Ever Since New York - Harry Styles
Iole significa violetta.
Perché si chiamasse in quel modo era storia nota in tutta la sua famiglia, ripresa e ripetuta ogni pranzo e cena di Natale e Pasqua in mezzo al tavolo colmo di parenti del ramo paterno, andando a sottolineare quanto sembrasse più legata all'altra, di famiglia: Iole, infatti, era il nome della bisnonna materna, quella donna che durante la seconda guerra mondiale aveva fatto da tranviera a Milano mentre il marito stava al fronte. L'avevano sempre dipinta come una persona forte, che era stata in grado di camminare a testa alta e di farsi strada a gomitate in un mondo in cui non avrebbe nemmeno dovuto provarci. Tutta la sua personalità, alla fine, poteva riassumersi nel mito che la vedeva, a ottant'anni, ancora arzilla e piena di vita, capace di saltare la corda più a lungo delle sue nipotine.
La cosa bella del nome Iole, però, stava nel fatto che si legasse anche al mondo paterno: infatti suo nonno, quand'era appena nata, aveva costruito una piccola aiuola che a primavera inoltrata si riempiva di un tripudio di fiori dalle sfumature violacee, il loro dolce profumo che si spandeva per il giardino.
Una volta aveva raccontato quelle storie a dei suoi amici del liceo, tra cui stava anche lui col solito sorrisetto ironico dipinto sulle labbra, e tutti avevano iniziato a parlare l'uno sull'altro nel tentativo di spiegare perché si chiamassero in un determinato modo, cosa avesse spinto i loro genitori a scegliere quel nome anziché un altro. Lui, nel momento in cui era tornata la tranquillità sulla panchina su cui si erano ammassati, aveva ammesso con una scrollata di spalle che non aveva la più pallida idea del perché si chiamasse Marco; probabilmente ai suoi genitori piaceva solo come suonava.
Anche a Iole piaceva il suo nome.
Era semplice, senza pretese, rotolava pacifico sulla lingua e non veniva mai storpiato da nessuno. C'era poi qualcosa d'ironico nel vederlo associato a lui, che di semplice aveva ben poco nonostante a primo impatto tutti lo definissero in un unico modo; aveva sentito ripetere così tante volte la frase "Quel ragazzo belloccio e simpatico" che aveva iniziato ad alzare gli occhi al cielo ancora prima di sentirne la conclusione, sempre diversa, ma con lo stesso sottointeso.
Bello lo era, certo, con quella massa di capelli mossi e castani sempre scarmigliati, gli occhi verdi vispi e la mascella squadrata sempre coperta da una leggera barba, ed era anche divertente se si impegnava a volerlo sembrare, ma non potevano ridurlo a una definizione così opaca, banale. Lui non era così. Non era insipido, c'era qualcosa di più.
È bello vedere che esiste ancora qualcuno capace di meravigliarsi.
Iole sospirò, bloccando il cellulare nel tentativo di smettere di pensare a lui e di lasciare quei ricordi a se stessi, sepolti nei meandri più oscuri della sua mente. Erano quattro giorni che continuava a rileggere quelle dieci parole, ripetendole a fior di labbra nel tentativo di trovare un qualche significato nascosto, quasi impossibile da capire. Erano quattro giorni che s'illudeva, annegando la tristezza derivata dalla mancanza di altri messaggi nello studio: passava le mattine a seguire i corsi in università e i pomeriggi chiusa in camera a trascrivere appunti e a ripeterli fino a quando la bocca diventava arida, desiderosa d'acqua; si lasciava anche stordire dai discorsi della sorella, dalle preoccupazioni della madre e dai silenzi del padre, continuando a ripetersi che era normale che lui non la contattasse, che non doveva aspettarsi niente. Sapeva solo che, a un certo punto, avrebbe smesso di pensarci e che quell'episodio sarebbe diventato uno dei tanti racchiusi nella sua memoria, privo di qualsiasi implicazione.
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Milquetoast
General Fiction"Naturas expelles furca" recita un verso di Orazio. "Potrai scacciare la natura con la forca." Iole, purtroppo, sa bene che in queste poche parole si può riassumere tutta la sua vita: sempre la stessa ansia di vivere o di lasciarsi morire, sempre le...