Capitolo 3: qualche mostro nell'hotel

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- Sono Alessia, comunque - mi dice ad un tratto porgendomi la sua mano.

Le porgo timidamente anche la mia mano e la guardo attentamente negli occhi. Ha uno sguardo ammaliante.

- Ciao sono Melissa - sorrido timidamente.

Ricordo la prima volta che ci incontrammo io e Alberto. Fu un incontro del tutto casuale, ma magico. Eravamo a Parigi, ed eravamo anche vicini di stanza, solo che ancora non lo sapevamo. Una sera ero uscita dalla mia camera ed ero andata al piano inferiore per riempire la mia bottiglietta d'acqua. L'albergo era silenzioso, e in alcuni momenti anche un po' spettrale, poiché vi erano lunghi e deserti corridoi con una moquette marrone soffice. Sapete quando nei film horror il protagonista cammina da solo nel corridoi e poi, o trova una macchia di sangue sulla moquette oppure un mostro spaventoso nella parte buia del corridoio? Ecco, mentre stavo percorrendo silenziosamente ma frettolosamente il corridoio non facevo altro che pensare al film "Shining" e,in particolare, alle due bambine gemelle che comparivano all'improvviso nel corridoio. Inutile dirvi che ovviamente non accadde nulla. 

Insomma, arrivai al piano principale dell'albergo e iniziai a riempire la mia bottiglietta quando, ad certo punto, sentii dei passi dietro di me. "Ed io che sono scesa pure in pigiama", pensai.
Avvitai il tappo della bottiglia e mi girai, poi sobbalzai all'indietro. 

- O mamma - dissi.

- Scusa non volevo spaventarti - davanti a me c'era un ragazzo dall'aria seria e diffidente, ma allo stesso tempo bellissimo e sexy. Rimasi pietrificata per un attimo. Non sapevo cosa dire.

- Oh non preoccuparti... non mi hai spaventata affatto - dissi balbettando, mentre il mio cuore provava a rilassarsi dopo lo spavento preso. E io che pensavo ci fosse qualche mostro...

- Dalla tua faccia non si direbbe, sei pallida come un fantasma - commentò con un bellissimo sorriso e un bellissimo accento nordico, forse milanese o veronese, non riuscii a distinguerlo.
Sorrisi nervosamente. Dovevo andarmene subito per sfuggire da quella situazione imbarazzante. Nel frattempo, quel ragazzo così bello aveva iniziato a riempire la sua bottiglia d'acqua non curante del fatto che io lo stessi continuando a guardare.

Dopo un po' mi girai e, mettendo prima il piede destro e poi quello sinistro, iniziai a risalire lentamente le scale per ritornare in stanza. 

- Aspettami - urlò ad un certo punto facendomi cenno anche con la sua mano, poi avvitò anche lui il tappo e, con una leggera corsa, mi raggiunse.

- Anche tu pensi che ci sia qualche mostro nascosto nei corridoi? - commentai ridacchiando.

- Non ho paura, ma non lascio una bella ragazza tornare in stanza da sola - mi rispose sicuro di sè e sempre con quel sorriso accattivante.

Arrossii. Ci stava provando con me, anche in una maniera abbastanza evidente.

- Faró finta di crederti - 

Rimanemmo in silenzio per un po'. Non sapevo se chiedergli come si chiamasse o fare finta di niente perché tanto era stato solo un incontro casuale destinato a non ripetersi. 

- Quindi anche tu hai deciso di venire a Parigi? Come mai? - mi chiese ad un tratto rompendo il silenzio. Mi aveva preceduta.

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