"Hai ricevuto notizie di Ash?"
Sollevo gli occhi su Adam, e mi passo una mano sul viso, con fare stanco.
"So solo che Brendan è grave, che molto probabilmente morirà e che la mia migliore amica sarà sbattuta dietro le sbarre, perché ritenuta colpevole, quando c'è molta altra gente a questo mondo che continua a passarla liscia ogni giorno."
Sospiro esasperata, afferrando il primo oggetto che mi capita a tiro per agitarlo in aria nervosamente.
Adam si schiarisce la voce. "Lenah, so che è un momento difficile, ma tra dieci minuti inizierà il mio turno al lavoro e non ho potuto disdire, perciò..."
Alzo di colpo gli occhi sul suo viso. Ho una voglia pazzesca di ribattere, ma sono consapevole che così facendo inizierei solamente un nuovo litigio, quindi mi mordo il labbro con forza ed annuisco.
"Ma certo. Vai pure."
Adam mi osserva a lungo, come se non credesse realmente alla mia reazione positiva. Infine, riluttante, annuisce ed esce di casa dopo aver indossato la giacca di pelle.
Passati tre minuti, afferro il telefono e compongo il numero di Andrew.
Risponde al secondo squillo.
"Andrew? Sono io, Lenah. Ho bisogno di te.""La tua amica è proprio nei casini"-commenta Andrew non appena finisco di raccontargli ciò che è accaduto ad Ashley.
"D'altronde però, non posso biasimarla: ha agito seguendo il suo istinto e si è difesa da un lurido bastardo."
Stringe le mani sul volante per un attimo, poi si volta verso di me.
"Tu, invece? Hai scoperto qualcosa?"
So perfettamente che si riferisce ad Adam, così scuoto la testa.
"Oggi è andato a lavorare"-mormoro abbassando gli occhi sulle mie mani che tengo in grembo.
Scorgo Andrew alzare le sopracciglia sorpreso. "Nonostante tutto?"
"Nonostante tutto"-sospiro. "Insomma, Adam sta lavorando sodo per guadagnare quel tanto che ci serve per poterci mantenere, lo sta facendo anche per me. Ce la sta mettendo tutta lavorando ogni giorno, ma è così cambiato, questa situazione sta rendendo tutto diverso. Me stessa, lui, noi due. E adesso...non so più cosa pensare, cosa fare. Credo che sia un'egoista."
"Perché dici questo?"
Andrew si fa più vicino.
"Perché a volte penso a come sarebbe se Adam non lavorasse. O per lo meno, se non lo facesse così spesso. Magari potremmo passare più tempo insieme."
Chiudo gli occhi per un istante, cercando di svuotare la mente da qualsiasi pensiero.
"Senti,"-esordisce Andrew dopo un po', "conosco un posto che ti piacerà. Non è molto distante da qui ed è un ottimo luogo in cui svagarsi e distrarsi un po'. Che ne dici?"
Accetto e lui stende le labbra in un sorriso, poi mette in moto la macchina."Oh mio Dio, Andrew!"-esclamo incredula, mentre l'eccitazione mi fa sorridere e saltellare come una bambina.
"Non posso credere di essere in un posto del genere."
"Sapevo ti sarebbe piaciuto."
Mi volto a guardarlo.
"Certo che mi piace! Mi hai portato in un luna park!"
Alza le spalle. "È un ottimo posto per distrarsi per davvero."
Abbozzo un sorriso, poi fisso lo sguardo a terra.
"Allora, andiamo?"
Mi prende la mano. Me la stringe. Lo lascio fare.
"Andiamo."Dopo svariati giri sulle montagne russe e altre piccole attrazioni, Andrew mi riporta a casa.
"Grazie"-dico prima di uscire dalla macchina. "Sono stata benissimo."
Mi risponde con un sorriso ma, prima che il rumore del motore spazzi via le parole, sento il suo sussurro: "Non sai quanto lo sono stato anch'io."
Apro la porta ed entro in casa accendendo le luci del corridoio.
Il cuore mi perde un battito ed urlo dallo spavento non appena vedo Adam davanti la porta della camera da letto.
"Sei impazzito? Mi hai fatto prendere un infarto!"-esclamo posando le chiavi di casa.
"Dove sei stata?"
"Sei già tornato?"-chiedo nello stesso momento.
"Ti ho fatto una domanda."
"Ed io te ne ho fatta un'altra."
"Dove sei stata?"-scandisce.
Faccio un passo avanti, ma mi blocco immediatamente, non appena scorgo che ha qualcosa in mano.
"Cos'hai in mano?"
"Dove sei stata?"-ripete, mette la mano in tasca. Trema.
"Fuori. Una passeggiata. Non posso stare sempre a casa da sola mentre tu sei al lavoro."
"Quindi non eri sola?"
"Cosa cambierebbe?"
"Tutto!"-urla. "Tutto."
Si accascia al suolo, la testa fra le mani.
"Eri con lui non è vero? Eri con Sheen"-sputa.
"Tra noi non c'è nulla"-dico "siamo solo amici. Come tu e le tue colleghe cameriere. Non è così?"
"Perché devi sempre rigirare la frittata?"
"Perché tu devi sempre fare scenate per niente! E poi tu..."-mi avvicino.
"Non ci credo"-dico, mettendogli una mano nella tasca ed afferrando l'oggetto che cercava di nascondere.
"Hai bevuto ancora!"-urlo sbattendogli in faccia la fiaschetta tascabile.
"Non ho bevuto, Lenah. Perché devi sempre evidenziare i miei difetti? Perché ti concentri così tanto su di me, quando invece dovresti guardare più te stessa? Cresci."
Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, ma le ricaccio indietro.
"Se non ti rendi conto della realtà, allora cercherò di crescere. E crescerò ancora di più e ci sarà sempre un'enorme differenza fra noi due.
Ma, se te ne dovessi mai rendere conto, fammi un fischio quando crescerai tu."
Detto questo, me ne vado sbattendo la porta.
Poco dopo, la porta si apre e si chiude di nuovo.
"Lenah!"-grida Adam.
Corre verso di me. Si passa una mano fra i capelli dopo essersi fermato.
"Mi dispiace"-dice soltanto "sono solo stressato. Incredibilmente stanco. Mi dispiace essere stato uno stronzo ultimamente. Mi dispiace così tanto...sono un disastro."
"Adam"-sussurro, "tu non sei un disastro. Stai lavorando duro per entrambi e mi dispiace non poterti aiutare in qualche modo."
Sospiro. Sono stata vinta dal modo in cui ha pronunciato le sue parole.
E, da vinta, non posso far altro che reprimere la rabbia ancora una volta, abbracciare Adam ed entrare in casa con lui.
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Pain is human
RomanceLenah Ariston si sta riprendendo dalla sua esperienza in manicomio; sta cercando di rifarsi una vita, ha conosciuto nuove persone. Una di queste è un ragazzo, Andrew Sheen, conosciuto in manicomio e che poi la ospita in casa sua, una volta usciti e...