Capitolo 3

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La lezione d'italiano è la mia preferita, la prof Mariani poi è talmente brava a spiegare che aggiunge sempre qualche cenno sulla vita degli autori, cosa che mi appassiona particolarmente.

Parla appassionata, accompagnata dal rumore dei suoi tacchi mentre passeggia per l'aula, i cappelli grigi radunati in uno chignon, indossa sempre camicie con i colletti trinati e gonne sotto al ginocchio. Sembra uscita da un libro di storia. L'ora trascorre parlando di Alessandro Manzoni e dei Promessi Sposi, ma io rimango affascinata dalla presunta storia tra la sua mamma e il suo vero padre, Giovanni Verri e di come si sposò con il conte Manzoni. L'idea che Manzoni fosse il nipote di Cesare Beccaria mi sconvolge... quanta intelligenza si respirava.

L'ora finisce e la monaca di Monza è stata sufficientemente trattata. Non sono riuscita a non provare un senso di tristezza per lei, obbligata a una vita non voluta.

Mi distendo sul banco aspettando l'ora di matematica, non riesco proprio a farmela piacere. Spero proprio che la prof non mi chiami, non ho voglia di passare un'ora alla lavagna.

Per fortuna non tocca a me e io mi assento pensando a David. Mi chiedo se si presenterà oggi pomeriggio e se collaborerà, ieri mi ha stupito aiutandomi ma non voglio farmi troppe illusioni.

La campanella suona e io ringrazio, non ho voglia di ascoltare nuovi concetti oggi. Mentre le mie compagne se ne tornano a casa io mi dirigo verso il prato dietro la scuola. Aspetterò qua l'ora in cui dovrò incontrare David.

Appena arrivata butto lo zaino in terra e mi distendo, subito sento l'erba sotto di me e l'odore dei fiori mi tiene compagnia. Il cielo è di un azzurro che toglie il fiato, ogni tanto la mia attenzione è rapita da piccole nuvole che sembrano ciuffi di panna montata. Mi sento rilassata e i pensieri rimangono fuori dalla mia testa, penso sempre troppo e questo mi stanca, ho la tendenza a volere organizzare e controllare tutto ciò che mi circonda, ma a volte questo controllo mi fa sentire stremata. Mi ritaglio dei momenti in cui obbligo la mia testa a svuotarsi, niente pensieri, niente preoccupazioni, niente... solo le nuvole che navigano libere nel cielo sopra di me.

Sono distratta dal mio stomaco che gorgoglia imperterrito, non ho ancora pranzato! Mi sono attrezzata questa mattina, apro velocemente lo zaino e prendo un tramezzino preso al bar della scuola. Lo addento e sento i gamberetti con la salsa rosa stuzzicarmi il palato. È delizioso e lo finisco abbastanza velocemente e subito dopo mi distendo e torno a osservare le nuvole. Ne passa una che mi ricorda un coniglietto e mi torna in mente il peluche che avevo quand'ero bambina. Si chiamava Peppo ed era bianco con le orecchie rosa, aveva un campanello legato al collo con un fiocco rosso. Era irresistibile per una bambina di sei anni, infatti lo adoravo e lo portavo ovunque. Ora non so dove sia, quando torno a casa voglio chiedere alla mamma se si ricorda dove sia andato a finire Peppo.

I miei pensieri sono interrotti dal cellulare: È Simone, ricordo solo ora che oggi aveva l'esame.

«Ciao Amore, com'è andata?» chiedo con interesse, mentre le nuvole giocano a chiappino.

«Ciao amore, ho risposto a tutte le domande e alla fine ho preso trenta. Ci tenevo a fare bene quest'esame. Tu dove sei?»

«Bravo amore, sei stato bravissimo! Io sono nel parco dietro la scuola, ho mangiato e sono qui distesa a riposarmi osservando le nuvole. Aspetto le cinque per l'incontro di tutoraggio.»

«Già... David, in bocca al lupo. T'infili sempre in situazioni strane.» mi dice con un tono di lamentela.

«Non cominciare, te l'ho già spiegato... Poi non so neanche se si presenterà.» rispondo innervosita. A volte mi fa proprio arrabbiare.

«Va bene Lea, fai come ti pare. Ci vediamo sabato e andiamo al lago?»

«Simo guardiamo dai, è presto per fissare. Sentiamoci domani, poi decidiamo ok?»

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