Capitolo 13: suggestione o realtà?

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Esco dalla questura mentre mi asciugo le lacrime, e ripenso ancora a ciò che è successo prima nel corridoio: quel vento che profumava di muschio bianco che mi ha accarezzato i capelli. Forse sto solo impazzendo. Forse sto solo cercando spiegazioni che non esistono. Forse la mia mente si sta convincendo del fatto che Alberto stia accanto a me per farmi andare avanti. Per darmi un motivo per continuare a lottare incessantemente per lui. Per darmi un motivo per non mollare tutto e tutti e tornare a Roma, per andare avanti normalmente con la mia vita.

Alessia è rimasta lì dove l'ho lasciata. È seduta sui gradini di una casa, e accanto a lei c'è Patrizia in piedi. Credo stiano parlando, anche se Alessia non mi sembra molto coinvolta.

- Patrizia posso farti una domanda ? - le chiedo avvicinandomi a loro e guardandola dritta negli occhi. Lei mi sembra quasi sorpresa dalla mia iniziativa, ma poi annuisce. Sul suo volto si è dipinto uno sguardo simile ad uno di menefreghismo. 

- Perché sei venuta anche oggi, se poi non sei entrata con me? - le chiedo, e Alessia annuisce pensierosa. Intorno a noi si è creata un'atmosfera strana. Perché venire se non per accompagnarmi? Che voglia cercare di estrarre qualche informazione? Oppure che stia cercando di conoscermi meglio attraverso le mie conoscenze?

Lei guarda per un attimo in alto, come l'avessi sorpresa, poi fa un passo verso di me. Un passo quasi aggraziato. Il passo di chi vuole far cadere l'attenzione su altro.

- Qui lavora mio padre, quindi sono venuta a trovarlo - dice tentennando, ma non le credo. Alessia, ancora seduta su i gradini, ha uno sguardo perplesso e continua a guardarmi. Forse si starà chiedendo da dove io abbia preso questa domanda, ma la verità è che non lo so neanche io. Fino a qualche minuto fa non avevo impiantato nella testa questo dubbio, poi eccolo là. 

- Sì ma non sei entrata. Avresti potuto accompagnarmi dentro e salutarlo - 

La verità è che il suo atteggiamento altezzoso e menefreghista mi ha colpito particolarmente. Vorrei entrare nella sua testa per capire a cosa stia realmente pensando. La conosco da pochissimo, ma so che ha qualcosa da nascondere. Il mio sesto senso lo pensa, e io di lui mi fido. 

Patrizia fa un ulteriore passo aggraziato verso di me, poi mi bisbiglia all'orecchio.

- Fossi in te non parlerei con questo tono, non sai cosa ho nella testa - mi dice, poi mi guarda e fa un sorrisetto. Io rimango per un attimo immobile a fissarla incredula, poi lei ci saluta con un gesto veloce della mano e se ne va saltellando.

- Cosa ti ha detto? - mi chiede Alessia alzandosi dai gradini e pulendosi con le mani la gonna.
- "Fossi in te non parlerei con questo tono, non sai cosa ho nella testa" - ripeto imitandola e dipingendo sul mio viso uno sguardo misto tra incredulità e dubbio.

- Ma che cazzo - commenta a sua volta, poi si gira e si guarda indietro per osservarla dalla testa ai piedi - secondo me ha qualcosa che non va - prosegue dopo.

- Non lo so - rispondo - ma sono sicura che ha qualcosa da nascondere. Troppe cose non hanno senso - concludo, poi le prendo la mano come lei aveva fatto prima con me. Lei mi sorride, e io le sorrido a mia volta, poi ci incamminiamo schivando, di tanto in tanto, le persone sul marciapiede. 

- Vorrei un cane come quello anche io - mi dice Alessia ad un certo punto indicando un piccolo barboncino nero che è seduto su una panchina accanto al suo padrone. Se i suoi occhi fossero potuti diventare a forma di cuore, lo avrebbero sicuramente fatto.

- Io preferisco i pastori tedeschi - dico, e Alessia mi guarda stupita.

- Ma come fai a dirlo, i barboncini sono così teneri e carini. Li puoi usare anche come anti-stress mentre studi - spiega con un sorriso enorme

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