunti, così poi me li passi. ;)

Da Ric: Lo faccio solo per te.

Sorrido di nuovo d'istinto, anche se non so se la farà realmente; da quel che posso aver intuito Richard per queste cose è proprio uno scansafatiche.

Passo metà della mattinata a non fare niente, aggirandomi a vuoto nelle storie di Snapchat e Instagram e leggendo gran parte del mio libro preferito per l'ennesima volta. Sono intrappolata nelle vicende di queste bellissime frasi sin quando sento il telefono accanto a me squillare: E' mio padre.

Merda.

Mi fa piacere sentire la mia famiglia, ma non quando non sono in grado di parlare; si preoccuperebbero semplicemente per niente e non mi va di metterli in difficoltà.

Decido di non rispondere, anche se la voglia di ascoltare le loro voci mi atterrisce.
Ho un bellissimo rapporto con la mia famiglia e mi basta questo per sentirmi una ragazza davvero fortunata. Mi hanno istruita bene, non mi hanno viziata, mi facevano bastare quello che già avevo, ma mi hanno riempita d'amore, quello più sano e vero che un genitore può dare a un figlio, e li amo anche io per questo, infinitamente.

Lascio squillare la chiamata, facendo finta di non sentire il telefono, ma proprio in quel momento intuisco leggeri colpi alla porta.

Lascio perdere; molto probabilmente hanno sbagliato camera. Le lezioni non sono finite quindi non saprei identificare chi potrebbe essere.

Prova a fermarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora