parte 2

25 8 6
                                    

«Perché ieri sera ho provato quel senso di terrore quando ci siamo trovati di fronte a quella casa?» era Beatrice. Avevo dormito alla villa quella sera, lei era scossa e aveva bisogno di qualcuno che le stesse vicino. Mi aveva detto che avrei dormito nella camera degli ospiti e a considerare le condizioni nelle quali si trovava, per me fu difficile rifiutare. Era così scossa che dovetti stare nel letto accanto a lei, e sussurrarle parole di conforto così che riuscisse ad addormentarsi. Quando si addormentò, mi alzai delicatamente, le rimboccai le coperte per poi contemplarla un attimo, mentre pensavo a ciò che fosse successo praticamente poco prima.
"Perché ieri sera ho provato quel senso di terrore quando ci siamo trovati di fronte a quella casa?" Rammentai la sua domanda, mentre lei finalmente aveva preso a dormire.

Appena svegli mi fece la stessa identica domanda, alla quale in quel momento risposi «Non lo so. Confesso di aver provato paura anch'io, ma allo stesso tempo ho provato anche un certo interesse per quella casa».
«In che senso?»
«Sono rimasto incuriosito. Sarei curioso di capire come mai in un posto così, dove la pace è dietro ad ogni angolo, ci sia una casa che faccia provare sentimenti del tutto contrari. Sono sicuro che in quella casa non ci fosse nessuno, ci metterei la mano sul fuoco. Quel rumore però, e quella sensazione...»
«La sensazione che qualcuno ti stesse guardando...» intervenne Beatrice interrompendomi, con un tono perplesso e pensieroso. «Sì, avrei giurato che qualcuno ci stesse guardando da dietro la finestra di quella casetta».
«Già...» le dissi. Solo quello, mostrando la sua stessa perplessità. Poi mi tornò un altro particolare in mente.
«Quando avevamo ricominciato a camminare, ho avuto anche la sensazione che qualcuno ci stesse seguendo».
Vidi il volto di Beatrice che lentamente stava iniziando a impallidire, come un lenzuolo steso ad asciugare, bianco come il latte. Con ciò mi fece intendere che lei non lo avesse sentito, invece mi sbagliai.
«Ho sentito anch'io qualcosa alle mie spalle, ma lì per lì, ho pensato che fosse il mio cervello ad aver iniziato a percepire cose per colpa della paranoia che mi stava venendo. Sì... mi sentivo paranoica, quindi avevo preferito consolarmi con quella teoria» rimase un attimo zitta con lo sguardo perso nel vuoto, poi continuò «ora che anche tu dici di aver avuto questa sensazione... beh... voglio dire, ora la situazione cambia e non di poco».
«Direi che siamo di fronte a qualcosa di spaventoso, cioè, le poche volte che ho sentito parlare di posti dove si avvertono rumori inspiegabili o sensazioni strane... Beh spesso, si trattava di luoghi legati a sette o altro di questo genere».
«Penso che sia impossibile. Quella è diversa dalle altre città del mondo, non si sono mai sentite cose di questo tipo».
«Penso che Dio abbia distribuito i buoni e i cattivi di qua e di là, per il nostro pianeta, non ci sarà la certezza ok... ma dici che sia impossibile che qualche mela marcia sia finita anche per le strade di questa città?»
Scosse lentamente la testa, poi ci mise anche la voce «No...»
«Io dico che sia meglio non passare da quelle parti, anche se sarei curioso... meglio essere prudenti».
«Sì».

Mentre continuammo a parlare di quell'evento, mangiavamo la torta alla crema e panna che Rosi aveva preparato per la colazione la sera prima, mentre noi eravamo di ritorno dalla città dopo essercela fatta nei pantaloni. Carlo non era ancora sceso giù, quindi pensai che non sarei riuscito a salutarlo prima di andare al lavoro. Bevvi il mio caffè e dissi a Beatrice.
«Ora ti devo salutare, tu cerca di pensare a cose belle, non a ciò che è successo ieri sera».
«Ci proverò, buon lavoro Stefano e grazie di esserti fermato. Ti voglio bene».
Mi sentii pervadere da una sensazione bellissima. Anch'io volevo bene a quella ragazza, le volevo bene davvero.
«Ti voglio bene anch'io Bea» sorrisi, mentre mi resi conto, di averla chiamata per la prima volta con l'abbreviativo che le attribuivo quando i miei pensieri parlavano di lei. La abbracciai, fu un abbraccio forte, sentii voglia di stringerla a me con tutte le mie forze ma mi trattenni. Mi alzai e andai verso l'uscita.

Mi trovavo nel reparto della narrativa, quando arrivò Davide da me con uno scatolone. Lo posò a terra e fui sorpreso nel vedere il mio nome su di esso.
«Che cos'è?»
«Vorrei capirlo anch'io. Avevo ordinato delle copie di alcuni libri e mi è arrivato questo pacco con il tuo nome, come se l'ordine l'avessi fatto tu».
«Apriamolo» gli dissi, ero curioso di sapere se fosse un semplice errore o chissà cos'altro.
Davide si chinò posando un ginocchio a terra e tenendo l'altra gamba piegata a un'angolatura di novanta gradi, con la voluminosa pancia che poggiava su quest'ultima. Tolse il nastro che sigillava il pacco, con cura, come se avesse paura di rovinare il cartone sottostante. Una volta tolto il nastro, aprì la prima aletta, quella alla mia sinistra. Poi fece altrettanto con quella destra, con quella verso di lui e infine con quella nella mia direzione. Guardammo entrambi dentro. Erano libri, e fin lì tutto bene.
«Non sono i libri che io ho ordinato» mi rivolse uno sguardo che mostrava un'aria dubbiosa ma feroce. Mi sentii ghiacciare il sangue nelle vene, ebbi paura.
«Pensi che sia stato io a ordinare questi libri?»
«Questo non mi piace, lo sai che non ti è permesso fare ordinazioni. Perché lo avresti fatto?»
«Infatti, non ne avrei il motivo. Magari si tratta solamente di un errore...» cercai di farlo ragionare, ma la sua faccia era sempre più furiosa.
«Ok ma come fa ad esserci qui il tuo nome? Dovrebbe esserci il mio di nome, anche perché tu non sei mai risultato nell'elenco di questo tipo di spedizioni».
Quella domanda mi fece ammutolire, non seppi cosa dire, quello che dalle mie labbra uscì, fu «Non... lo...»
«Non lo sai?»
«No» confermai, mentre abbassai gli occhi sul pacco. Inizialmente il mio sguardo era perso nel vuoto, ma poi fu catturato da una delle copertine. Aveva uno sfondo bianco con sopra un violino che aveva delle crepe, con sopra delle macchie di sangue. "Il violinista". Fui incuriosito nel vedere quel libro, così mi chinai e lo presi. Fu allora che lo vidi. Sotto il libro che ora avevo in mano, c'era un volume simile a quelli che Carlo aveva nella sua libreria. Quindi lo presi appoggiandolo sull'altro che già avevo in mano, aprii la prima pagina e lessi.

NOTE DI UN ARTISTA FOLLE.

Sotto, scritto a mano tra parentesi, come se fosse il sottotitolo dell'articolo di un giornale.
(IL VIOLINISTA).
Rimasi impietrito, non riuscivo a capire il senso o l'intenzione di quel messaggio, perché quello era un messaggio ed era stato spedito a me. Davide mi guardava con perplessità, mentre io non gli diedi retta. Aprii l'altro libro, in un punto a caso e lessi.

__________________________________________

«Non sei capace a fare nulla, la tua musica è diventata simile a una montagna di sterco. Ascolta me Nick, dovresti lasciare perdere questa favola dell'artista. Tu non sei un artista, tu piaci alle persone grazie a me, non perché sei bravo. A parer mio fai pena, ritirati finché sei in tempo. Anzi fossi in te mi farei strozzare da un cappio, così da lasciare per sempre quel corpo che ormai è oscurato dalla mia ombra».
Era proprio Kevin a parlare, a dedicare quelle parole di odio nei confronti di Nick. Stavano arrivando a un punto nel quale ormai, non era soltanto Nick a odiare Kevin, ora l'odio era reciproco. Nick detestava Kevin per la sua ombra appunto, che era talmente grande da non fargli assaporare neanche un piccolo raggio di sole. Kevin invece, in segreto detestava Nick perché al contrario da ciò che diceva e da ciò che a lui faceva credere, era cosciente che il suo successo dipendeva dalla musica che Nick creava. Quindi al contrario, era lui a stare all'ombra e lontano dai raggi di sole. Di conseguenza cercava di convincerlo ad uccidersi, così che restasse solo lui a essere riconosciuto come la vera star.
Nick era sul punto di piangere, quando si girò, dandogli le spalle. Andò verso il comodino, aprì il cassetto e prese il coltello che teneva sempre vicino a sé per difesa personale. Si girò, e con passi svelti andò verso Kevin che non fece nemmeno in tempo a rendersi conto di ciò che stesse accadendo, che si sentì perforare. Nick lo guardò con gli occhi iniettati di sangue, rossi come il fuoco. Con il cuore che batteva per l'adrenalina e tutto l'odio che si consumava affievolendosi piano piano. Si sentiva meglio ora che il manico lo impugnava lui, ora che la lama affettava le interiora di quella carogna, mentre pensava "ti piace? Potrei estrarla per un attimo, ma poi non ti assicuro che non lo farò di nuovo", e così fece, tirò fuori la lama e gliela piantò di nuovo nel petto. Ora Nick sorrideva, mentre con prontezza ripeté l'azione, con la lama che aveva cominciato a entrare e uscire in punti diversi. Dentro e fuori, dentro e fuori, DENTRO E FUORI.
Tutto quell'attimo durò quanto un battito di ciglia. Nel momento in cui le sue palpebre sbatterono, vide se stesso prendere a coltellate Kevin, sentendosi così bene, da sentirsi rinascere. Quando però i suoi occhi tornarono ad aprirsi, Kevin era davanti a lui che lo guardava con aria divertita, provocatoria. Mentre si rendeva conto che dai suoi occhi scendevano lacrime.

__________________________________________

Alzai lo guardo, incrociando quello di Davide. Lui mi guardava, come se stesse valutando un pezzo pregiato con curiosità, poi fece.
«Li hai ordinati tu sì o no?»
«No signore. È difficile da spiegare, ma ci proverò» feci una breve pausa poi iniziai «un amico mi ha prestato un libro» dissi mentre sollevai il volume con la mano destra agitandolo, in modo che capisse, «qualcuno, qualche giorno fa è entrato in casa mia e l'ha rubato, ora è arrivato questo pacco qui, con dentro anche questi, e quest'altro libro è praticamente lo stesso»  agitai l'altro con la mano sinistra, «ecco... non ci sto capendo niente nemmeno io quindi se lei è confuso, posso capirlo»
«Se le cose si mettono così, non so che cosa dire... Magari qualcuno vuole farti capire qualcosa?» Chiese lui, con l'aria di un detective improvvisato.
«Non lo so, devo esaminare meglio il pacco. Dovrei portarmelo a casa, poi alla fine di tutto potrei riconsegnare il tutto per metterli in vendita, oppure glieli pagherò fino all'ultimo» dissi senza sapere come avrei fatto, ma volevo scoprire qualcosa su quei libri. Lui però mi disse di portarmeli a casa e di fare con calma, poi aggiunse che ci saremo messi d'accordo. Io lo ringraziai, dopodiché tornammo a lavorare, dedicandoci ai clienti come se nulla fosse successo.

E tu cosa pensi?
Riuscirà Stefano a scoprire qualcosa su quel pacco che ha ricevuto?
Chi potrebbe esserci dietro a questa storia?
Ma soprattutto, come ti spieghi questa situazione?

Spero che il proseguo di questo romanzo ti stia piacendo, se così fosse lascia la tua preziosa stellina e perché no, parliamone nei commenti.



Eclissati Dall'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora