07. Al Matricola (II)

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Optimist - Max Korzh 

Era rimasta in quello stato di stordimento fino a fine serata, la testa che si focalizzava su pensieri sempre diversi pur di non tornare a sfiorare l'idea che Marco fosse innamorato di Mia

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Era rimasta in quello stato di stordimento fino a fine serata, la testa che si focalizzava su pensieri sempre diversi pur di non tornare a sfiorare l'idea che Marco fosse innamorato di Mia. Aveva parlato, riso, fatto battute, fumato più di una sigaretta e bevuto qualche birra, costringendosi a sembrare normale in quella situazione che le stringeva il collo con un cappio sempre più stretto, impossibile da slegare. Non voleva tornare a casa, non voleva ritrovarsi sola con i suoi pensieri, non dopo aver notato che l’ottundimento da persone riusciva a distrarla e a farla riflettere sul fatto che forse, a un certo punto della sua vita, sarebbe anche riuscita a stare bene.

Noemi sarebbe tornata a parlarle, Juri sarebbe sparito dalla faccia della terra, i suoi genitori avrebbero iniziato ad ascoltarla, lei avrebbe incontrato qualcuno capace di guardarla nel giusto modo... e avrebbe relegato Marco in un cantuccio nascosto della sua mente, chiudendo a chiave ogni ricordo per non averci mai più a che fare.

Per questo, quando uno dei tanti ragazzi lì presenti era saltato in piedi annunciando che la metro stava per chiudere, l'una di notte che si avvicinava a rapidi passi, si era unita al coro di proteste di coloro che si potevano permettere di far mattina, gli abitanti di Lambrate e di Città Studi, persone che non avevano bisogno di prendere i mezzi per tornarsene a casa.

"Su, Iole, non credi sia arrivato il momento di andare via?" le sussurrò all'orecchio Marco, solleticandole il viso con il suo respiro.

"Tanto la Lilla è già chiusa" borbottò lei in tutta risposta, trattenendosi dal voltare il viso verso quello del ragazzo. Non poteva starle così vicino, non dopo ciò che aveva visto.

Era controproducente.

Marco sospirò, passandole due dita sul collo e provocandole con quel semplice gesto un'infinità di brividi che le fecero andare la testa in tilt.

"Ti accompagno a prendere un taxi, allora. Ti va?" le chiese, spostandole dietro l'orecchio una ciocca di capelli che le copriva il viso, così da poterla guardare.

Costretta a voltarsi, ora che quella naturale piccola tenda protettiva era stata strappata via, sussurrò un "Sì" a labbra strette, perdendosi per un attimo negli occhi del ragazzo; il cuore mancò un battito nel vedere che le rivolgeva un sorriso luminoso.

"Tram?" le domandò di nuovo, alzandosi e stiracchiandosi, mentre il resto del gruppo si accordava su cosa fare. "Vengo con te fino in XXV Aprile, che ne dici?"

"No, dai, non mi va di disturbarti" disse Iole alzandosi a sua volta e infilando le mani nelle tasche della giacca di jeans che indossava. "Tu scendi a Repubblica e va pure a casa, mentre io proseguo."

"Ah no" fu la sua replica immediata. "Sono un galantuomo io. Su, raccogli le tue cose che il tram passa tra dieci minuti."

Iole fece per ribattere che non era molto signorile creare false speranze, ma le parole le morirono in gola quando Lorenzo l'abbracciò da dietro, alzandola pure un po' da terra.

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