Cowboys.

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«Allora raccontami Violetta, che hai fatto per trovarti qui?»

Ero seduta fuori dalla presidenza, vicino a Dinklage, il professore di educazione fisica. Lui, insieme a George, era l’unica persona che riusciva a capirmi fino in fondo. Questo era un po’ coglione eh, però era un grande.

«Ho ritardato di venti minuti, e ho preso per il culo la professoressa.»

«Che professoressa era?»

«La Griffith.»

«Cazzo - scosse la testa - quella troia.»

«Già.»

In lontananza, scorsi la figura di Harry che era in corridoio appoggiato al suo armadietto ridendo e scherzando con i suoi amici. Troio. 

Mantenendo sempre lo sguardo su Harry, chiesi a Dinklage: «Professore, lei è stitico?»

Sospirò: «Dai Viola, che discorsi di merda.»

Gli lanciai un’occhiata e alzai un sopracciglio: «Anche lei è stitico?»

«…Un pochino.»

Sbottai incazzata: «Oh, andiamo. Possibile che siate tutti stitici?!»

Riuscii poi a intravedere anche un gruppetto di cheerleaders arrapate, che erano dietro di lui sbavando come fossero delle foche che aspettavano che gli venisse tirato il pesce, per poi battere le mani. Troie.

Provavo un forte sentimento di ribrezzo nei confronti di quelle ragazze. E anche nei confronti di lui, ovviamente.

Il contrario succedeva con Liam. Liam James Payne. Faceva parte della combriccola di Harry, essendo uno dei ragazzi più popolari della scuola. Perché? Era figo. Molto figo. Troppo figo. Dannatamente figo. Il suo viso, la sua voce, i suoi muscoli, le sue mani, le sue braccia, le sue gambe, i suoi piedi, i suoi gomiti, le sue unghie, e poi il suo….

Comunque.

Quel ragazzo non solo era un incrocio fra un dio greco e un modello di Abercrombie, no. Sapevo che in fondo a quell’ammasso di pura figaggine umana si nascondeva un’anima dolce. Lui non era come Harry. Lui non illudeva le ragazze, le trattava come delle vere principesse. Ed ero sicura del fatto che un giorno sarei diventata la sua principessa. Princess Viola Payne.

Suonava da dio, ammettiamolo.

Ok no, suonava di merda. Forse Queen Viola Payne era un po' meglio.

No, anche quello faceva cagare.

I miei pensieri sul mio dolce Liam, furono interrotti da una spinta che mi fece cadere a terra.

«Minchia.» Mi alzai massaggiandomi la spalla dolorante.

«Oddio, scusa Viola. Non so dosare la forza, mi dispiace.»

Quel coglione di Dinklage mi aveva dato una spinta talmente forte da farmi rotolare a terra, solamente per avvisarmi che era il mio turno per entrare in presidenza. Devo ammettere che era proprio un pirla, però d’altra parte non potevi non amarlo.

«Non si preoccupi.» Dopo averlo tranquillizzato con un cenno della mano, e un sorriso da ebete stampato sulla faccia, entrai.

 

«Preside Laritate!» Entrai sorridente con le braccia aperte.

«Siediti.»

Sbuffai, e mi sedetti. Io e il preside Laritate oramai eravamo diventati amici, ero perennemente in presidenza. L’ultima volta però mi invitò caldamente a non farmi più vedere nel suo studio, e io riuscii a mantenere la promessa fino a quella mattina. Tutta colpa di Harry.

«Ricordi che ti avevo detto?»

«Lo so, ma è tutta colpa di…»

«Viola, basta.»

«Ma pres…»

«Silenzio.»

Sbuffai e incrociai le braccia al petto.

Lo guardai attentamente negli occhi. Questa volta sembrava abbastanza incazzato. Massì, tanto non avrebbe fatto nulla come al solito. Faceva tanto il duro, ma in fondo era solamente un demente appassionato di cowboy e puledri. Ricordo la volta in cui mi fece vedere il vestito da cowboy che, come sosteneva lui, utilizzava solamente nelle occasioni più importanti, tipo matrimoni, battesimi, comunioni.

Ma io mi chiedo, per quale fottutissimo motivo dovresti andare a un matrimonio travestito da cowboy? Non capisco.

Laritate era uno strano.

«Su, spiegati.» Disse prima di infilare la matita nel temperino a forma di puledro. Ero sempre stata traumatizzata da quel temperino, faceva impressione. Insomma, infilavi la matita nel culo del pony, e questo ti temperava la matita.

«Preside Laritate la prego, mi deve credere. So di non essere una ragazza modello, ma giuro che il ritardo di questa mattina è stata tutta colpa di Harry.»

La punta della matita si spaccò: «Harry? Harry Styles?»

Annuii con un’espressione sofferente, e lui continuò: «Che cosa c’entra Styles con tutto questo?»

«Beh, vede…mio padre sarà a Malibu per lavoro nelle prossime settimane, ed io sono stata costretta, e mi creda se le dico costretta, ad andare dal mio vicino di casa, che è appunto Harry.»

«Quindi tu adesso vivi con Harry?»

Annuii con la stessa espressione sofferente di prima, e lui assunse una faccia preoccupata: «Oddio, mi dispiace davvero tanto Viola. - guardò schifato un punto indefinito davanti a sé - quel ragazzo è così…così…»

«Stronzo?» 

«Esatto, è un grandissimo stronzo. L’anno scorso ha castrato la statua del puledro che avevo messo all’entrata della scuola.»

«Stronzo.» Dicemmo all’unisono.

Ci fu un attimo di silenzio, interrotto poi da me: «Bene. - poggiai le mani sulle mie ginocchia - visto che ci troviamo d’accordo su una cosa, direi che potrei anche andare.»

Mi guardava.

Lo guardavo.

«Va bene, dai. La passerai liscia anche questa volta.»

Stavo per fare la stessa orrenda battuta che avevo fatto alla Griffith, ma decisi di limitarmi solo a un sorriso.

Stavo per alzarmi, quando il preside mi fermò: «Aspetta aspetta, prima di andare, - iniziò a ravanare con la mano destra nella tasca della sua giacca - mi dai un parere su questo?» 

Davanti agli occhi di Laritate, c’era il modellino di un cowboy a cavallo di un pony rosso. 

Io, Viola Hastings, avrei dovuto dare un parere al preside della mia scuola, Hershel Laritate, sul modellino di un pony.

Mi guardava sorridente.

Lo guardavo impassibile.

Avendo ormai capito che non c’era via di scampo: «E’…è carino.»

Iniziò a battere le mani come una foca in preda alle convulsioni: «Vero? Sì perché devi sapere, che i cowboy erano…»

 

Dopo un’ora e mezza ero ancora lì, immobile, con i gomiti poggiati sulla scrivania, ad ascoltare le stronzate di Laritate. Avrei volentieri allungato una mano per prendere il temperamatite a forma di puledro e temperarmi le dita, una per una. 

«Ok, ho finito per oggi Viola, puoi andare.»

Mi alzai e raggiunsi la porta accennando un saluto, quando mi fermò di nuovo: «Ah Viola ricordati: viva i cowboy.»

Alzai gli occhi al cielo a uscii dalla stanza.

The shit is the less problemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora