XIII. Un matrimonio di convenienza

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Era ancora buio quando Astrid si svegliò.
Sapeva di dover lasciare le stanze di Lionel prima che venisse giorno, per tornare alle proprie e farsi trovare lì quando le sue cameriere fossero venute a svegliarla.
Così, seppure a malincuore, lo scosse leggermente, chiamandolo per nome finché il principe non aprì gli occhi.

"Che cosa accade?" chiese, la voce ancora impregnata dal sonno.

Lei sospirò. "Devo andare, Lionel..."

"Capisco."

Nell'oscurità della notte, Astrid non riusciva a distinguere l'espressione sul suo volto, ma il suo tono di voce tradiva la sua delusione.
Era certa che avrebbe voluto che rimanesse, così come lo voleva lei, ma nonostante questo la ragazza si alzò, e recuperò il suo vestito, che era finito a terra.
Dopo esserselo infilato, si chinò a dare un bacetto a Lionel sulle labbra.

"Dormi bene, mio principe" gli sussurrò, accarezzando dolcemente la sua liscia chioma corvina.

Poi si voltò, e uscì dalla stanza, chiudendo la porta con delicatezza sulla via d'uscita.

Il mattino giunse accompagnato da un viavai di passi e un vivace chiacchiericcio.
Le voci arrivavano smorzate alle orecchie di Astrid, a causa delle spesse pareti che circondavano la sua stanza, ma non aveva bisogno di sentirle chiaramente per sapere quale fosse l'argomento di ogni conversazione.

Era il giorno delle nozze, tanto attese da tutti eccetto che dal fratello dello sposo e dalla sposa stessa.

Astrid non si chiedeva neppure se Nikolaj fosse felice di sposarla, poiché sapeva già la riposta.
Lui voleva quel matrimonio, tanto da non perdere neppure un'occasione per rammentarle che era la sua promessa sposa, sua e di nessun altro.
Non lo faceva perché la amava—in verità, la principessa credeva di non piacergli nemmeno—, ma perché amava esercitare il suo controllo sulle persone, e sposarla era il modo in cui avrebbe ottenuto su di lei quel potere che tanto bramava.

Le serve entrarono a frotte, all'improvviso, bussando a malapena prima di spalancare la porta.
Parlavano concitatamente, portandole allegri saluti e congratulazioni.
Una delle donne quasi la sollevò dal materasso, conducendola fino al centro della stanza, dove altre due avevano già preparato il vestito per la cerimonia.

Astrid sentiva ancora le palpebre appesantite dal sonno.
Non aveva quasi dormito, quella notte.
Per ore si era rigirata nel letto, mentre la sua mente si tormentava pensando a cosa la aspettava il giorno seguente.
Mentre le serve le stringevano i lacci dell'elegante abito avorio, la ragazza dovette trattenere uno sbadiglio per non sembrare troppo assonnata di fronte a loro.

Il vestito era splendido, su questo non c'era dubbio.
Il corpetto aderiva perfettamente alle forme della principessa, senza apparire volgare, neppure nella lieve scollatura che lo adornava, tempestata di ricami in oro e argento che andavano a formare un motivo floreale ripreso anche nella decorazione dei fianchi.
Le lunghe maniche dell'abito scendevano fino a terra, parendo quasi diventare un tutt'uno con lo strascico della gonna, fatto del medesimo materiale setoso e talmente ampio che sarebbe strisciato lungo il pavimento ad ogni suo passo.

Una volta che fu vestita e pettinata di tutto punto, con la tiara d'oro posata sul capo, si sentì quasi trascinare fuori dalle sue stanze dalle donne che l'avevano aiutata a prepararsi, verso la cappella del castello, alle cui porte Magnus la attendeva.

Suo fratello indossava la sua corona regale, e un farsetto bianco con dei ricami dorati che si abbinavano ad essa.

Le rivolse un sorriso di incoraggiamento, porgendole il braccio.
"Sei pronta?"

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