parte 4

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Mi svegliai dopo aver dormito profondamente per sette ore e forse qualche minuto in più. Quando misi i piedi a terra, seppi subito che cosa avrei fatto quella mattina.
Mi andai a lavare, e poi a vestire. Scesi giù, presi le chiavi della mia Mercedes Benz e uscii di casa. Quando fui fuori, chiusi il cancelletto in legno e guardai la cassetta delle lettere. Avevo una busta da lettera e i sei giornali dei giorni precedenti. Presi solamente la busta e il giornale di quel giorno, dicendomi che avrei preso gli altri una volta di ritorno.
La macchina non la mettevo quasi mai dentro il giardino, anche se avevo una stradina al suo interno. La mia villetta era in un posto sperduto, senza traffico, quindi lasciavo la mia amata Mercedes fuori dal cancello senza preoccuparmi.
Salii a bordo, misi in moto e percorsi quella stradina, immettendomi nello stradone principale che portava verso il centro di Ivrea.

Quando arrivai, parcheggiai davanti alla mia destinazione. Scesi dalla macchina e vidi subito lui.
«Non ci posso credere. Come stai ragazzo?»
Era Davide. Stava proprio di fronte alla porta della sua libreria, che era semiaperta. Sembrava dimagrito e invecchiato di qualche anno. Quando mi vide però, il suo viso aveva iniziato ad accendersi in un bagliore di allegria. Fui felice di rivederlo dopo tutto quel tempo, quindi la reazione di entrambi fu positiva.
«Io bene, che aria tira qua?»
«Eh, diciamo che i libri non si vendono più come qualche anno fa... sei venuto per lasciarmi un autografo? Mi hanno detto che sei diventato uno scrittore. Potresti attirare qualche cliente, che ne dici?» Rise divertito, dopo aver scherzato con me.
«E perché no? Se questo ti potrebbe aiutare, sarei ben lieto di ricambiare qualche piccolo favore, tu che dici?»
«Facciamo dopo d'accordo? Ora andiamo a prenderci un caffè insieme. Pago io».
«D'accordo» gli dissi sorridendo.
Lui aprì un pochino di più la porta, giusto da riuscire a girare il cartello da APERTO a CHIUSO e poi chiuse a chiave. Dopodiché mi venne incontro. Quando arrivò davanti a me, mi disse «Fatti abbracciare». E lo fece. Io risposi a quel gesto allo stesso modo, battendogli affettuose pacche sulla schiena.

Lasciai la macchina lì. Andammo a piedi verso il bar. Era tanto che non camminavo e in quel momento mi resi conto, che avevo smesso di camminare perché ero solo. Fu un'altra cosa a passarmi per la mente in quel momento, che la mia solitudine era probabilmente causata da me. Mi era bastato uscire di casa e andare a trovare un vecchio amico per scoprirlo. "Meglio tardi che mai", mi dissi.
«Come va con il tuo nuovo lavoro?» mi chiese. La sua faccia sembrò in quel momento, quella di un bambino curioso.
«Diciamo bene» dissi senza sbilanciarmi troppo.
«Diciamo bene?» mi rispose con fare ancor più curioso di prima.
«Sì».
«Cosa vuol dire diciamo bene?»
Vidi che la sua curiosità stava crescendo sempre di più. Lo notai dalla sua espressione.
«Diciamo che ultimamente... ultimamente ho perso l'ispirazione... mi sentii triste pronunciando quelle parole, ma lo dissi come se fosse una confessione».
«Ah. Beh non ti preoccupare, capita a tutti, vedrai che tornerà presto. Anzi sono sicuro che tirerai presto fuori dal tuo cilindro, qualcosa di magnifico» sorrise.
Quella sua risposta, aveva coccolato il mio stato d'animo. Mi sentivo davvero consolato. E pensai che forse ciò di cui avevo bisogno, fosse stato avere un amico.
«Forse hai ragione» avevo risposto di conseguenza.
«Vedrai che è come dico io».
«Beh se sarà così, il prossimo caffè lo pagherò io».
Iniziammo a ridere entrambi, mentre lui mi diede una pacca sulla spalla, come per dire "bella questa".
Quando arrivammo al bar, (il solito di sempre) ci sedemmo fuori. Era una bella giornata di sole e avevo proprio voglia di respirare un po' d'aria fresca. Ordinammo entrambi un caffè e continuammo a parlare per tutto il tempo. Mi raccontò che da quando io andai via, non aveva più trovato nessun sostituto, e che aveva persino ringraziato il cielo. Le vendite erano diminuite drasticamente e anche se aveva bisogno di aiuto là dentro, era arrivato alla conclusione di non potersi permettere di pagare nessuno. Così aveva continuato a dedicarsi agli ordini come aveva sempre fatto, alle vendite, e aveva infine iniziato a pulire la libreria da sé e a rimettere i libri ordinati al loro posto.
«Sempre in ordine alfabetico eh? E ogni genere al suo posto, mi raccomando» gli dissi sorridendo. Lui scoppiò a ridere, rise di gusto mentre con la mano destra si accarezzava la pancia che in quel giorno era di molto più ridotta da quel che ricordavo.
Quella frase me la ripeteva ogni santo giorno. Sapeva bene che ormai conoscevo l'ordine degli scaffali a memoria, ma lo faceva per lo più scherzosamente, o nel dubbio, per far sì che la mia memoria restasse sempre aggiornata.

Eclissati Dall'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora