Ritorno tra i vivi

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Un lunedì come tanti ma diverso da molti, l'estate stava già salutando, mentre l'autunno bussava alle porte presentando la sua bellezza, tingendo di arancione le foglie degli alberi. Erano passati tre anni dal mio battibecco con Carlo. Ero andato alla villa per porgere le mie scuse ad entrambi, dopo nemmeno una settimana che avevo ricevuto la lettera e l'autopsia. Carlo le accettò di buongrado, in quanto a Beatrice... quel giorno non fu presente. Suo padre mi disse di stare tranquillo, che avrebbe fatto in modo di darmi notizie su quando avrei potuto trovarla. Io aspettai pazientemente, d'altronde non potevo fare altrimenti. Dopo quella disavventura nonostante i chiarimenti non mi sentivo più a mio agio ad andare alla villa. Quindi non lo feci. Mi dedicai alla scrittura e al lavoro, determinato più che mai a non visionare i brutti pensieri che riempivano i cassetti di documenti archiviati all'interno del mio cervello.
Già... mentivo a me stesso, e lo feci per la durata di un anno e mezzo circa, quando venni a sapere che Beatrice si era trasferita in una villa in città, insieme al fidanzato che avrebbe sposato nel prossimo futuro.
"Quale fidanzato?" Avevo domandato a Rosi, che quel giorno avevo incontrato casualmente in centro, in un bar di Ivrea.
Lei mi aveva raccontato quella storia, ignara del fatto che Carlo mi avesse promesso delle notizie riguardanti sua figlia. Lei mi rispose dicendomi che si trattava del figlio di una famiglia molto nobile, con la quale Carlo aveva sempre avuto ottimi rapporti. "Scommetto finanziari..." Avevo pensato tra me e me mentre continuavo ad ascoltare le sue parole. In quel momento rimpiansi con tutto me stesso, il fatto di non avere provato in nessun modo di rivederla, così da riuscire a scusarmi con lei. Ero stato un codardo, avevo accettato le belle parole di Carlo senza tentare di fare io qualcosa.
Da quell'incontro con Rosi, passò un altro anno e mezzo, che trascorsi tra sofferenza e solitudine. Quello, era un lunedì come tanti altri appunto, tra un bicchierino di Whisky per combattere contro i mali della vita e il fumo di una sigaretta per ucciderla lentamente. Dopo quell'incontro con Rosi, la mia vita cambiò drasticamente. Avevo iniziato a riempire quintali di carta e in poco tempo avevo già pubblicato un libro presso una rinomata casa editrice di Torino. Avevo pubblicato anche il libro che scrissi nel periodo in cui frequentavo Beatrice e la villa, con la stessa casa editrice. Quei due libri furono la corazza sulla quale iniziavo a costruire la mia fortuna, o la mia condanna. Il fatto positivo era che in quel giorno di lunedì non tanto diverso dagli altri, mi trovavo a casa a scrivere come avevo sempre fatto in fondo, ma ero rimasto a casa anche la domenica ovvero il giorno prima, il sabato e il venerdì. Avevo lasciato il mio lavoro alla libreria. Avevo iniziato a dedicare le mie giornate alla scrittura, e a cosa poi? Giusto... solamente alla scrittura.

La mia vita era diventata inutile, e quello iniziava a rivestire uno dei fattori negativi. Ogni santo giorno mi alzavo, andavo in centro a consumare la mia colazione al bar "L'ora del caffè" per poi fare ritorno a casa così da cominciare a scrivere.
Le mie passeggiate a piedi erano finite. Quelle lunghe camminate, che prima ritenevo un bene per la salute le avevo sostituite con una Mercedes Benz classe s coupé del '65. Aveva una carrozzeria lucida, come il riflesso di uno specchio dal colore nero. Un vero gioiellino.
Avevo anche cambiato casa. Ero andato a vivere lontano dal centro di Ivrea, troppo baccano avrebbe disturbato la mia quiete mentale durante il lavoro. Quindi mi isolai in una villetta fuori città, dove intorno vedevo solo alberi e verde, niente persone e niente rumori causati dalle stesse.
Quel lunedì ero appena tornato a casa dopo un'abbondante colazione, e mi ero seduto al mio solito posto di sempre, alla scrivania. Guardavo fuori dalla finestra quel verde della natura, che lentamente si trasformava in un giallo tendente all'arancio, mentre di fronte a me, c'era la macchina per scrivere che attendeva solamente il tocco delle mie dita su di essa. Alla mia destra avevo il solito bicchierino, ancora vuoto con accanto ad esso la bottiglia di Whisky ancora sigillata, mentre una sigaretta si consumava da sola dentro il posacenere alla mia sinistra.

Le foglie cadevano leggere, alcune fluttuavano nell'aria fino a incastrarsi nei rami degli altri alberi, altre invece, atterravano a terra creando un tappeto arancione ai piedi di essi.
"Una giornata come tante altre, è solamente arrivata un'altra stagione" pensai.
Stavo iniziando un nuovo libro, come al solito cercavo la mia ispirazione guardando fuori da quella finestra, che ancora mostrava a me un briciolo di luce. Sì, perché dentro quella casa, il buio... anzi, cerco di riformulare la frase. Il buio dentro di me, uccideva ogni piccolo riflesso di luce in quella casa. La solitudine stava gettando me e la mia macchina per scrivere in un pozzo oscuro, dove la luce la si vedeva solamente cercandola a tastoni, come un cieco quando cerca di farsi strada tra gli ostacoli. Luce che in quel giorno di lunedì, non riuscivo davvero a vedere. Niente ispirazione.
Quando levai il mio sguardo dalla finestra, che ormai stava iniziando a catturare i miei pensieri, lo posai sulla macchina per scrivere.

Se ne stava lì, immobile, come uno di quegli alberi che animavano in modo statico il mio giardino. Il foglio che c'era dentro, era completamente vuoto.
Iniziai a digitare delle lettere che lentamente costruivano parole, e da esse nascevano frasi. Ecco... era quello il mio metodo di scrittura. Scrivere senza pensare. Quindi lo feci, le parole uscirono spontanee, le idee aumentarono man mano che le mie dita battevano sopra i tastini della macchina. Andò così per mezz'ora o forse poco più, non so bene. Poi blackout.
Mi passai il dorso della mano sulla fronte, scoprendo che fosse umida. Iniziai a pensare di non essere più in grado di scrivere quando guardai il contenuto di ciò che avevo tirato fuori fino a quel punto. Metà pagina, diciotto righe e rileggendole mi meravigliai per la scarsità del testo. Mi resi conto che avevo iniziato a scrivere senza più vedere nulla, la mia era immaginazione cieca, non riuscivo a provare le sensazioni delle parole che scrivevo.

Presi il foglio strappandolo con violenza dalla macchina per scrivere, e lo appallottolai gettandolo poi contro il vetro della finestra che avevo di fronte. Presi la bottiglia che avevo alla mia destra, la aprii e mi versai un bicchierino. Solo uno, che poi diventò il primo. Ne seguirono altri, qualcuno o forse tanti. Eravamo rimasti soltanto io e la mia bottiglia. Niente macchina per scrivere. Niente prime bozze per un nuovo libro che il mio editore aveva chiesto. Soltanto io e il mio Whisky, che in quel momento stava già colmando la solitudine di quel posto. Poi i miei ricordi ebbero una pausa. Fu buio per un po'. Mi sentivo fluttuare nell'oscurità, leggero come una di quelle foglie, di cui avevo scordato il colore. Ma con la testa tanto pesante come se fosse riempita da sassi.

Quando i miei occhi ricominciarono a vedere, la mia messa a fuoco era sfuocata. Di fronte a me, a una distanza che non riuscivo a calcolare, vedevo una luce. Questa era offuscata, a tratti riuscivo a vederla chiaramente, ma poi cadeva nuovamente in una fitta nebbiolina. I miei occhi, visionarono quella strana immagine per un attimo, senza che io riuscissi a capire che cosa fosse quella luce.
Mi portai le mani agli occhi, e iniziai a strofinare. Notai che fossero umidi, come lo erano anche le mie guance.
Dopo essermi asciugato con il dorso delle mani, mi guardai nuovamente davanti, scoprendo che la luce che vedevo, non era altro che il lampione dentro il giardino di casa mia. Fuori era buio. Per quanto riuscii a sforzarmi, non capii cosa mi fosse successo in tutto quell'arco di tempo. Mi ricordavo di aver bevuto qualche bicchierino, era giorno, ma in quel lunedì così simile a tanti altri, era venuta sera.
Mi alzai dalla mia scrivania, con cautela. Poi andai lentamente verso l'interruttore della luce. Il lampione che avevo in giardino illuminava abbondantemente il mio studio, quindi mi fu facile raggiungerlo.
Il mio sguardo fu verso l'orologio ancor prima che la lampadina ne illuminasse la struttura. Erano le 20:20, non un minuto in più e non uno in meno, ma era tardi.
Mi precipitai nuovamente verso la scrivania, aprii il cassetto sotto di essa e presi la mia agenda. La aprii e guardai gli impegni che avrei dovuto svolgere quel giorno.

Appuntamento con Giulio alle ore 20:30.

Richiusi l'agenda e guardai nuovamente l'orologio, che segnava le 20:22. Erano passati due minuti e io avevo soltanto percorso il tragitto dall'interruttore fino alla scrivania, per poi controllare gli appuntamenti. Brutta situazione. Fu quello il mio pensiero.
Presi il telefono, digitai il numero di Giulio mentre mi sforzavo di ricordare i numeri dai quali era composto e attesi.
«Sì?»
«Giulio, sono io. Credo che non riuscirò ad arrivare all'appuntamento in tempo... non mi sento tanto bene» improvvisai, provando di raddrizzare un po' quella situazione, dalla quale ormai stavo rischiando di perdere la rotta.
«Ehi, non ti preoccupare, se vuoi ci possiamo vedere domani mattina nel solito bar. Intanto ti riprendi».
"No vengo ora... ce la faccio!" Pensai ma le parole mi corressero «Va bene, penso che sia la cosa migliore, a domani allora».
In fondo quel lunedì era un tantino diverso dagli altri, era stata una giornata storta e avrebbe potuto perfino finire in modo peggiore.
Lui mi salutò e riattaccò. Poi, a mia volta, posai la cornetta mentre mi guardavo davanti. I miei occhi avevano catturato la bottiglia di Whisky, che aveva ancora poco più della metà del suo contenuto. Andai a prenderla, la guardai un attimo e portai la mano al tappo, che era capovolto a testa in giù sulla scrivania. Lo avvitai alla bottiglia e la gettai nella pattumiera ai piedi della mia poltrona in pelle.
"Niente più alcool!" mi dissi. Poi presi il pacchetto di sigarette, ne presi una, la accesi e inspirai una boccata, mentre pensavo che sarebbe stato meglio che quel maledetto lunedì finisse il prima possibile.


Se l'inizio di questo nuovo capitolo ti è piaciuto, come sempre ti ricordo di lasciare una stellina, lo apprezzerei molto. Grazie al tuo contributo e grazie al fatto che continui a leggere, il mio romanzo sta rimanendo nella parte alta della classifica "thriller" e di questo non posso che esserne felice. Ti ringrazio ☺️

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