parte 3

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Quando quella giornata di lavoro finì, andai verso casa con il grande scatolone tra le braccia. Una volta arrivato, lo appoggiai sul tavolo ed iniziai a estrarne i libri. Li misi in fila uno dietro l'altro. Erano dieci compreso il volume che mi era stato rubato.
Li guardavo, con la testa che recava ancora più dubbi di quanto non ne avessi avuti prima. Notai una cosa, erano tutti dello stesso autore, quindi pensai di aver scoperto da chi fosse stato scritto NOTE DI UN ARTISTA FOLLE. La mia voce però, risuonò nella mia testa, domandandomi "e allora perché l'altro libro ha un titolo diverso, pur avendo un contenuto identico?" Non avevo una risposta a quella domanda. Più ci pensavo e meno riuscivo a capirci qualcosa. Un'altra cosa che mi fece pensare, fu quello che mi aveva detto Carlo. Quel libro apparteneva a uno degli scrittori anonimi della città, quindi, per quale motivo al mondo esterno esistevano quelle copie?
Forse che abbia iniziato a pubblicare? E quindi?
Sapevo che l'autore non aveva spedito a me quel messaggio soltanto per farsi pubblicità. Era un pensiero privo di fondamenta. Sotto doveva esserci dell'altro e volevo scoprirlo ad ogni costo.
Sapevo bene però che non avrei scoperto niente standomene lì fermo, a contemplare quei libri in fila sul mio tavolo. In quel momento seppi con certezza cosa fare.

Mi presi i cloni con nomi diversi: NOTE DI UN ARTISTA FOLLE e IL VIOLINISTA, e uscii in fretta di casa. La mia destinazione fu la villa. Quando arrivai, suonai come sempre la campanella, e mi misi in attesa. Non aspettai molto. Qualche secondo dopo sentii dei passi, come al solito leggeri come piume atterrate al suolo. Ormai stavo iniziando a riconoscere la sua camminata, come le dolci note di una melodia.
«Stefano. Buonasera, come stai?» fece una pausa durante il cammino, «immaginavo fossi tu» sorrise, mentre con calma apriva il cancello così da farmi entrare.
«Buonasera signora Rosi. Io sto bene, lei come sta?»
«Bene» si fermò nel momento in cui guardò ciò che tenevo tra le mani. «Ti ha già stufato il libro?» rise divertita.
«In un certo senso» gli risposi e iniziai a ridacchiare anch'io, tenendole compagnia.
«E l'altro libro?» mi chiese mentre ormai aveva smesso di ridere, e aveva invece preso a guardarlo con occhi curiosi.
«Sinceramente non so cosa dirle su questo libro, credo di avere scoperto qualcosa, ma sarà il signor Carlo a sapermi rispondere con certezza... o almeno lo spero» fui sincero con Rosi. Inizialmente avrei voluto dirle una bugia, ma poi pensai che non fosse giusto nei suoi confronti, anche se sicuramente non si sarebbe messa a indagare su quella questione. Lei non rispose, cioè sì. Fece un "Oh" che esprimeva stupore, poi sorrise, mentre mi guardava con gli occhi affettuosi di sempre.

Camminammo sopra quella stradina, intanto mi chiedevo come fosse possibile che i suoi passi si adagiassero così leggeri, mentre sotto i miei la ghiaia pareva iniziare a gemere sotto il mio peso. Salimmo i gradini in pietra ed entrammo dentro. Dopo aver attraversato il corridoio dei quadri, spostai la tenda lasciandomi alle spalle la signora Rosi, quando mi disse di aspettarla. Quindi mi fermai. Mi disse che Carlo si trovava nel suo studio e che sarebbe andata a chiamarlo. Dopo non molto che aspettavo, la vidi di nuovo mentre scendeva le scale con passo rapido, ma comunque leggero.
«Ha detto di salire».
Mi accompagnò fino a sopra, all'ultimo piano, in cima alla torre. Salendo quelle scale, mi accorsi quanto quella libreria fosse grande. La sera prima ero salito solamente al primo piano, per accedere alle stanze. Ora invece salimmo quelle scale superando ben quattro piani, arrivando al quinto dove si trovava lo studio di Carlo. E fu appena aprii la porta che mi imbattei nel suo sorriso.
«Buonasera giovanotto, che piacere riaverti qui». Il suo sorriso era quasi abbagliante sotto i raggi del sole, che da fuori, ancora a quell'ora illuminava tutto lo studio, quasi come se fosse mattino presto. I vantaggi di abitare dentro una villa che erge come una torre è proprio questo, pensai. Il sole si presentava raggiante sia al mattino presto che quando era lì, pronto per salutare l'arrivo della luna.
«Buonasera signore» ricambiai il sorriso, mentre gli andavo incontro. Era seduto a una grande scrivania. Davanti a lui c'erano dei fogli su cui stava scrivendo fino a poco prima che io entrassi. Alla sua sinistra, un blocco pieno di fogli battuti a macchina. A una prima occhiata mi sembrarono le bozze di un libro, ma non ci pensai per molto, avevo cose più importanti a cui pensare. Alla mia sinistra invece, c'era un porta matite, con dentro almeno una decina di queste con la punta rivolta verso l'alto. Notai immediatamente come quelle punte fossero perfette, sembrava che quasi non le avesse mai usate. Quando mi sedetti sulla poltrona da scrivania in pelle che aveva davanti, lui posò la stilografica che reggeva saldamente con la mano destra. La mise dentro un astuccio, che era collocato al lato alto dei fogli che aveva di fronte. Io posai i due libri in un angolino della scrivania, uno sopra l'altro. Quando posai il volume che mi aveva prestato, il suo sorriso si ampliò, invece nel momento in cui ci misi l'altro sopra lo vidi assumere un'espressione seria. Il suo sorriso scomparve all'istante, mentre osservava la copertina de IL VIOLINISTA. Riuscii a comprendere il suo sguardo curioso, dopo tutto, quello non me lo aveva prestato lui, quindi in quel momento si presentava più come un intruso che come un ospite.

Eclissati Dall'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora