The vucumprá.

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«SVEGLIA!»

Mi svegliai di soprassalto sbattendo la testa contro qualcosa di duro.

Non azzardatevi a pensare male.

Mentre mi massaggiavo la testa dolorante, mi girai per vedere chi era quel pirla che non aveva niente di meglio da fare che rompere la minchia a una poverina che si era addormentata dentro al suo armadietto, per colpa di un preside rincoglionito appassionato del Far West, e di uno stronzo patentato come Harry.

Sospirai chiudendo gli occhi, cercando di calmarmi: «Harry.»

«Dormito bene?»

Che nervoso. L’unica cosa che avrei voluto fare in quel momento era prendere una pinza e strappargli dalla faccia quel sorrisetto del cazzo.

«Vaffanculo, pezzo di merda.»

Assunse la faccia da cane bastonato: «Perché mi tratti così? Che ti ho fatto di male?»

Stavo per mettergli le mani addosso, quando una voce mi interruppe: «Ehi, amico.»

Ci girammo entrambi verso destra, e immediatamente mi bloccai.

Liam.

Harry gli tirò una pacca sulla spalla: «Ehi Liam.»

Il cazzone rispostò lo sguardo su di me, mentre io rimanevo lì a boccheggiare qualcosa fissando Liam come un gattino che aspetta che gli venga dato del latte.

«Allora Viola, hai ritardato tanto questa mattina?»

Basta, ora mi aveva veramente rotto le ovaie. Mi girai verso di lui: «Harry, adesso hai rotto il cazzo. Questa mattina mi sono svegliata con la schiena tutta dolorante a causa tua, sono caduta dal divano a causa tua, sono arrivata in ritardo a causa tua, ho litigato con la Griffith a causa tua, sono finita in presidenza a causa tua, ho dovuto ascoltare un’ora e mezza di lotte tra cowboy e puledri a causa tua, e infine, ho le ovaie che girano in una maniera allucinante a causa tua. Quindi, tu ora prendi quel tuo culo stitico e te ne vai fuori dalla minchia, almeno quando siamo a scuola.»

Harry sbarrò gli occhi. Ma che minchia aveva? L’avevo offeso, come al solito. Non c’era nulla di diverso.

Liam alzò entrambe le sopracciglia: «Culo stitico?» 

Oh, ecco perché. Evidentemente Liam non era a conoscenza del problemino di Harry. Quindi l’avevo sputtanato davanti al suo migliore amico. Oh, che peccato.

Il riccio rise nervosamente: «Ma no, sta scherzando. Ha sempre detto stronzate senza senso.»

Mi lanciò un’occhiata sussurrandomi: «A casa facciamo i conti.» E si allontanò insieme al dio greco. 

 

«Uno, due, tre, quat…»

«Cosa?»

«Hai detto che a casa avremmo fatto i conti.»

Mi guardava.

Lo guardavo.

«Viola, perché devi dire queste stronzate? Lo fai apposta per farmi venir voglia di prendere quella tua bella testolina e spremerla con le mie mani? Eh?»

«Oh andiamo, era una battuta. Hai l’umorismo pari a un porcospino zoppo.»

«Ma lo vedi come sei? Io tento di andare d’accordo con te, sei tu che rovini sempre tutto.»

Oddio, questa era bella. «Tu? Tu che tenti di andare d’accordo con me? Ma vai a scoparti il tostapane, và. Stamattina sei stato tu il primo ad istigarmi iniziando a prendermi per il culo, oltretutto di fronte a Liam.»

The shit is the less problemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora