IX. Una piuma di corvo

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Hela si aggirava per il mercato di Merithia, passando dai pescivendoli e fruttai, fino ai più ricchi mercanti di stoffe e gioielli.
Si mescolava facilmente fra la folla, sotto un mantello dal tessuto scuro.

La donna sollevò lo sguardo oltre il mare di bancarelle che si estendeva nella piazza principale e nelle stradine che vi conducevano, e puntò gli occhi sulla sua preda.

Lassù, sulla collina, stava la fortezza che dominava su tutta la città, e lì dentro, tra quelle mura, il re ragazzino sedeva da qualche parte, circondato dai suoi servi e consiglieri, ignaro di ciò che presto sarebbe successo.
Doveva sentirsi protetto, tra quelle mura.
Si diceva che il castello fosse impenetrabile agli uomini, dall'esterno.

La Strega Corvo sorrise sotto il cappuccio, imboccando un vicolo.

In fondo, c'era solo un'ampia tenda. Lei la oltrepassò, poi la tenda si mosse, come se una folata di vento l'avesse colpita dall'interno della catapecchia abbandonata a cui fungeva da ingresso.

Un bambino vestito di stracci aveva osservato la scena.

Avvicinatosi, sbirciò oltre il pesante telo, ma dove aveva giurato fosse entrata una figura, vide solo un mucchio di piume nere.
Tutto ad un tratto, qualcosa schizzò in aria, sfiorandogli il viso mentre usciva dalla stanza.

Il bambino urlò, cadendo indietro, e rotolando fuori dall'edificio.

Mentre sua madre accorreva ad assicurarsi che stesse bene, nell'aria si sentì risuonare un rauco stridio: il gracchio di un corvo.

"Padre."

"Nikolaj." Il re sembrò perplesso, al vedere suo figlio sull'uscio del suo studio, tuttavia gli fece cenno di entrare e di accomodarsi.
"Che cosa ti turba, figlio?" chiese, "Il piano sta funzionando?"

"Non riguarda quello."

"Dunque, che cosa?"

"Si tratta di Lionel, padre."

Dopo il suo scontro con il fratello, per ore Nikolaj era stato tormentato dal pensiero che lui volesse umiliarlo di fronte alla sua promessa sposa, che volesse sottrargli lei e tutto ciò che gli spettava di diritto in quanto primogenito, ma non aveva fatto nulla—non poteva—, finché non era più riuscito a contenere l'inquietudine del suo animo, ed essa si era trasformata in rabbia. Così, si era rivolto all'unico che aveva il potere di agire: suo padre, il re.

L'uomo più anziano, tuttavia, sbuffò alle sue parole. "Sai bene che non ho tempo di occuparmi di tuo fratello. Risolvetele tra voi, le vostre liti, o siete forse ancora dei bambini?"

"Non mi piace quanto sembra essersi affezionato alla mia sposa" protestò il principe, "Lei è mia. Avevi detto che avrei potuto fare ciò che volevo con lei, finché fosse rimasta in condizione di celebrare le nozze."

"E così è, Nikolaj" rispose suo padre, senza alzare gli occhi dal documento che stava leggendo.

"Ebbene, mio fratello ha deciso di intromettersi."

Questo sembrò interessare il re, che finalmente lo degnò di uno sguardo. "Credi che la principessa potrebbe essersi innamorata di Lionel?"

"No," Nikolaj non potè fare a meno di ridere, "quella donna non è neppure in grado di mettere insieme una frase senza balbettare. Mi teme, come una buona moglie dovrebbe. Non oserebbe tradirmi, non di sua volontà. È di Lionel che mi preoccupo. Fa tanto il cavaliere, ma probabilmente non vuole altro che umiliarmi portandosi a letto la mia promessa sposa."

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