Harry is this your boob?

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Aprii gli occhi, ritrovandomi una mano sulla faccia e una gamba attorcigliata intorno al fianco.
Sbuffai. Cercai di liberarmi dalla presa di Harry, ma, non appena raggiunsi l'obiettivo, caddi dal letto rotolando a terra. Mi alzai in piedi massaggiandomi la guancia destra, chiedendomi mentalmente se poteva essersi frantumata.
Mi stiracchiai sbadigliando, per poi sedermi sul letto strattonando il suo braccio per svegliarlo.
«Harry.» bisbigliai.
Nessuna risposta.
Oddio no, ancora.
Gli tirai uno schiaffo.
Niente.
Certo che però faceva senso menare sé stessi.
Sospirai, sapendo per esperienza che cosa fare. Ma, non appena mi avvicinai al suo orecchio, mi diede una spinta che mi fece cadere nuovamente dal letto.
«Dio santo Harry, mi hai rotto il culo.» mi rialzai dolorante.
Guancia destra e chiappa sinistra frantumate. La giornata iniziava davvero bene.
Tornai vicino a lui, e iniziai a scrollargli la spalla: «Svegliati, porca troia. Dobbiamo andare a scuola.»
Mugolò in risposta.
Mi alzai, e gli tolsi le coperte. Lui le riprese. Io le ritolsi. Lui le riprese. Sbuffai: «Oh, fanculo.»
Stavo per ribaltare il materasso, quando mi venne in mente un'idea.
Un'idea malefica, con la quale mi sarei potuta vendicare.
Uscii dalla stanza sfregandomi le mani come le mosche, con un sorriso inquietante stampato in faccia.

Non appena rientrai in camera andai vicino ad Harry, che era sdraiato a pancia in giù con la faccia sepolta nel cuscino.
«Harry, se non ti alzi te ne pentirai amaramente.»
Mi fece il dito medio.
Bene. Portai il secchio pieno d'acqua fredda e cubetti di ghiaccio, che tenevo fra le mani, sopra la sua testa, e lo ribaltai di colpo.
Si alzò immediatamente gridando, mentre io uscivo dalla stanza sorridendo serenamente, dicendo: «Così capirai come ci si sente con un cubetto di ghiaccio fra le tette.»

Ero pronta per andare a scuola. Sia fisicamente che, e soprattutto, psicologicamente, visto che ero sicura che avrei fatto altre centinaia di figure di merda.
Tornai di nuovo in camera convinta che, nonostante lo scherzetto di prima, il pirla stesse ancora dormendo. Dissi: «Potrei sapere come cazzo fai a dormire così profondamente? Non ti sveglieresti neanche se un carro armato facesse irruzione insieme a una banda di tromboni in cam...»
Fui interrotta da un pallone da rugby che mi arrivò dritto nelle palle.
Caddi a terra sulle ginocchia, e poi lunga distesa.
Harry si accovacciò accanto a me: «Così capirai come ci si sente con i coglioni appena colpiti da un pallone da rugby.»
Alzai lo sguardo su di lui, e sussurrai agonizzante: «Sento che questa volta potresti davvero perderne uno.»

Harry's pov.
Sbadigliai per l'ennesima volta. Ero in classe, a interrogarmi mentalmente sul perchè le ore della Griffith passassero sempre così lentamente. Quella donna equivaleva a una palla da demolizione dritta sui coglioni.
Spostai lo sguardo sull'orologio appeso alla parete, per vedere che ore erano. Dinklage mi aveva firmato un permesso per uscire prima da scuola.
Ma nel momento in cui osservai le lancette, mi ricordai che non sapevo leggere l'ora.
Così guardai a sinistra, verso la mia compagna di banco, Harper.
«Ehi.» la chiamai sussurrando.
Nessuna risposta.
«Harper.» insistetti.
Nessuna risposta, di nuovo.
Mi sporsi verso di lei: «Harper, porca pu...»
«Hastings. Saresti così gentile da condividere con noi il resto della frase?»
Mi girai verso la professoressa, e la fissai.
Visto il mio silenzio, quella megera sorrise malignamente: «Quindi, potresti stare in silenzio evitando di importunare gli altri? O preferiresti fare un giro in presidenza?»
Trattieniti Harry, non potevi mandarla a fanculo. Non potevi alzarti, andare verso l'armadio che si trovavava a solo un metro da lei e ribaltarglielo addosso. Non eri nel tuo corpo, non sarebbe stato rispettoso.
«No, vostra altezza.»
Il suo sorriso sparì. Forse mi ero spinto troppo in là. Così mi schiarii la voce: «No, professoressa Griffith.»
Dopo avermi guardato male un'ultima volta, continuò a spiegare...qualsiasi cosa stesse spiegando prima dell'interruzione.
Quanto a me, appoggiai i gomiti sul banco per tenermi la testa.
Sospirai. Come faceva Viola a sopportare ogni santo giorno un'ora di quella tortura? Quella donna ce l'aveva praticamente a morte con lei. Povera ragazza.
Non appena pensai a Viola, nella mia mente si fece spazio il ricordo della sera precedente, quando ci eravamo rincorsi buttandoci addosso il frullato alla fragola. Mi costò molto ammetterlo, ma mi ero divertito.
D'un tratto, mi ritrovai a pensare perchè ci eravamo odiati per tutti quegli anni.
Anzi, perchè lei mi aveva odiato per tutti quegli anni. Io non l'avevo mai odiata. Mi divertivo solo come un bastardo nel farle gli scherzi, tutto qui. Certo, alcuni erano stati cattivi, ma...voglio dire, neanche così tanto. Solo quella volta in cui avevo detto a Duke che si era innamorata di lui sputtanandola per tutta la scuola è stata cattiva. E il giorno in cui aveva la foto di classe, che le ho versato un intero barattolo di vernice verde sulla camicia bianca. O quella volta, nell'aula di chimica...
Okay, ammetto che ero stato un vero stronzo.
Mi passai una mano fra i capelli. O meglio, fra i suoi capelli.
Dio, quanto li amavo. Com'era possibile che non usasse nessun tipo di balsamo? Erano così morbidi, così...
Mi bloccai.
Abbassai lentamente lo sguardo.
Malcolm Bates aveva appena appoggiato una mano sulla mia gamba.
Aggrottai la fronte. Viola era in classe con quel coglione?
«Per caso, sai se x è sempre uguale alla radice di quattro alla seconda moltiplicata per cinque al cubo?»
Lo fissai. Sicuramente era a conoscenza del fatto che Viola equivalesse a una pecora della Patagonia in matematica. Tutti lo sapevano. Oh, che idiota. Quello sfigato osava provarci con lei?
Sbuffai spostando la gamba, per poi puntargli contro l'indice della mano destra: «Viola si merita di più.»
Malcolm aggrottò la fronte, mentre io tornavo a guardare un punto indefinito davanti a me.
Incrociai le braccia.
Lo pensavo sul serio. Che Viola si meritasse di più, intendo. Non uno sfigato del genere. Lei meritava un ragazzo che la facesse sentire bene, che la facesse ridere. Un ragazzo esattamente come...
«Viola, perchè stai sorridendo come un'idiota?»
Spostai lo sguardo alla mia sinistra, notando Harper che mi guardava con un sopracciglio alzato: «Ammettilo. Sorridi perchè hai visto la mia fantastica maglietta, e stai pensando 'Oh perbacco, speriamo che Harper me la presti.', vero?»
Guardai la sua maglietta, decorata interamente con immagini di fragole.
Era una merda.
Ma, per evitare la stessa reazione che aveva avuto il giorno prima, sorrisi: «Ci hai azzeccato in pieno.»
Rise come un'idiota: «Ma certo che te la presto. E comunque, meglio essere originali come me che uguali a tutti gli altri, no?»
«Sì, sì. - sventolai una mano, impaziente - Harper, piuttosto dimmi che ore sono.»
Finalmente avrei potuto sapere che ore erano.
«Oh, - indicò un punto davanti a noi - c'è là l'orologio.»

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