Capitolo 21: il fascicolo

27 10 11
                                    

Probabilmente il bagno è occupato, oppure questo non è il bagno. Osservando bene le altre porte del corridoio, mi accorgo che questa è l'unica porta ad avere una lampada gialla, e anche di vetro non trasparente, accanto ad essa. Mi alzo in punta di piedi, facendo attenzione a non sbilanciarmi in avanti, poi osservo attentamente la lampada e mi accorgo che c'è una chiave, una chiave nera, all'interno. Perché mettere una chiave dentro una lampada, e non dentro la serratura come si fa di solito? Per nasconderla? Possibile, ma a quale scopo?

Metto nuovamente le mie piante dei piedi sul pavimento, poi controllo che Patrizia non stia arrivando. Riesco a sentire la televisione accesa, ma devo comunque sbrigarmi per evitare che mi venga a cercare non vedendomi tornare. Dopotutto non posso stare in bagno in eterno, anche se fosse. Mi metto nuovamente sulle punte dei piedi per cercare di prendere quella piccola chiave senza scottarmi con la lampada e senza farla cadere. Trattengo il respiro, poi infilo la mia piccola mano all'interno e, con l'aiuto dell'indice e del medio, afferro la chiave, estraendola successivamente con cautela, e cercando di non farla ricadere all'interno. Il metallo della chiave è un po' caldo, ma riesco comunque a prenderla tra le dita e ad infilarla all'interno della serratura. Tre giri decisi, seguiti da tre scatti altrettanto tali, poi metto una mano sulla maniglia e la apro delicatamente, cercando di non fare rumore. Davanti a me ecco una stanza arredata con lo stesso stile del soggiorno, con una scrivania e anche un divano. Credo sia uno studio, forse di Cataldo, perché sulla scrivania riesco a scorgere una moltitudine di raccoglitori e fogli. Lascio la porta aperta, e non so bene il motivo, poi mi immergo in quella stanza così misteriosa. 

Perché chiudere a chiave uno studio? Per non far andare Patrizia a curiosare all'interno, certo, ma perché mettere la chiave in una lampada? Probabilmente non voleva che si entrasse qui dentro per un motivo particolare, ma non riesco a credere al fatto che a Patrizia non sia mai venuta la curiosità di vedere cosa ci fosse. Probabilmente suo padre passa anche molto tempo qui dentro, e lo vedo dalla presenza di un piccolo frigorifero nell'angolo, simile a quello che c'é nel suo ufficio in questura. E' impressionante, in ogni caso, vedere come Cataldo sia di una precisione maniacale: il suo studio a casa è organizzato come il suo ufficio in questura. Non un mobile di più, non un mobile di meno.

Lo so che non dovrei essere qui, ma la verità è che qualcosa mi spinge a dare un'occhiata in giro. In questo momento, anche più di prima quando ero nella mia stanza in albergo, il mio peso sullo stomaco è molto forte, indice che qualcosa di brutto, probabilmente, sta per succedere. Mi avvicino alla scrivania, poi guardo attentamente tutti i fascicoli che sono disposti, in maniera ordinata e accurata, sulla scrivania. Vorrei aprirli uno ad uno per vedere cosa si cela dietro ogni copertina di carta colorata, ma uno di quelli, in particolare, cattura immediatamente la mia attenzione: è un fascicolo rosa senza targa, ed è anche l'unico ad essere stato messo storto rispetto agli altri, indice del fatto che è stato preso recentemente e non riposto correttamente, forse per la fretta. Magari Patrizia davvero è riuscita ad entrare e, incuriosita, ha iniziato a leggere il fascicolo, venendo poi improvvisamente interrotta. Mi siedo su quella sedia nera morbida che aderisce perfettamente al mio corpo, come se fosse stat creata apposta per me, poi prendo quel fascicolo che sembra anche essere piuttosto vuoto. 

Sulla pagina delle informazioni del fascicolo, come per esempio l'oggetto raccolto all'interno o la data, non c'é scritto nulla, ma bensì solo dei codici che, apparentemente, sono privi di significato. Giro la pagina e riesco a percepire il mio sangue congelato nelle vene: ci sono delle fotografie di Alberto, e anche delle fotografie mie, seguite da una moltitudine di appunti frenetici e disordinati. Riconosco la nostra foto davanti al Moulin Rouge, e anche quella sui gradini dell'albergo. In mezzo a quelle file di numeri e nomi scritti a penna, riesco a riconoscere il nome dell'albergo e persino i numeri delle nostre stanze. Mi sento molto confusa. Perché Cataldo ha tutti questi appunti su me e Alberto?

600 chilometriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora