«Pronta? »
Annuii decisa, per iniziare subito dopo a piagnucolare: «No, no, no.»
Dal momento in cui lasciammo la Maga Gare, avevamo escogitato tutti i modi possibili e immaginabili per tornare normali. In quel momento, stavamo tentando di correrci addosso. Che ne so, magari una botta così forte avrebbe fatto effetto...
Sbuffò: «Sì vabbè, ma che due coglioni!»
«Che posso farci se il tuo quoziente intellettivo pari a quello di una gallina miope sforna queste idee del cazzo?»
«...E tu puzzi.»
Che offesa. «Minchia, non ti sopporto più. Veramente, non riesco più a sentire la tua voce.»
«Infatti. Conviviamo da neanche due giorni e già mi viene voglia di suicidarmi.»
«A te viene voglia di suicidarti? Casomai a me.» risi sarcastica.
«No, a me.»
«A me.»
«A me!»
«A me!»
Gridò esasperato: «Basta! Proviamo a correrci addosso e basta!»
Presi un lungo sospiro per prepararmi, e mi chiese: «Ci sei?»
«No, D sette. Colpita e affondata.»
Assunse una faccia sofferente: «Ti prego.»
Piegai la testa a destra e sinistra, mi abbassai sul ginocchio destro, feci cinque piegamenti, e tentai anche di fare una flessione, ma non ci riuscii. Dovevo sprecare troppe forze. Spostai lo sguardo verso Harry: «Ci sono.»
Harry prese la rincorsa, ma quando fu a pochi metri da me lo fermai di colpo: «No, aspetta, aspetta!» Non fece in tempo a fermarsi, e cascammo tutti e due a terra. Minchia.
Per la seconda volta in un giorno mi ero frantumata i coglioni.
«Ma sei rincoglionita?!» Disse sofferente massaggiandosi la testa.
«L'ho detto che era un'idea del cazzo.» Sussurrai con gli occhi chiusi scuotendo la testa.
«Però hai accettato.»
«Per forza Harry, siamo disperati. Guarda che minchia stiamo facendo. Basta, oramai siamo condannati. Io rimarrò per sempre nel tuo corpo, non potrò baciare Liam, non potrò trombare con Liam, non potrò avere figli con Liam, non potrò...»
«Ferma un attimo. - Mi puntò un dito contro - Allora è vero che ti piace Liam!»
Alzai gli occhi al cielo: «Ma dai? Anche i muri l'hanno capito, rincoglionito.»
«Credimi se ti dico che non è il tuo tipo.»
Aggrottai la fronte: «E perché mai? Lui è perfetto. E' il tipo ideale di qualsiasi essere umano in questo mondo, compresi i maschi.»
«Nah, lui è troppo...troppo intelligente per te.»
«Parla colui che da piccolo aveva preso una bambola della sua vicina di casa, e l'ha buttata nello scarico del cesso, facendo intasare tutto.»
Aggrottò la fronte: «Uhm?»
Oh, strano che non capisse. Alcune volte avrei volentieri pagato uno strizzacervelli per capire che cosa si trovava dentro il cervello di Harry. «Era la mia bambola preferita, quella che cagava e pisciava, non ti ricordi?»
Stette qualche minuto a guardare un punto indefinito davanti a lui, per poi tirarsi una pacca sulla fronte: «Oh si, ora ricordo! Ero invidioso di quella bambola.»
Ora ero io a non capire un cazzo. Che minchia significava 'Ero geloso di una bambola'?
Aggrottai la fronte: «Cosa?»
«Quella bambola cagava ed io non ci riesco tutt'ora. Ti sembra normale?»
Oh Gesù. Non risposi, limitandomi a mettere le mani sulla faccia, in segno di disperazione.
«Bene, adesso pensiamo a un altro modo per tornare normali.»
Sbuffai. Tanto sapevo che ogni tentativo sarebbe stato vano, e che saremmo rimasti così per sempre. Insomma, per quale motivo saremmo dovuti tornare normali da un momento all'altro? Non aveva un nesso logico. Beh, è vero che neanche questa storia ha un nesso logico, però...è diverso.
«Se ti tirassi una padellata in testa?»
Mi girai di scatto: «Sei fuori?»
«No, sono in casa.»
Mi guardava.
Lo guardavo.
Mi sedetti sul divano prendendomi la testa fra le mani. Poco dopo, sentii un peso accanto a me, segno che anche Harry si fosse seduto, e una mano poggiarsi sulla mia spalla. «Dai Viola, non preoccuparti, andrà tutto bene.»
«Lo spero, perché non ce la faccio più. E' una vera merda essere nel tuo corpo.»
«Grazie.»
«No, sul serio. E poi profumo sempre di sandalo. Cristo santo, hai shampoo, bagnoschiuma, deodorante, dopobarba, nonostante tu non abbia neanche un minimo di barba, e... - annusai la maglietta che avevo addosso - e pure detersivo al sandalo.»
«Si, mi piace particolarmente il sandalo. E allora? E non è vero che non ho neanche un minimo di barba, se guardi bene...»
Continuai lasciandolo perdere: «Inoltre, porca di quella puttana, sono diventata stitica da un giorno all'altro, ho il mal di pancia perenne, sono costretta a sopportare un cazzone come te, e, come se non bastasse, questi cazzo di riccioli continuano a scendermi sugli occhi.»
«Per la stitichezza e il mal di pancia, mi dispiace, ma è una condanna, il fatto che tu debba sopportare un cazzone come me...mi sarei dovuto offendere, ma non ti do torto, per i capelli, se ti interessa, io uso sempre un cerchietto.»
Lo guardai negli occhi: «Sai che ti dico?»
Scosse la testa, e continuai: «Vaffanculo, te e il cerchietto.»
«Grazie.»
«Ma figurati, per così poco.»
«Sei sempre così gentile con me.»
«E' perché mi sei simpatico.»
«Oh, capito.»
Sospirai: «Già.»
Calò il silenzio.
Gli tirai un braccio: «Harry.»
«Viola.»
«Posso andarmi a suicidare?»
«Normalmente risponderei affermativamente a una proposta del genere, solo che in questo momento sei nel mio corpo, quindi no, non te lo permetterò.»
Sbuffai: «Oh, fanculo.»
«Fanculo pure a te.»
Mi massaggiai le tempie sussurrando: «Che minchia di giorno è oggi?»
«Beh, ieri era lunedì. Quindi oggi è...» Con la coda dell'occhio vidi che iniziò a contare con le dita. Ommioddio.
Lo guardai attentamente: «Martedì.»
Schioccò le dita guardandomi come se avessi appena scoperto il fuoco: «Giusto!»
Stavo per scoppiare a piangere dalla disperazione, ma mi immobilizzai immediatamente: «Harry.»
«Dimmi.»
«Se oggi è martedì, domani è mercoledì.»
«Beh...»
Lo interruppi tagliando corto: «Si te lo dico io, è mercoledì.»
Sbuffò: «Si ok, è mercoledì, e allora?»
«C'è scuola.»
«Si.»
Mi guardava.
Lo guardavo.
«Cazzo.» Sussurrò senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. «Che facciamo?»
Sospirai: «Non lo so. Se io faccio un'altra assenza o ritardo, Laritate mi uccide. E' già tanto che non me l'abbia segnalata oggi.»
Fissava il pavimento.
Fissavo il pavimento.
«Oh, fanculo. Adesso andiamo a dormire, e domani vedremo che cosa fare.»
In fondo non era una cattiva idea, mi avrebbe fatto bene un po' di riposo.
Mi alzai, convinta di andare su in camera di Harry, quando mi interruppe: «Dove credi di andare?»
Aggrottai la fronte: «In camera tua?»
Ghignò: «No, ci vado io in camera mia.»
Incrociai le braccia al petto: «Ma io sono nel tuo corpo.»
«Ma io sono Harry.»
«...Io sono più alta.»
Mi guardava.
Lo guardavo.
Socchiuse gli occhi: «Carta, forbici e sasso?»
«Ci sto.»
Ero sicura che avrei ottenuto il posto nel letto, a qualunque costo.Vaffanculo. Vaffanculo e vaffanculo. Avevo perso. La sua mano aveva chiuso il mio pugno.
Stavo per riuscire a convincerlo che non valeva, perché la mia mano era molto più grossa della sua. Cioè, la mano di Harry era molto più grossa della mia. Poi però mi tirò un pugno e decisi di lasciar perdere.
Dopo una buona mezz'ora passata a girarmi e rigirarmi su quella merda di divano in quel cazzo di salotto, constatai che non riuscivo a dormire.
Mi girai a pancia in su osservando il soffitto.
Perchè quel coglione doveva ottenere sempre tutto ciò che voleva? Era da diciassette anni che andava avanti così.
Sospirai.
D'un tratto, sentii un ronzìo nell'orecchio destro.
Mi girai di scatto e caddi giù dal divano, spiaccicandomi la guancia destra.
Dopo aver sussurrato un «porca troia» appena percettibile, mi alzai massaggiandomi il punto dolorante, e mi guardai intorno per capire da dove proveniva quel rumore.
Dovevo proprio essere rincoglionita, perchè solo dopo un po' mi accorsi che era buio e non potevo vedere un cazzo.
Cercai l'interruttore a tentoni, andando a sbattere praticamente dappertutto.
Non appena accesi la luce, passai circa un quarto d'ora a guardarmi intorno fino a quando, finalmente, notai una mosca sul tavolo della cucina, a pochi metri da me.
Sbarrai gli occhi. Era da anni che avevo la fobia delle mosche, in seguito a un'esperienza alquanto imbarazzante.
Subito dopo, un'idea mi balenò per la mente. Certo, molto probabilmente non avrebbe funzionato però...potevo comunque provarci.
Raggiunsi la camera di Harry con in mano il manico di una scopa, accendendo tutte le luci possibili e immaginabili, visto che mi cagavo in mano di girare al buio da sola. E poi la mosca poteva essere in agguato dietro ogni angolo, pronta ad aggredirmi.
Aprii la porta: «Harry.»
Nessuna risposta.
Mentre mi avvicinavo picchiai il mignolo contro il comodino e, dopo aver bestemmiato in arabo, accesi la lampada e raggiunsi il suo letto. Iniziai a strattonargli il braccio: «Harry.»
Nessuna risposta, di nuovo. Ma che cazzo, prendeva anche sonniferi cagabene?
«Harry!» Gridai al suo orecchio.
Si alzò di colpo gridando: «Le patate assassine!»
Lo guardavo.
Si girò verso di me. Mi guardava.
Lo guardavo.
Poi aggrottò la fronte: «Ma che cosa fai con un manico di scopa in mano?»
Abbassai immediatamente lo sguardo sul manico di scopa, sussurrando: «Merda...»
«Viola, se sei sonnambula dimmelo così ti metto una camicia di forza e...»
Lo interruppi con un gesto seccato della mano: «Ma no, coglione.»
«Oh, aspetta. So che cosa vuoi fare. Mi stai chiedendo se voglio giocare a Quidditch, vero? Dio Viola, dovresti smetterla con questa fissa per Harry Potter.»
«Ma la vuoi piantare di sparare stronzate? Ho portato il manico di scopa perchè avevo paura che ci fosse qualche maniaco pervertito sulle scale.»
«Ok, tralasciamo questo fatto. Che cazzo vuoi allora?»
Mi grattai la nuca: «Ehm, beh...ecco io, posso...posso dormire con te?»
Spalancò gli occhi: «Cosa?!»
Alzai gli occhi al cielo: «Posso dormire con te?»
Mi guardava.
Lo guardavo.
«Per quale fottutissimo motivo dovresti dormire con me?»
«Io... - sospirai sconfitta - ho paura.»
Alzò un sopracciglio: «Paura?»
Annuii.
Cercava di trattenere una risata: «E di cosa hai paura?»
«Ecco...ho sentito un ronzìo, e...io...»
«Tu...?»
«Ho paura delle mosche.»
Mi guardò attentamente.
«Delle mosche.»
Annuii.
Mi guardava.
Lo guardavo.
«Viola, ragioniamo su questa cosa. Mi vieni a svegliare nel cuore della notte chiedendomi se puoi dormire con me perché hai paura delle mosche.»
Mi guardava.
Lo guardavo.
«E va bene, dai. Vieni, idiota.» Sbuffò spostandosi verso destra per farmi spazio.
Sorrisi trionfante e mi infilai sotto le coperte accanto a lui.
«Pirla, lascia fuori questo.»
Solo in quel momento mi accorsi che avevo portato il manico di scopa sotto le coperte: «Oh, hai ragione.»
Lo lasciai cadere a terra e, dopo aver chiuso gli occhi, dissi: «Però domani si gioca davvero a Quidditch.»
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The shit is the less problem
FanfictionQuesta ff non è mia, l'ho trovata su efp e l'ha scritta jawaadskebab. Leggetela fa morire dal ridere fidatevi.