09. Gae

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Unsquare dance - The Dave Brubeck Quartet

Iole, da bambina, aveva sempre frequentato Isola per i più svariati motivi

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Iole, da bambina, aveva sempre frequentato Isola per i più svariati motivi.

Prima di tutto, in quel quartiere era situato lo studio del suo dentista, l'odioso uomo che le aveva ferrato la bocca alla tenera età di otto anni, lasciandole addosso l'apparecchio fino a quando non ne aveva compiuti il doppio; certo, aveva guadagnato dei denti dritti e in ordine, ma non era riuscita a ridere per tutto il tempo in cui era stata costretta a portarlo. Se proprio doveva, si copriva la bocca con la mano, nascondendosi, e quel fastidioso tic le era rimasto attaccato come un tatuaggio.

Poi, per un anno o due, sua madre l'aveva costretta a frequentare con la sorella un corso di danza classica, tenuto in una piccola scuola situata in una via che dava sui binari della ferrovia. Ricordava benissimo le sere primaverili in cui, nel cielo aranciato del tramonto, con le rotaie sotto di loro immerse nel silenzio, lei e sua sorella andavano a caccia di Venere, ridendo e battendo le mani felici ogni volta che riuscivano a scovarla da sole.

Infine, c'era tutto il resto. Il parco dove ogni tanto andava con i suoi amichetti dell'asilo, una delle gelaterie più buone di Milano, il mercato comunale, il cavalcavia su cui passava ogni volta che doveva tornare da casa di sua nonna... e Gae Aulenti.

Se Iole si fermava per un qualche minuto a riflettere su come fosse in origine la zona di Porta Garibaldi, si accorgeva con un brivido di non ricordarselo. La sua mente non riusciva a recuperare alcuna immagine precedente alla crescita dei i nuovi giganti di ferro e vetro, forse perché, da piccola, le era sembrata troppo anonima, nulla di cui tener conto, esattamente il contrario di com'era in al momento, con l'ampia piazza circondata da un unico grattacielo che sfidava l'azzurro del cielo con la sua torre, tanti negozi e bar alla base che si riempivano di persone nel corso della giornata, e la fontana a occupare tutta la zona centrale. Era piacevole star seduti sul muretto che ne delimitava i bordi, quei pochi centimetri d'acqua sotto i piedi che correvano a buttarsi verso un unico, grande foro centrale che dava sulla parte sotterranea della piazza, mentre i bambini, spinti dal caldo, giocavano in mezzo alle fontane laterali, bagnandosi da capo ai piedi e strillando dal divertimento sotto lo sguardo rassegnato dei genitori poco distanti.

Amava quel posto.

Forse era proprio per questo che aveva scelto quel luogo per incontrarsi con Lorenzo. Nonostante l'ansia crescente, dettata dal ritardo del ragazzo e dalla paranoia che, in realtà, l'avesse balzata per fare chissà cos'altro, si sentiva più tranquilla che agitata, complice l'atmosfera serena di quel pomeriggio supersettimanale di inizio maggio. Al massimo, se non si fosse presentato, avrebbe potuto fiondarsi dentro la Feltrinelli per smaltire il dispiacere con un buon libro e una spremuta d'arancia.

"Però potrebbe almeno scrivermi per dirmi qualcosa" pensò, facendo scorrere lo sguardo sulla chat tra lei e Lorenzo. L'ultimo accesso risaliva a più di un'ora prima, quindi non sapeva nemmeno se fosse una buona idea chiedergli se stesse per arrivare o no.

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