XXI. Il richiamo del drago

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Vedeva uno scorcio di cielo spruzzato di bianche nuvole, di fronte a sé, racchiuso in una cornice di roccia.
Doveva trovarsi sulle montagne.
Guardando fuori, verso l'enorme distesa d'erba ai piedi del monte, vedeva centinaia di piccoli uomini, tanto lontani da parerle formiche, correre l'uno contro l'altro, accompagnati da grida talmente forti da giungere fin lassù.
Poi udì un sibilo, un rumore appena percettibile che però le se insinuò nell'orecchio, fino a camuffare ogni altro suono.
Insistente, il sibilo continuava a ronzarle nella testa, quasi la stesse chiamando a voltarsi, finché lei non lo fece, e si trovò di fronte ad una parete di pietra.
Non riconosceva il luogo.
Sembrava una grotta, che si estendeva per qualche metro, e all'interno...
Astrid senti un brivido percorrerle la spina dorsale.
Ossa. C'erano ossa ovunque.
Avrebbe voluto voltarsi e fuggire, ma, come attirata da una forza invisibile, si addentrò invece nei misteriosi meandri della cava, seguendo il percorso delineato da quei resti di cadaveri.
Era buio, e aveva solo la luce del sole a guidarla, luce che si faceva sempre più fievole man mano che proseguiva.
Al contrario, l'attrazione che la muoveva si faceva sempre più forte.
Percorse uno stretto corridoio scavato nella roccia, non da mani umane, ma dai venti.
E alla fine di esso, tornò a rivedere la luce.
Un'apertura circolare sulla volta dell'antro faceva entrare i raggi solari, illuminando completamente il luogo, e l'enorme insieme di foglie e rametti che erano accumulati al suolo.
All'improvviso, un'ombra gigantesca oscurò nuovamente il sole.
Astrid alzò lo sguardo.
Sopra di lei, una creatura si apprestava a discendere sulla grotta, sbattendo le sue possenti ali ramate con tanta potenza da sollevare un turbine di vento che scompigliò i capelli della ragazza.
Astrid voleva tornare indietro da dove era venuta, ma le sue gambe erano come pietrificate.
La creatura emise un acuto stridio, atterrando con un sonoro tonfo su quello che ora la principessa sapeva essere il suo nido.
Un'esclamazione, mista tra la paura e il fascino, le sfuggì dalle labbra.
La testa della bestia alata si voltò di scatto.
I suoi enormi occhi color rubino si fissarono su di lei, scavando in profondità nel suo animo.
Allora, Astrid sentì di nuovo il sibilo nel suo orecchio.
Questa volta, però, era un suono più distinto: una voce.
"Poni fine al massacro, principessa...Trova la via. Trova il drago."

Si svegliò di soprassalto, con il cuore che le batteva forte in petto.

Era nelle sue stanze, proprio lì dove si era addormentata...
Le tende purpuree che incorniciavano la finestra che si apriva sul balcone erano mosse da una gentile brezza di fine estate.
Essa le accarezzava la chioma, che, a contatto con gli ultimi raggi luminosi penetrati nella stanza, assumeva una sfumatura dorata mentre il sole volgeva ormai all'orizzonte.

Un sogno, era stato solo un sogno...eppure le immagini che le erano apparse in quel sogno erano vivide nella sua mente, così come le parole che aveva udito.
Trova il drago.
Che cosa voleva dire?

"Principessa?"

Astrid, ancora scossa, sussultò al sentirsi improvvisamente chiamare.
Solo dopo un attimo capì che la voce che aveva udito non era nella sua mente, ma che proveniva dall'altro lato della porta.

"Principessa Astrid," ripetè la voce, "ci sono delle lettere per voi."

Era solo una delle ancelle, si disse la ragazza, cercando di regolare il proprio respiro, che già aveva cominciato a farsi irregolare.
Non c'erano sentieri di ossa, né buie caverne, né creature squamate dagli occhi scarlatti a sussurrarle strani enigmi.
Solo una serva che veniva a portarle delle lettere.

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