XIX. Una danza di spade

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Passarono i giorni, e i soldati avanzarono imperterriti.
Non ebbero un attimo di tregua, se non le notti, dal tramonto all'alba, per dormire.
Avevano marciato attraverso le pianure, costeggiando le anse del fiume Yirling, che infine avevano oltrepassato, per arrivare al confine con Estelle.
Dieci giorni, era quello il tempo che ci avevano messo a raggiungere il luogo dove i due eserciti si sarebbero affrontati per la prima volta.
Passati gli ultimi villaggi merithiani, tutto ciò che potevano vedere attorno a loro erano le ampie distese d'erba, e, più in là, ad est, un'imponente catena montuosa, da tutti soprannominata 'I monti dei tre re', poiché si estendeva tra i tre regni di Estelle, Merithia e Cyrnia.
Il suo vero nome, quello datogli negli antichi giorni dell'impero, era ormai offuscato nella memoria collettiva, e solo in pochi—coloro che potevano permettersi un'istruzione—, ricordavano il suo appellativo in lingua ælfren: Vårg Ærglings, il nido del drago.

I precettori si erano dedicati ad insegnare a Lionel e ai suoi fratelli la lingua e la storia dell'antica Æelfrich, e, per quanto il giovane principe non fosse mai stato portato per lo studio delle lingue, quello lo ricordava, così come ricordava la leggenda che riguardava quelle alture.
Si diceva che laggiù, nelle grotte di quei monti, vivessero delle creature magiche, grosse lucertole sputafuoco dalle scaglie dure come armature.
Nessuno le aveva mai viste, tuttavia.
Un vero peccato, pensò Lionel. Un drago, quello sì che sarebbe stato utile a vincere la guerra.

Con le forze di cui veramente disponevano, invece, Lionel temeva che l'armata di Merithia non sarebbe riuscita a contrastare la formidabile milizia del suo vicino.
Erano più poveri, e in minoranza numerica.
Sarebbe stato difficile ottenere la vittoria.

Tuttavia, nonostante il suo prestigio e la sua forza, persino Ælfrich era infine caduta, secoli or sono, in seguito alle rivolte dei quattro re—coloro che sarebbero diventati i fondatori dei regni di Estelle, Merithia, Cyrnia e Lyrhis così come tutti li conoscevano—, a dimostrazione del fatto che, per quanto potente, nessuno era invincibile, se il suo nemico era abbastanza furbo.
La guerra era come un gioco di scacchi, dopotutto.
Ogni mossa contava, tutto per arrivare al re.

Lionel sapeva che suo padre e suo fratello non avrebbero badato a nulla pur di vincere.
Avrebbero sacrificato intere truppe, se necessario.
Nikolaj l'avrebbe ucciso senza esitazione, il principe ne era certo.
Dunque, anche loro dovevano essere spietati.
Per fortuna o sfortuna—spesso dipendeva da che punto di vista lo si considerasse—anche a lui era stata impartita l'educazione che re Erik aveva voluto per il suo primogenito, e conosceva gli ideali e le tattiche di suo padre.
Tuttavia, si chiedeva se sarebbe mai riuscito a seguire quegli insegnamenti.

Una voce alle sue spalle interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Lionel si voltò, mente un soldato, dopo essersi inchinato, diceva "Altezza, re Magnus vi cerca."

Seguì l'uomo fino alla tenda reale, dove il fratello di Astrid e i suoi consiglieri di guerra si erano riuniti.
Discutevano di strategia, se la mappa del Continente Settentrionale, spiegata sul tavolo attorno al quale tutto gli uomini erano radunati, era un valido indicatore sul cui basarsi.

"Signori."
Lionel non si dilungò nel salutare i vassalli merithiani, di rango inferiore al suo, i quali d'altronde non parevano provare grande simpatia nei suoi confronti, dirigendo loro solo un quasi impercettibile  cenno del capo.
A Magnus, invece, doveva più rispetto, in quanto re, e in quanto amato fratello di Astrid.
"Vostra Maestà" si inchinò dunque, "Mi avete convocato?"

Il re dai capelli dorati annuì.
"Voi conoscete Estelle meglio di tutti noi, principe" disse, "So che la richiesta che sto per farvi sarà difficile per voi, ma so anche che capirete che questa è la cosa giusta da fare. Dunque, quello che vi chiedo è di dirci tutto ciò che sapete, qualsiasi informazione che potrebbe esserci utile a vincere. Il vostro aiuto potrebbe essere determinante."

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