Tornai a casa correndo e con le lacrime che mi rigavano il viso. Mi ricordai che a casa c'era Ray con i suoi amici. Tutto volevo fare tranne che raccontargli quello che mi affliggeva e sopratutto che lui mi vedesse in questo stato.
Presi una strada che mi portava ad un parco dove c'erano delle giostre ormai in disuso. A Seattle ce ne sono molti,ma questo era uno dei miei preferiti. E ora come ora avevo bisogno di stare in un posto dove potevo sentirmi veramente sola.
Presi questa strada che aveva abbastanza curve che andavano a snodarsi come stringhe di liquirizia. Mi sentivo sotto terra mentre camminavo,continuavo a pensare a lei. A quegli occhi fantastici. Ma pensavo a lei come pensavo ad un ragazzo. Stavo provando emozioni per una ragazza. Per una del mio stesso sesso! Non era possibile.
Non stava accadendo a me.
Stavo vivendo un incubo, un incubo strano e pieno di sfaccettature e previsioni impossibili. Perché mi interesso così tanto a lei? io non sono, si insomma. Io non lo sono.
Dopo una lunga camminata arrivo al parco. Vecchie piste per le macchine a scontro, con il tetto ormai marcio e pieno di buchi, giacciono silenziose e ricoperte di fili d'erba ribelli, cresciuti dall'asfalto e arrampicati su quei vecchi rottami.
Una ruota panoramica vecchia e arrugginita, mi guarda in silenzio. La vernice bianca, ormai in stato di abbandono, si stacca a pezzi e mostra il lato rugginoso della giostra.
Mi siedo su una macchina e mi infilo ben bene fra il sedile e il volante. Mi abbraccio le gambe al petto e sospiro. Mi sento al sicuro messa in questo modo.
Comincia a piovere. Sento le gocce bagnarmi il viso e i capelli. Ma rimango immobile, non mi sposto neanche di un centimetro. Le sento fredde sulla pelle, ma voglio rimanere qui.
Sono confusa, stanca e pensierosa. Sto pensando a Benny, stava per baciarmi, lo so. Ma anche se lo avesse fatto, lei non è fidanzata? Forse fra di loro si fa così. Non lo so. Non lo so perché io sono etero, non ho niente a che fare con le ragazze. Io ho un fidanzato e con lui l'ho fatto, sono stata benissimo. Ma ora? Ora spunta lei e sembra quasi farmi il lavaggio del cervello. Che cosa sta succedendo?
Devo stargli lontana. Lontana abbastanza per non combinare casini.
Ma Samuel? Lui dov'è? Perché non è qui? Ah già, è al suo stupido allenamento. Quello è più importante di me. Ovviamente. Tutto è più importante di me. Eppure sembrava che ci tenesse a noi, alla nostra relazione. Ogni cosa sembrava andare in frantumi. Ogni mio pensiero sembrava andare a cozzare contro scogli .
Diciamolo. Non sono capace a tenermi qualcuno vicino. È la cosa più impossibile che io possa fare. A quanto pare non ne valgo la pena. Sono un giocattolo rotto e arruginito anche io?
Ma in quel momento avevo bisogno di piangere. E così feci. Piansi tutte le lacrime possibili. Mi accucciai ancora di più in quella vecchia macchina e mi sentii sola. Sola. Sola.
- Sapevo di trovarti qui. -
Quella voce la conoscevo. Non mi voltai neanche. Anzi, mi spostai al lato della macchina e gli feci spazio.
-Come facevi a saperlo?-
-semplicemente perché qui ci vengo anche io.-
eccoci qua. Di nuovo. Mi voltai verso di lei. I suoi capelli rossi erano bagnati e gocciolavano, gli occhi erano tristi. Sapevo che lasciarla in quel modo dentro il bar era stato un gesto scortese e crudele.
- Mi spiace. -
-Tranquilla. Sarebbe stato difficile per tutti rimanere in quella situazione..-
Risi amaramente continuando a fissare la vecchia ruota panoramica.
- mi sento così strana..così sbagliata..-
-lo so..è difficile accettarlo all'inizio. Lo è per chiunque...dopo aver vissuto per anni con una convinzione, ora accettarne un'altra è difficile...- a quelle parole mi strinsi nelle spalle e misi le mani nei capelli.
-accettare? cosa devo accettare? io non devo fare un bel niente!-
urlai nel panico. Io non dovevo accettare niente,perché niente era cambiato in me. Mi alzai velocemente da quella macchina e rimasi dritta impettita davanti a lei.
-Devi starmi lontana, hai capito!? Io non sono come te. -
-Jess...-
-Lasciami in pace. Io e te non ci conosciamo. Io non ho niente a che vedere con te.-
anche lei si alzò dalla macchina. Mi rimase a fissare con occhi pieni di speranza. Aggirò l'oggetto fra di noi e fece qualche passo verso di me. Allungò una mano e mi accarezzò una guancia.
Mi scansai e lei rimase con la mano ancora a mezz'aria.
-Jess, so che è difficile ma...-
-Ora BASTA! Io non sono come te!-
Urlai. Io e lei eravamo diverse. Come il Sole e la Luna. Mi voltai e cominciai a correre..a scappare. Perché si, stavo scappando. Scappavo dalla realtà?
Ma non poteva essere la mia realtà. Ne ero sicura.
~~~~
Arrivai a casa un'ora e mezza più tardi. Erano quasi le undici. Appena salii fino al nostro appartamento sentii la paura di quello che avrebbe detto mia madre. Guardai il pomello della porta, brillava sotto il mio palmo. Magari non mi avrebbe neanche considerata, o magari non se ne sarebbe accorta nemmeno.
Girai il pomello ed entrai in punta di piedi. Stavo per varcare la soglia della mia camera.
-Ancora non è tornata, come mai ti nascondi?-
-io?io non mi sto nascondendo.-ignorando le mie scuse mi squadrò dalla testa ai piedi e assunse un aria accigliata e curiosa.
- Dove siete stati tu e Sam? Sei fradicia, sei stata sotto la pioggia apposta? -
-si e no, ci ha preso un diluvio mentre tornavamo. -
-...se lo dici tu.-
Fece spallucce e se ne andò in cucina. Io mi intrufolai in camera mia e mi cambiai. Mi infilai nel letto con ancora i capelli bagnati. Dopo pochi minuti riuscii a rilassarmi del tutto e ad addormentarmi. Ma prima di farlo pensai ad una cosa da fare domani.
Dovevo parlare con Benny,con calma, che non stava accadendo niente. Poco dopo mi addormentai definitivamente, con uno filo di idee che non combaciava con quello che mi racontavo.
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Siamo chi siamo.
RomanceSiamo chi siamo, purtroppo non sempre riusciamo ad accettarlo. Perché ci vediamo in un modo,mentre la vita ce ne riserva un'altro. La normalità della nostra vita può essere stravolta da degli avvenimenti o da alcune persone. Cosa può accadere ad una...