Mi distendo sul letto, mentre un lieve capogiro mi colpisce.
Adam entra in camera, si sbottona la camicia con gesti lenti.
Alza lo sguardo su di me, si avvicina, si toglie completamente l'indumento.
Mi poso una mano sulla fronte, tentando di placare il dolore alla testa.
"Lenah"-mi chiama Adam, sdraiandosi accanto a me "sei sicura di stare bene?"
Annuisco brevemente, mentendo spudoratamente.
In realtà, la testa fa così male che non riesco nemmeno a muoverla.
"Lenah"-ripete allora lui "forse dovremmo chiamare un medico; non stai bene, decisamente."
Sospiro.
"D'accordo."
Improvvisamente, sgrano gli occhi.
"Oh, merda."
Mi alzo di scatto dal letto e corro in cucina, dove controllo il calendario appeso alla parete.
Subito Adam mi raggiunge, l'espressione confusa.
Il ciclo ha un ritardo.
"Lenah, che succede?"
Fisso il pavimento.
"Ho un ritardo"-sussurro.
"Cosa?"
"Ho un ritardo, Adam"-ripeto alzando la voce, quasi con tono isterico.
Mi volto verso di lui, immobile ed allibito.
Mi poso le mani sul ventre.
"Tu...tu pensi che io sia...incinta?"-chiedo con voce spezzata.
Lui mi fissa, sbatte le palpebre velocemente, apre la bocca, la richiude.
"Non lo so, Lenah. Domani conosceremo la verità; solo il dottore potrà aiutarci."
Annusico, osservo le mie mani, posate ancora sulla pancia.
Dopodiché, raggiungo Adam in camera sua, che nel frattempo se ne è già andato."Grazie mille, dottore; davvero"-Adam stringe la mano dell'uomo anziano in un gesto di saluto.
"Scusi il disturbo"-mormoro io.
"Oh, non preoccuparti"-mi sorride "si sarà trattato sicuramente di un lieve malessere, un'intossicazione da cibo."
Poi si rivolge ad Adam.
"Giovanotto, la ragazza non è minimamente incinta."
Adam si gratta la nuca.
"Beh, scusi ancora. Ma almeno adesso sappiamo perché ti sentivi così spossata, no?" mi passa una mano sulle spalle.
"Ah, ragazzo; sta tranquillo" dice l'uomo "me ne capitano tante di situazioni simili alla vostra. È stato solo un comune malinteso. Però, almeno adesso saprete cosa fare se volete evitare che esso diventi realtà"- ci fa l'occhiolino.
Avvampo, mentre Adam tossicchia un "sì, grazie."
Poi entrambi filiamo fuori dalla porta, profondamente imbarazzati.
Solo una volta entrati in macchina, ci abbandoniamo ad una risata liberatoria.
"Oh, Gesù"-esclama Adam.
"Santo Cielo, Adam"-dico io "è stato molto...imbarazzante."
"Puoi dirlo forte"-fa lui "è solo che lui e mio padre erano molto amici."
Di colpo si fa serio, il suo sguardo pare perdersi in un punto davanti a sé, stringe il volante tra le mani.
Mi rattristo anch'io, pensando a Malcom.
"Cosa avresti fatto se...se io fossi stata realmente...incinta?"-trovo il coraggio di dire.
"Non lo so"-risponde lui "forse avrei avuto bisogno di tempo per accettarlo, o forse no. Siamo ancora molto giovani, Lenah, ma abbiamo già delle responsabilità. Ed in questo momento, non credo che avere un figlio sarebbe stato il migliore dei casi. Dobbiamo affrontare delle spese, e rischiamo di non avere abbastanza soldi per farlo, figuriamoci avere un bambino. Inoltre non credo di poter essere un buon padre, né il padre che vorrei essere per mio figlio."
Annuisco.
"Sì, lo capisco"-mormoro, forse un po' delusa.
Allora lui si volta verso di me, ed io mi perdo in quel nocciola intenso dai riflessi ambrati.
Mi passa una mano sul viso.
"Dicendo così"-esordisce "non ho detto che non lo desideri. Io ti amo, come potrei rifiutare un figlio da te?"
Sorrido lievemente.
"Solo non in questo momento di instabilità"-sussurro "lo capisco, Adam."
Lui ricambia il sorriso, poi mette in moto per tornare a casa."Lenah, stanotte ci sarà un nuovo incontro di boxe"-Adam ripone il suo piatto nel lavabo.
"E devi proprio andare?"-mugolo.
Lui sorride dolcemente.
"Sì, amore mio. Devo provare a guadagnare qualcosa, finché non troverò un buon lavoro che mi soddisfi. Prendilo come un hobby."
"Un hobby pericoloso"-ribatto seria.
Lui sospira.
"Lo so. Ma starò attento, non preoccuparti."
Volto il viso dall'altra parte, poi fisso i miei occhi nei suoi.
"Allora portami con te"-dico decisa.
"Cosa? Assolutamente no"-scuote la testa.
"Solo per questa volta. E poi, sono curiosa di vedere come te la cavi sul campo di battaglia"-sorrido ammiccando.
Lui serra le labbra, anch'esse piegate in un sorriso.
"Non se ne parla, Lenah. È pericoloso."
"So difendermi da sola."
Lui ride.
"Non lo metto in dubbio, ma forse non hai ben capito che tipo di luogo sia e che tipo di persone possano esserci."
"Se ci vai tu, non dovrebbe essere così..."
"Sono un pesce fuor d'acqua, credimi"-mi interrompe.
Sbuffo.
"Non voglio rimanere da sola."
"Sarai comunque sola, lì. Io sarò impegnato a combattere."
Scrollo le spalle.
"Non importa. La tua presenza è ciò che conta."
Lui sospira pesantemente.
"Sei davvero testarda, lo sai?"-si passa una mano sul viso.
"Questo è un sì?"-sorrido soddisfatta.
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Pain is human
RomanceLenah Ariston si sta riprendendo dalla sua esperienza in manicomio; sta cercando di rifarsi una vita, ha conosciuto nuove persone. Una di queste è un ragazzo, Andrew Sheen, conosciuto in manicomio e che poi la ospita in casa sua, una volta usciti e...