00. Prologo

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Apnea - Rkomi

"Ma ti eri mai accorto che a Milano esistessero degli alberi così grandi?"

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"Ma ti eri mai accorto che a Milano esistessero degli alberi così grandi?"

Ogni tanto capitava, così, che dalla sua bocca uscissero frasi all'apparenza senza senso, leggere, slegate da qualsiasi contesto. Quel pensiero l'aveva colpita senza alcun preavviso, mentre il tram continuava la sua corsa verso la Stazione Centrale, gli alberi di Viale Vittorio Veneto che scorrevano fuori dal finestrino disegnando con le loro fronde ombre sul marciapiede nascosto tra l'erba e i gradini in acciottolato, il sole d'inizio primavera che scaldava la città e i pochi passanti impegnati nei loro pensieri.

L’altro ridacchiò, rimanendo in equilibrio senza appoggiarsi a niente nonostante il mezzo avesse iniziato la sua frenata, mentre l’interno verde acqua spento e sporco sussultava sulle rotaie, facendo sobbalzare i passeggeri pigiati gli uni sugli altri.

"In che senso?" le chiese dopo aver lasciato passare una vecchia, le labbra arricciate in un sorriso e gli occhi verdi che la scrutavano divertiti.

"Guarda questo" rispose, picchiettando sul vetro del finestrino con l'indice. "Avrà un diametro di almeno un metro."

"Da quando t'interessano così tanto gli alberi?"

La domanda fu seguita dal rumore delle porte che si chiudevano e dal lungo fischio che indicava che il tram aveva iniziato ad accelerare, pronto a raggiungere la fermata successiva. Iole si voltò di nuovo verso il ragazzo, ora aggrappato a una maniglia con il braccio destro nell'incavo del sinistro e la testa appoggiata su quel supporto improvvisato, gli occhi che continuavano a seguirla con aria sempre più divertita.

"Non è che m'interessano gli alberi." Iole arricciò il naso, cercando di non perdersi nei mille ragionamenti che le frullavano in testa. "È solo è sorprendente notare qualcosa di nuovo, anche se piccolo o stupido."

L'altro annuì con aria poco convinta, le labbra piegate in un sorriso ironico, e allungò poi un braccio sopra la testa della ragazza per pigiare il pulsante della fermata prenotata. Iole sentì echeggiare con forza il ding della conferma, mentre la spia rossa sopra la porta iniziò a pulsare; meno di un minuto e lui sarebbe sceso e lei non voleva che se ne andasse via senza aver capito cosa intendesse dire. Non di nuovo, non per l'ennesima volta.

"La sensazione è la stessa di quando incontri lo sguardo di qualcuno sulla banchina opposta mentre sei in metro" continuò lei tutto d'un fiato, torcendosi le mani in un gesto nervoso. "Meraviglia. Pura e semplice meraviglia."

L'altro le sorrise di nuovo, scuotendo appena la testa e chiudendo gli occhi, il tram che iniziava di nuovo a frenare mentre un silenzio ovattato riempiva la testa di Iole e le rendeva la bocca secca.

"Mi trovi ridicola?"

Ecco, aveva posto l'unica domanda da non fargli: le parole le erano scivolate fuori dalle labbra in un moto improvviso, impossibile da controllare, e ora non poteva più rimangiarsele, ma solo aspettare che lui le rispondesse, confermando i suoi timori.

L'altro, però, scrollò le spalle, alzando appena gli occhi al cielo, quell'aria divertita che proprio non voleva saperne di sparire dal suo viso. "No" rispose con tono assorto. "Assolutamente no."

La solita voce femminile dell'atm, un suono metallico distorto ormai familiare, annunciò che erano arrivati a Repubblica. Le porte si aprirono e le persone iniziarono a defluire in modo disordinato, scivolando tra i nuovi passeggeri che dovevano salire.

"Beh, ci si vede" disse lui con tono distratto, alzando il braccio destro in segno di saluto e voltandosi per scendere.

Iole mormorò un "Ciao" con voce sottile, per poi continuare a seguire con lo sguardo l'alta figura del ragazzo che s'incamminava verso casa sua, attraversando la strada a passi svelti. Sospirò appena, cercando così di calmare il cuore che continuava a battere a una velocità spropositata, e tirò fuori dalla tasca dei jeans le cuffie tutte arrotolate, sbrigliandole con delicatezza; nel vano tentativo di distrarsi da ciò che era appena accaduto fece partire della musica, le mani che avevano scelto da sole cosa ascoltare.

Apnea, Rkomi.

Rimase a guardare il mondo scorrere fuori dal finestrino: osservò il sole brillare sui grattacieli, giganti di vetro su cui rade nuvole si specchiavano, e gli alberi che si rincorrevano davanti ai suoi occhi, mentre le labbra seguivano il testo della canzone e la mente vagava a ripercorrere l'incontro fortuito di quel pomeriggio, avvenuto quando stava gironzolando senza meta per i giardini di Porta Venezia, cercando di capire se fosse meglio tornare in università o rimanere lì a cazzeggiare per il resto della giornata ormai sprecata. Pure lui era a vagabondare al parco e lei, in un moto di coraggio improvviso e quanto mai inaspettato, si era avvicinata. Avevano chiacchierato per il resto del tempo, lasciando scorrere le parole su tutto quello che passava loro per la testa, un continuo salto da un argomento all'altro, senza logica o voglia anche solo di trovarla. Non gli aveva chiesto, però, che cosa ci facesse ai Giardini.

Alla fermata col mio zaino
In zona sanno tutti tutto
Un tattoo per non dimenticarlo
E dormi, tra le mie braccia
Ti svegli, tra le mie braccia
E mi odi, per come gridi
E mi ami, da come parli e ridi
Per come mi odi e piangi
Per come mi ami e piangi

A un certo punto le parole della canzone vennero interrotte dalla vibrazione della suoneria, le labbra che invece continuarono a seguire il testo conosciuto a memoria. Iole spostò lo sguardo sul display del cellulare, illuminatosi per mostrare l'arrivo di un messaggio.

È bello vedere che esiste ancora qualcuno capace di meravigliarsi.

Sorrise appena, per poi tornare a guardare il mondo fuori, il capolinea che fermata dopo fermata si avvicinava, mentre un solo pensiero le ronzava nella testa come una mosca impazzita.

"Non mi trova ridicola."

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