...HAROLD?

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Per tutto il resto della giornata non vidi Harry. Poco dopo la nostra conversazione, lui si era congedato dicendomi che si sarebbe chiuso in camera, e di non disturbarlo per nulla al mondo. Neanche se il tg dell’ultima ora avesse annunciato un’invasione di vecchiette con i pokèmon nello stomaco, e la città fosse stata costretta a fuggire gridando disperata ‘Si salvi chi può!’.

Dopo una mezz’ora passata sul divano, ovviamente con i piedi appoggiati sul tavolino, mi alzai con l’idea di perlustrare la casa. Era da tanti anni che non ci entravo più. Ricordo quando George mi invitava, ed io rifiutavo sempre per non vedere suo figlio.

Pover’uomo. Che cosa poteva aver fatto per meritarsi un figlio del genere?

Mentre curiosavo in giro per casa, sgranocchiando delle patatine, trovai un piccolo barattolo marrone: ‘Rimedio naturale contro la stitichezza. I lassativi Cagabene, ti aiuteranno ad avere una vita piena di merda! Caga bene con Cagabene!’

Ma che ci faceva Harry con i lassativi? Insomma, non credo ce li avesse bisogno, lui era già una merda umana.

Non appena sentii il rumore di alcuni passi che provenivano dalla scala, lasciai perdere il barattolo dei lassativi ‘Cagabene’, e tornai in salotto, trovando Harry in piedi, di nuovo tutto sudato, che mi guardava.

Neanche il tempo di parlare che mi scappò uno starnuto da record, tanto che dovetti prendere un fazzoletto e soffiarmi il naso.

Harry sbarrò gli occhi: «Ti avevo detto di non starnutire e di non soffiare il naso!»

Ghignai: «Se è per questo, mi avevi anche detto di non sedermi sul divano, di non appoggiare i piedi sul tavolino e di non toccare cibo.»

Si sedette sul divano e si massaggiò le tempie: «Stai calmo Harold, stai calmo.»

«Ma che stai cal…Harold?»

Alzò lo sguardo sbarrando gli occhi: «Cosa?»

«Hai detto Harold?»

Rise nervosamente: «Harold? Ma che minchia dici?»

«Tu hai detto Harold.»

«Tu ti fai troppe canne.»

«Tu hai detto Harold.»

«Tu ti fai troppe canne.»

«Tu hai detto Harold.»

«Tu ti fai trop… - sospirò - Non ho detto Harold.»

«Si.»

«No.»

«Si.»

«No.»

«Si.»

«E va bene, basta! Ho detto Harold, sei contenta? Io mi chiamo Harold. Harold Edward Styles.»

Mi guardava.

Lo guardavo.

«Seriamente?»

«Si.»

Mi guardava.

Lo guardavo.

Scoppiai a ridere come una cogliona tenendomi la pancia con una mano. Maddai Harold? Ma a che cazzo stava pensando George quando stava ingravidando la madre di Harry?

...Ah beh si, è semplice capire a che stava pensando.

«Potrei sapere che minchia hai da ridere?»

«Scusa, - mi asciugai una lacrima - non ce la faccio.»

Mi fermai un secondo, per poi riniziare a ridere più forte di prima.

Harry si alzò sbuffando sonoramente, e sparì dalla mia vista. Io ero troppo occupata a cercare di non soffocare per le troppe risate.

Non c’era un cazzo di niente nel frigorifero di Harry, c’erano solamente patatine e pop corn nella dispensa e basta, così fui costretta a ordinare qualcosa a domicilio in una pizzeria kebab vicina.

Il campanello suonò, e corsi come un bue in calore ad aprire. Da una parte, temevo che Harry potesse accorgersene, dall’altra, stavo morendo di fame, quindi.

Aprii la porta e mi trovai davanti un ragazzo dalla pelle mulatta, e i capelli neri a cresta rasati ai lati. Una stretta maglia nera con scritto ‘After the party, got a kebab.’ gli fasciava il torace muscoloso. Sembrava un tamarro, ma puttana porca, quanto era secsi.

«Ciao, sono Zayn u'kebabbar!»

Alzai un sopracciglio: «Tu saresti un kebabbaro?»

Alzò le sopracciglia: «Si.»

Mi guardava.

Lo guardavo.

«Che spreco.»

Aggrottò la fronte: «Perché?»

«Guardati, sei un figo.»

Sorrise dandosi delle arie: «Oh beh, grazie. Sai, me lo dicono in tante.»

Eh beh tesoro mio, ci posso credere.

«Ma…Harry?» Continuò dando un’occhiata dietro di me.

«Oh, Harold vuoi dire?»

«Harold?»

«Si, si chiama Harold Edward Styles.»

Mi guardava.

Lo guardavo.

Scoppiammo a ridere come due coglioni tenendoci la pancia con una mano. Si asciugò una lacrima: «Harold? Ma a che cazzo stava pensando George quando stava ingravidando la madre di Harry?  - tornò serio - Ah beh si, è semplice capire a che stava pensando.»

«Giuro sulle palle di frate Giulio che quando me l’ha detto ho pensato alla stessa cosa. Batti cinque, zio Kebby.»

«Viola ho sentito suonare il campanello, chi caz…Zayn?»

Harry si interruppe non appena vide me e il kebabbaro scompisciarci addosso dal ridere: «Ma che minchia avete da ridere?»

«Niente, Harold.»

Quando finalmente Zayn riuscì a smettere di ridere, e trovare la forza per andarsene, Harry si girò verso di me con sguardo abbastanza incazzato.

«Potrei sapere che cazzo ti dice il cervello?»

«Non è colpa mia se ti chiami Harold.»

«Vaffanculo.»

«Ma vacci tu.»

Si mise le mani fra i capelli e iniziò a gridare: «Viola basta, basta, smettila! Ti prego!»

Mi guardava.

Lo guardavo.

Senza dire nulla, presi un panino e glielo offrii. Magari così si tranquillizzava.

«Oh, grazie.»

The shit is the less problemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora