Capitolo 16: per un pelo

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Il pensiero di quello che mi stava per dire Patrizia mi ha tormentato per tutta la notte. Un pensiero continuo che necessita di una spiegazione. Avrei tanto voluto che si fosse tradita da sola, rivelando quello che poi non mi ha detto, perché così mi avrebbe evitato questo tormento interiore.

Continue incertezze.

Io e Alessia ci siamo incrociate ieri sera quando ero appena tornata dall'uscita con Patrizia, mentre lei stava rientrando in camera. Non ci siamo salutate, ci siamo limitate solo a guardarci per qualche secondo, ma poi io sono entrata subito in stanza e lei poco dopo di me. Non ho molta voglia di parlare con lei, anche perché oggi devo andare nuovamente in questura perché Cataldo vuole parlarmi ancora. Forse avrà capito che quello che gli ho raccontato era una balla ( probabilmente anche lui ci ha pensato tutta la notte ), ma so che posso usare questa occasione per cercare di scoprire altro su Patrizia, e magari anche su di lui. Lo so, non sarà semplice visto che lui è un poliziotto, ma io sono pur sempre una ragazza, e solitamente le ragazze tendono ad essere sottovalutate dagli uomini. Per sfortuna o per fortuna, questa società è fortemente maschilista, e questo oggi potrebbe giovarmi, finalmente.

La sveglia è suonata, ma io non voglio alzarmi. Stamattina mi sento un po' vuota, e forse dipende dal fatto che stanotte non ho sognato Alberto. Forse la sua visita gli ha fatto mettere l'anima in pace, magari voleva salutarmi per l'ultima volta. Oppure è servita per far mettere la mia anima in pace, chissà. Prendo il mio telefono e controllo tutti i messaggi e le notifiche dei social. Antonella ha condiviso una bellissima foto della Terrazza del Pincio al tramonto, e questo mi fa venire molta nostalgia di casa. Milano non è male come città, perché comunque è ben organizzata, ma allo stesso tempo mi manca la mia gente, i miei luoghi e il mio cibo. Ho voglia di carbonara con tanto guanciale e di una grandissima grattachecca alla menta, da mangiare rigorosamente sul LungoTevere in compagnia dei miei migliori amici. Sorrido mentre guardo i video che mi hanno mandato, in cui si divertono e corrono in metropolitana. 

Mi manca tutto questo.

Mi stendo a pancia in giù e preoccupandomi di comprimi nuovamente, poi decido di chiamare Antonella. Mi ha scritto un messaggio ieri sera in cui mi diceva che non voleva disturbarmi nel chiamarmi, per cui voglio chiamarla io ora che ho tempo. Non ci siamo sentite molto in questi giorni, ma principalmente perché li ho passati piangendo, impazzendo e vedendo fantasmi.
< Ciao Anto > rispondo, mentre gioco con il cavo del caricabatterie del telefono. Lo faccio sempre, non riesco a parlare al telefono senza fare altro nel frattempo.

< AMOO FINALMENTE! COME STAI? > mi chiede lei urlando, perché in sottofondo si sente un gran baccano.

< MA DOVE SEI? > urlo a mia volta, e sento Antonella che saluta delle persone e il chiasso diminuire piano piano. 

< Ero in Auditorium perché oggi abbiamo organizzato una specie di mattinata di ballo > spiega.
< Organizzate queste cose sempre quando non ci sono io! > le rispondo ridendo .

< Tu sbrigati a ritornare a Roma perché ci manchi > dice piano lei.

< Anche voi mi mancate, non avete idea quanto. Quando mi sveglio e vedo le foto che mandate sul nostro gruppo mi viene una gran nostalgia. Qui non è male, ma non è casa> commento alzandomi dal letto e correndo fino al bagno. Improvvisamente ho una gran nausea, e deriva forse da quello che ho mangiato. Mi siedo sul tappeto e appoggiando la schiena sul mobiletto sotto al lavandino, poi mi metto una mano sulla pancia.

< Come va lì? Non mi aggiorni da molto > mi chiede ad un certo punto. 

Le spiegai cosa fosse successo in quei giorni di silenzio. Le raccontai di aver visto Alberto, e di cosa avessi provato. Lei mi disse che secondo lei si era trattato di una visione creata dal mio cervello per elaborare il lutto. È possibile, le ho risposto, e le ho spiegato anche mi sembrava così in pace, ma così vuoto. Poi le raccontai cosa fosse successo con Alessia ( sì, proprio tutto ), e le spiegai anche che avevo paura a raccontarglielo perché avevo paura del suo giudizio.

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