Capitolo 10

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È arrivato il giorno della verifica e sono tesa come una corda di violino. Non sono riuscita a pensare ad altro, né alla gita, che sarà la settimana prossima, né tanto meno al ballo. Alessio mi ha chiamato un paio di volte per sollecitarmi ad andare a prendere accordi con il bar, ma sono riuscita sempre a trovare una scusa per stare con David il più possibile. Da domani penserò a tutti i miei impegni ma David oggi ha l'ultimo compito e se prende la sufficienza avrà recuperato tutto e potrà essere ammesso all'esame di maturità. 

In questo momento mi rendo conto che non ho più pensato neanche all'esame, sono talmente concentrata sul tempo che trascorro con David che quasi me sono dimenticata. In realtà non sono molto preoccupata per l'esame, ho una buona media in tutte le materie ma devo comunque mettermi a fare un ripasso generale, mancano circa tre mesi all'esame di maturità.

La mattinata a scuola è trascorsa come al solito: tra la lezione di educazione fisica che mi ha permesso, mentre correvo intorno al campo con una velocità tipo bradipo, di pensare a David e la lezione di italiano, in cui mi sono immersa nei Fiumi di Ungaretti. Durante la ricreazione ho controllato il cellulare, ma nessun notizia da parte di David.

L'ultima ora è di storia e la nascita della costituzione mi affascina talmente tanto che per cinquanta minuti mi dimentico della morsa allo stomaco che ho.

Il suono della campanella mi riporta alla realtà, velocemente butto i libri nello zaino e corro verso l'uscita con Emma che mi segue a passo svelto.

«È oggi?» mi chiede cercando di stare al mio passo.

«Sì, ma non mi ha fatto sapere nulla.» le dico mentre a passo svelto mi avvicino all'uscita.

«Sarà fuori ad aspettarti come l'altra volta. Ma siete solo amici o ci sono stati sviluppi?» mi chiede, toccando il mio nervo scoperto.

«Amici» rispondo io, questa parola inizia a farmi venire un gran mal di pancia.

Una volta fuori, lo vedo. È appoggiato alla sua moto. Ha l'aria seria e io inizio a tremare, non può essere.

Mi avvicino con passi pesanti e vedo che mi guarda, ma non sorride. Arrivata davanti a lui lo osservo mentre tiene la testa bassa.
Mi viene da piangere.

«David... cosa è successo?» gli chiedo in un sussurro.

Lui alza la testa e mi si avvenata addosso, mi abbraccia e mi prende in braccio facendomi girare.

«Otto! ho preso otto!» mi urla ridendo.

Io rido, rido e piango dalla felicità e lo abbraccio mentre mi fa girare, lo stringo a me immersa in lui fino a quando si ferma e mi guarda dritta negli occhi. Vedo quelle stelle che ha al posto degli occhi e ci vorrei cascare dentro. Si avvicina alla mia bocca, sento il suo respiro addosso e la schiena è percorsa da brividi. La sua bocca inizia ad aprirsi...
«Grazie Lea, senza di te non so come avrei fatto. Sei davvero un'amica.».

Basta con questo cazzo di amica!
Che palle!
Urlo dentro di me la rabbia che mi suscita questa parola e in in questo momento è devastante, non riesco più a controllarla. Rimango davanti a lui in silenzio delusa e affranta, ma con un sorriso che devo regalare a quello che si professa il mio migliore amico.

«Vieni ti porto a casa.» mi dice montando in moto. Io rimango in silenzio mentre mi metto il suo casco, le mie mani lo cingono... lo abbraccio per tutto il viaggio.

Arrivati davanti a casa mia, scendo e gli rendo il casco.

«Non ti fermi un po'?» gli chiedo, pensavo che avremmo passato del tempo insieme.

«No, ho un appuntamento. Ci vedremo domani. Se vuoi, ti vengo a prendere a scuola?» mi dice mentre guarda l'orologio.

«Un appuntamento... con chi?» non posso averglielo chiesto davvero!?

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