08. Scrivere un messaggio

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Guillotine - Jon Bellion

Iole aveva passato la settimana successiva senza ricevere alcuna notizia da Marco, così come da Lorenzo e da Noemi, avvertendo un senso di abbandono ancor più pungente del solito; stare in università da sola, in particolare, era uno strazio, con l...

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Iole aveva passato la settimana successiva senza ricevere alcuna notizia da Marco, così come da Lorenzo e da Noemi, avvertendo un senso di abbandono ancor più pungente del solito; stare in università da sola, in particolare, era uno strazio, con lei seduta durante la pausa pranzo davanti a un triste panino alla bresaola, vago tentativo di fare una sorta di dieta, mentre il resto della facoltà sembrava godersi le giornate con fare rilassato e tranquillo.

Presa da un senso di tristezza opprimente, che la faceva camminare per le strade di Milano con la testa ovattata, la sensazione che nulla fosse al posto giusto, aveva anche provato a organizzare qualcosa con gli altri, ma tutti avevano rifiutato la sua proposta di andare al cinema o a mangiare una pizza con una semplice e veloce frase: "Ho da studiare."

Pensare che quando era scesa dal taxi il weekend precedente si era sentita quasi euforica, nonostante avesse percepito sul suo palato un forte retrogusto amaro; si rendeva conto che c'era stato un attimo, mentre era seduta sul tram al fianco di Marco, in cui aveva sentito qualcosa, una scintilla che mai c'era stata prima e la rendeva, nel fondo del suo cuore, speranzosa. Di cosa non lo sapeva neppure lei, ma era stato bello poter coccolare quell'uccellino dal piumaggio azzurro mentre cadeva nel sonno.

La mattina dopo, però, le era bastato ripensare alla bella e delicata figura di Mia per riporre tutte le sensazioni della sera prima da parte, sostituendole con una profonda tristezza che si trascinava dietro da giorni come un lungo velo nuziale. Le appariva tutto opaco, e gli unici momenti in cui riusciva a spegnere la testa per un attimo, a scacciare la nuvola che le gravava intorno, erano quelli in cui si sedeva alla sua scrivania e iniziava a studiare. Certo, sentiva pizzicare sulla sua schiena gli sguardi accusatori degli uomini e donne dipinti presenti nelle stampe appese alla parete, tutti intenti a sussurrarle che non era giusto nascondersi e accartocciare i brutti pensieri nella speranza sparissero da soli, così come le ricordavano che non poteva di certo credere che il resto del mondo si sarebbe ricordato di lei se non avesse fatto il primo passo.

Però era spaventata.

Era stata rifiutata troppe volte per poter sopportare altre porte chiuse in faccia e il pensiero di contattare di nuovo Noemi le stringeva lo stomaco in una morsa d'acciaio. Pure l'idea di scrivere a Marco o a Lorenzo, o anche solo chiamarli, la mandava in paranoia, la sensazione che qualsiasi conversazione si sarebbe risolta in un nulla di fatto condito da pause imbarazzanti. Non poteva sopportare qualcosa del genere, non ora che si sentiva così fragile e al limite delle lacrime ogni giorno che passava.

"Ehi, mica hai una maglietta nera da prestarmi?"

La voce di Iris la fece sobbalzare, riscuotendola dai pensieri in cui era caduta, la penna stretta tra le labbra e lo sguardo perso in mezzo a dei calcoli che proprio non riusciva a sbrigliare. Sbatté un paio di volte le palpebre, realizzando di essere rimasta in catalessi per chissà quanto, e poi si voltò verso la figura della sorella minore, ferma sulla soglia della camera da letto con un'espressione perplessa e le braccia incrociate sotto i piccoli seni. Vedendo che non otteneva risposta, inclinò la testa sulla spalla, incurvando le sopracciglia sopra i grandi occhi scuri e arricciando il naso all'insù in una smorfia perplessa; anche la bocca carnosa era piegata in un sorriso nervoso, coperto in parte da alcune ciocche castane sfuggite dalla crocchia in cui aveva imbrigliato i lunghi capelli.

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