Le lacrime iniziano a scendere silenziose lungo le guance, mentre cammino a passo svelto senza una meta precisa.
Passo accanto al parchetto accanto la scuola elementare, così decido di entrarci.
Mi accomodo su una panchina vuota, passandomi le mani tra i capelli in un gesto disperato, ripensando alla busta trovata nel cassetto della scrivania di Adam, che per tutto questo tempo non ha fatto altro che tenermi nascosta una verità così importante.
Adesso non potrò più sapere con la certezza che credevo di avere se un ricordo sarà reale oppure no.
Mi prendo la testa fra le mani, chinandomi su me stessa.
Sento dei passi accanto a me, alzo leggermente la testa.
Una bambina mi osserva con i suoi occhioni castani e colmi di curiosità, poi corre via.
La osservo scomparire dietro un albero; mi asciugo le lacrime e mi pulisco il viso con le mani.
Sto per alzarmi, ma ecco che vedo Andrew non poco distante da me.
Mi osserva con un'espressione cupa, pare non lasciar trasparire nessun tipo di emozione.
Lascio cadere le braccia tese lungo i fianchi, e dopo un attimo di esitazione, lui inizia ad avvicinarsi.
Quando si trova proprio di fronte a me, vedo l'amerezza trasparire dai suoi occhi, ed il suo pomo d'Adamo salire e scendere ripetutamente.
"Ti avevo avvertita"-dice soltanto.
Rimango in silenzio, mentre le lacrime ricominciano a rigarmi il viso.
Lui mi lancia un'occhiata carica di risentimento, poi fa per andarsene.
Abbasso lo sguardo, ma improvvisamente vengo avvolta da due braccia forti, che mi stringono nel loro abbraccio.
Sento Andrew sospirare sui miei capelli.
"Non sopporto di vederti così."
Stringo le dita attorno la stoffa della sua camicia grigia.
"Andrew"-singhiozzo.
"E secondo te dovrei starmene qui con le mani in mano? Questa è la volta buona che gli fracasso quella faccia da cazzo che Smith si ritrova."
Scuoto leggermente la testa contro il suo petto.
"Me l'ha tenuto nascosto"-dico con un sussulto.
"Che cosa?"
"Ho la Sindrome Della Falsa Memoria, Andrew, ma lui non me l'ha detto."
"La Sindrome della Falsa..."
"Sì"-lo interrompo "la mia mente produce dei ricordi falsi in modo tale che io non sia più capace di distinguerli da quelli reali."
"Cosa? E lui non te lo ha detto? Come lo hai scoperto?"
Decido di raccontargli tutto, finché non mi sento meglio per aver sfogato la mia frustrazione.
Andrew mi guarda negli occhi.
"Ora che hai intenzione di fare?"
Scrollo le spalle.
"Non lo so; dovrò tornare da lui ed affrontarlo. Devo...devo provare a comprendere la sua posizione."
"La sua posizione? E quale, scusa? Quella di falso, bugiardo ed ipocrita?"
Non rispondo, tento di supplicarlo con gli occhi per impedirgli di ricominciare a scatenare la sua rabbia verso di lui.
Andrew sbuffa.
"Va bene, dannazione. Sei testarda, accidenti. Ma sappi che per qualunque cosa, sei la benvenuta in casa mia."
Sorrido lievemente.
"Grazie"-mormoro "per avermi ascoltata, intendo."
Lui ricambia il sorriso.
"Ci sono sempre, per te."
Mi mordo l'interno della guancia nervosamente.
Un suono interrompe la nostra conversazione facendo sussultare Andrew.
Tira fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare e legge il messaggio appena ricevuto.
"Cazzo"-impreca.
Alza di scatto gli occhi su di me, pare a disagio.
"Lenah, ora devo andare...a...devo..."
Lo stesso suono di poco fa lo interrompe, annunciando l'arrivo di un altro messaggio, che legge subito.
"Melody, cazzo..."-sussurra.
Sgrano gli occhi.
Faccio un passo indietro.
"Melody?"-chiedo.
"Sì, beh, ecco...dovevo passare a prenderla, e...sono in ritardo."
Annusico.
"Ma certo, tu ora stai con lei, no? Tom mi aveva accennato del vostro nuovo rapporto basato sull'intimità."
"Lenah, non è come credi..."
"Andrew"-lo interrompo "tranquillo, sei libero di fare ciò che vuoi. Io sto con Adam, tu stai con Melody. Fine della storia. E scusa se ti ho fatto ritardare al tuo appuntamento con lei per raccontarti cose della mia vita che non interessano minimamente a nessuno."
Mi allontano da lui a grandi passi, sentendomi in qualche modo umiliata ed irritata per aver provato un moto di stizza verso Melody quando Andrew l'ha nominata.
Non c'è nessun motivo valido per cui io debba sentirmi offesa per ciò che è successo poco prima.
Con un profondo respiro, suono il campanello di casa.
Poco dopo, Adam apre la porta con uno scatto, rimane immobile e sorpreso nel vedermi.
"Lenah"-sussurra, si passa una mano fra i capelli in disordine.
Entro dentro casa ed aspetto che lui chiuda la porta prima di parlare, ma mi precede:
"Scusa, sono stato un irresponsabile; mi dispiace non aver provato ripetutamente a dirtelo, ma avevo paura della tua reazione."
"Per la mia sanità mentale in equilibrio precario?"-scatto.
"Esatto"-dice lui in tono pacato, ed io spalanco gli occhi per la sorpresa, sbatto le palpebre di fronte alla sua sincerità.
Lui sospira.
Poi mi fa cenno di seguirlo in salone, dove si lascia cadere sul divano.
Sospira pesantemente, si passa una mano sulla fronte.
"Ricordo che il dottore disse che fosse un fenomeno abbastanza normale, in circostanze come la tua; disse anche che fossi fortunata ad avere solo un accenno di questa sindrome, poiché non sempre è così."
"E perciò dovrei essere anche fortunata, adesso?"-ribatto acida.
Lui si toglie la mano dalla fronte, fissa i suoi occhi nei miei.
"Lenah, è normale; hai subito un forte trauma..."
"Sono solo stronzate!"
"Smettila di dire che sono solo stronzate, perché non è così; e tu lo sai nel profondo che non lo è. Hai subito uno shock che ovviamente una bambina a quell'età non avrebbe retto!"-alza la voce anche lui.
"E detesto dirlo, ma Lenah, devi ammetterlo. Non hai perso parte della tua memoria, poiché i tuoi ricordi sono stati solo sostituiti momentaneamente dal tuo subconscio, e potrai recuperarli a poco a poco..."
"Ma chi mi garantirà che saranno ricordi reali? Che i pochi ricordi che ho della mia vita non siano soltanto fumo?"
"Te stessa"-ribatte cauto "il blocco di memoria riguarda solamente la notte della morte di tua madre."
"Non so se crederti, Adam. Non so se crederti..."-mi afferro la testa tra le mani.
"Non devi credere a me, ma a te stessa; devi avere fiducia in te. E, quando vorrai provare seriamente a ricordare quello che è realmente accaduto, ricordati che io sarò qui a sostenerti. Sempre."
Detto questo, si alza dal divano e sparisce in corridoio, lasciandomi a riflettere sulle sue parole.
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Pain is human
RomanceLenah Ariston si sta riprendendo dalla sua esperienza in manicomio; sta cercando di rifarsi una vita, ha conosciuto nuove persone. Una di queste è un ragazzo, Andrew Sheen, conosciuto in manicomio e che poi la ospita in casa sua, una volta usciti e...