We Are Young - Fun
Dire università era dire tutto.
Per Iole ci era voluto più di un anno per sciogliere la dicotomia con cui aveva legato il mondo universitario alla leggerezza che vedeva nei coetanei, così lontana da lei e dal suo essere da farla sentire sempre di troppo. Erano passati mesi ed erano successe tante di quelle cose che le venivano le vertigini quando ci rifletteva, ma andava bene così. Le sue priorità erano cambiate – all'improvviso la tesi triennale le pendeva sulla testa, così come le ore trascorse a fare babysittig o con Marco, mentre Juri sembrava un ricordo lontano – e il suo modo di affrontare e vedere il mondo si era modificato in un modo che non avrebbe mai potuto immaginare.
Non poteva certo definirsi diversa, ma qualcosa in lei si era modellato di una levità improvvisa, che la portava a sorprendersi felice nelle situazioni più disparate. Certe volte prendere la metropolitana di prima mattina riusciva addirittura a farla sorridere, nonostante l'inverno rendesse le carrozze più affollate e sporche di quanto fossero durante la stagione estiva.
Non andava sempre tutto bene, però. Era bello scoprire quanto ci fosse di meraviglioso nelle piccole cose, riusciva a rendere sopportabili anche i momenti peggiori, ma talvolta neppure ciò bastava a placare le ansie e le paure che la afferravano all'improvviso e la portavano a rannicchiarsi su se stessa; c'erano ancora giorni in cui piangeva molto, all'apparenza senza motivo, e periodi in cui non sentiva nulla. Erano molto più rari, ma ancora esistevano e diventavano, di tanto in tanto, motivo di discussione con Marco.
"Hai mai pensato di andare da qualcuno?" le aveva detto durante una delle crisi, e lei aveva risposto scuotendo la testa inorridita.
"Forse dovresti" aveva insistito lui, abbracciandola stretta. "Se ne fossi in grado, ti aiuterei io, ma sappiamo entrambi che non sono molto utile."
"Ci penserò."
Marco le aveva accarezzato la schiena e le aveva lasciato un bacio in fronte. "A vederti così sto male anch'io" le aveva sussurrato in un orecchio, e a Iole si era stretto il cuore in una morsa feroce. Nei giorni successivi ci aveva pensato sul serio e ancora ci rifletteva, ma, nonostante tutto ciò che era accaduto, le veniva difficile pensare di aver bisogno di qualcuno; la vecchia nenia dell'essere in grado di farcela da sola, comunque e dovunque, era ancora troppo radicata nel suo animo per dimenticarla senza alcuna esitazione.
Era un altro passo che avrebbe dovuto compiere, ma coi suoi tempi. Oltretutto, alcune piccole ansie precedenti si erano appannate. Le feste, a essere onesta, le facevano ancora arricciare il naso e intrecciare lo stomaco, ma almeno aveva la certezza che ci sarebbe stato qualcuno a cui aggrapparsi in caso di estremi attacchi di timidezza e timore e che, se anche non ci fosse stato nessuno, aveva vissuto di peggio di un paio di ore in mezzo a degli sconosciuti.
"Tanto questa sera dovrebbero esserci tutti" pensò, mentre stava accoccolata sul divano di casa di Marco con un libro davanti a sé. Era arrivata nel pomeriggio, convinta di doverlo aiutare, ma l'altro le aveva impedito di fare la qualsiasi e si era lanciato in uno spostamento di mobili, preparazioni di alcool e cibo e selezione della musica, tanto che alla fine Iole si era convinta ad estrarre Una vita come tante dalla borsa e aveva letto un centinaio di pagine, occhieggiando di tanto in tanto il ragazzo quando se ne usciva con imprecazioni di vario genere. La migliore era stata quando aveva sbattuto la testa contro lo stipite della porta mentre trasportava delle sedie dalla cucina.
STAI LEGGENDO
Milquetoast
General Fiction"Naturas expelles furca" recita un verso di Orazio. "Potrai scacciare la natura con la forca." Iole, purtroppo, sa bene che in queste poche parole si può riassumere tutta la sua vita: sempre la stessa ansia di vivere o di lasciarsi morire, sempre le...