The rules

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«Viola, staccati!»

«Giammai!»

Ero attaccata allo stipite della porta, con mio padre che mi tirava per i piedi: «Ti prego, sono in ritardo!»

«Non me ne fotte se sei in ritardo, io da qui non mi muovo!»

Qualunque passante, in quel momento, avrebbe potuto scambiare la nostra casa per un manicomio.

«Viola sono tuo padre, mi devi obbedire!»

«Chiedimi di buttarmi giù dal balcone, chiedimi di spararmi in culo, chiedimi di giocare a tennis con le mie ovaie, ma non chiedermi di stare con Harry.»

«Andiamo, è solo per tre settimane!»

«Non riesco a starci neanche un minuto, figuriamoci tre settimane, nella stessa casa!»

Sbuffò e mollò la presa sui miei piedi, così che potessi alzarmi e guardarlo negli occhi.

Unì le mani: «Viola, ti prego.»

«No papà, no. No, e no. No. Ti ho già detto no?»

«Viola!»

«Robby Ray!»

Iniziò a saltellare come una foca in preda alle convulsioni: «Viola, ti prego, ti prego, ti prego, ti prego.»

«E va bene.»

Alzò le sopracciglia: «Davvero?»

Ghignai alzando gli occhi al cielo: «No.»

«Ti prego, ti scongiuro.»

Mi morsi il labbro inferiore: «Papà, è più forte di me, davvero. Non ci riesco. Io odio quel ragazzo.»

«Ma che ti ha fatto di male?»

«Che mi ha fatto di male?! Dico, stai scherzando? E’ da diciassette anni che mi prende per il culo. Lui è, - mi misi le mani fra i capelli - lui è la rovina della mia vita!»

«Ammetto che Harry non è stato molto carino nei tuoi confronti in tutti questi diciassette anni, ma quando gli ho chiesto questo favore lui si è mostrato abbastanza disponibile, quindi vedrai che non sarà poi così male.»

«Papà, pensi che proprio adesso cambi atteggiamento? Maddai. Insomma, me ne ha fatte di tutti i colori. Ti ricordi quando avevo cinque anni, che tagliò tutto il pelo al mio pupazzo preferito?»

Alzò gli occhi al cielo: «Viola, aveva otto anni.»

«Non mi interessa, mi manca Giseldo!»

Sbarrò gli occhi: «Hai chiamato un pupazzo Giseldo?»

«Questo non importa.»

«Comunque tu, se non ricordo male, lo stesso giorno buttasti il suo robot nel cesso.»

«Ma non tirai lo sciacquone.»

«Solo perché era troppo in alto per te.»

Vero. «Quando avevo nove anni, mentre stavo costruendo la piramide con i cubi di legno? Ero arrivata quasi in cima, e lui ci passò sopra con la bicicletta.»

«Ma subito dopo tu gli lanciasti un cubo di legno, abbastanza grande, dritto in fronte. Ricordi?»

Anche questo vero, cazzo. «Undici anni, ero in giardino a saltare la corda e lui mi tirò in testa un pallone da rugby.»

«E tu presi quello stesso pallone, e glielo buttasti sui maroni. Sai, poteva perderne uno.»

Oddio, quello era stato uno spasso. «Quattordici anni, avevo una cotta per Duke Orsino, Harry glielo disse e l’intera scuola mi prese per il culo per mesi interi.»

The shit is the less problemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora