Capitolo 5

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"Papà"-lo chiamo quando lo trovo di spalle a guardare il panorama dalla grande vetrata dell'ingresso.

Lui si gira con un sorriso.

"Lenah."

"Ho bisogno di parlarti. Mi devi delle risposte."

Lui solleva le sopracciglia, si passa la lingua nell'interno guancia e annuisce.

"Va bene. Parliamo, allora."

Si dirige verso il corridoio dove c'è la stanza della palestra.

Apre una delle prime porte ed entra, seguito a ruota da me.

È la sua stanza.

Si siede sul letto e mi fa cenno di sedermi accanto a lui.

"Preferisco stare in piedi"-dico.

Lui annuisce una sola volta.

"Perché hai ucciso mia madre?"-lo aggredisco.

Sospira.

"È stata la rabbia del momento. Credo di essere stato addirittura ubriaco. Non ho ragionato. E mi dispiace tantissimo. Ogni giorno convivo con il rimorso."

Qualcosa gli attraversa gli occhi.

Non gli credo, ma decido comunque di passare alla prossima domanda.

"Come mai ci hai messo così tanto a farti vivo? Sapevi dov'ero? Perché non mi hai cercata?"

"Ero in prigione, tesoro. E, sì, avevo il sospetto di dove fossi. In orfanotrofio, sicuramente. E non ti ho cercata, proprio per il fatto che non potevo. Chi uccide la propria moglie non passa inosservato. Ovviamente mi hanno subito trovato, ammanettato e condotto in galera."

"Come fai a conoscere Damien Sheen?"

"Come mi pare di averti già detto, eravamo amici fin da bambini, Lenah. Abbiamo anche frequentato gli stessi club, a volte."

Qualcosa si apre nel mio petto.

"Hai detto di conoscere Damien da una vita. Perciò conosci anche sua moglie"-esito.

"Certo."

"E loro conoscono te."

"Sì..."-mi guarda confuso.

"Perciò conosci anche Andrew."

"Ovviamente."

"E...loro sapevano che tu...eri...vivo?"

"Beh, sì."

Inspiro bruscamente.

Non mi sono accorta che ho già lasciato la stanza e che sono diretta verso quella di Andrew.

Busso freneticamente alla porta.

Quando lui la apre, la sua espressione è preoccupata.

"Che è successo, Lenah?"

"Tuo padre"-dico a fatica.

Il suo sguardo cambia.

"Cosa? Mio padre? Se ti ha fatto qualcosa io..."

"No"-lo interrompo alzando una mano.

"Tuo padre conosce il mio."

"Sì"-il suo sguardo ora è confuso.

"Anche tua madre"-dico "mio padre ha detto che vi conoscete. Anche tu."

Aggrotta le sopracciglia.

"Hai parlato con tuo padre?"

"Sì"-dico tentando di reprimere le lacrime che vogliono uscire "ha detto che voi sapevate che era vivo. Sapevate che era in galera."

Lui sembra capire dove voglio andare a parare.

Tenta di parlare, ma non gliene do modo.

"Lo sapevate e non mi avete detto niente!"-grido "sapevate il mio cognome, chi ero!"

"Tu, lo sapevi"-abbasso la voce, il tono accusatorio "e non hai aperto bocca."

"Lenah..."

"Mi hai mentito"-continuo, le lacrime agli occhi.

Con un gesto brusco, me li asciugo con i palmi delle mani.

"No, Lenah. Aspetta, che diavolo!"

Mi blocca prima che possa aprire la porta della mia stanza, mettendo la sua mano sopra la mia, appoggiata sul pomello.

Inspiro velocemente.

"Lasciami entrare" gli ordino, tentando di mantenere la voce ferma.

"No"-la sua risposta secca.

"Se entrassi in camera mia, potremmo parlare e..."

"Non voglio entrare in camera tua!"-esclamo, furiosa.

"Okay okay"-il suo tono è basso, come se avesse paura di essere sorpreso a parlare con me.

"Allora entriamo in camera tua"-prova a proporre, sempre mantendendo la voce bassa.

"Così potremmo parlare senza rischiare di essere disturbati o sentiti, da..."

"Non abbiamo niente di cui parlare. Ciò che dovevo dire l'ho detto. Non cercavo uno stupido dialogo con te. Non voglio sostenere una conversazione su quanto tu mi abbia presa in giro"-lo accuso ad alta voce.

Con uno strattone, mi allontano da lui.

In questo momento Adam esce dalla sua stanza, rimane sulla porta.

"Che cazzo"-ringhia Andrew "era proprio questo che volevo evitare"-sussurra, ma non abbastanza piano da non permettermi di sentirlo.

"Ci sono dei problemi?"-fa Adam, gli occhi puntati su Andrew.

"No, nessuno"-dice lui sforzandosi di fingere un sorriso, ma il risultato è una smorfia di irritazione.

"Bene, allora"-ribatte Adam, e capisco dall'occhiata che mi lancia che non ha creduto per niente alle parole di Andrew.

"Allora vattene"-dice Andrew.

Adam alza leggermente le sopracciglia in segno di sfida, ma non si muove di un millimetro.

Andrew sbuffa irritato.

"Devo. Rimanere. Solo. Con. Lenah"-scandisce "lo capisci? O devo farti un disegnino?"

"Ti ho detto che non ho più niente da dirti"-mi intrometto, ottenendo uno sguardo esasperato e supplichevole da parte sua.

Adam scoppia ridere.

"Non mi sembra che lei lo voglia"-afferma indicandomi.

"Fottiti, bastardo"-il ringhio di Andrew.

Prima che Adam possa ribattere qualche cosa altrettanto oscena, intervengo, parlando ad Andrew.

"Vattene"-dico "non ho intenzione di parlare con te."

Entro in camera e sbatto la porta, ma prima, il mio sguardo cade su Adam, il quale ha appena accennato un sorriso.

Credo sia stato il mio istinto, a indurmi a guardarlo.

In fondo, io lo amo. Non devo dimenticarlo.

Andrew mi ha confusa.

Ormai non gli permetterò di farlo ancora.

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