Il giorno dopo, raggiungo Adam nel suo studio. È seduto dietro la scrivania e tiene in mano dei documenti per riordinarli.
Alza lo sguardo solo quando mi metto di fronte a lui.
"Voglio ricordare, Adam. Sono pronta"-affermo decisa.
Lui posa il foglio che tiene in una mano sul liscio piano della scrivania.
Sospira, riporta lo sguardo su di me.
"Va bene"-concede "in fondo, la vita è tua, e di conseguenza anche questa decisione lo è."
Serro le dita, le riapro; sono un fascio di nervi.
"Vuoi che chiami...Tom?"
Scuoto la testa.
"No..." mormoro "non credo che sia una buona idea, almeno per adesso. Potrebbe essere troppo...insistente."
"Sì, capisco"-annuisce lui.
Mi siedo sul piccolo divanetto posto in un angolo libero della stanza.
"Allora...Lenah"-comincia "non sono uno psicologo, ma i documenti di mio padre mi sono stati utili."
Si schiarisce la voce.
"Perciò..." mi guarda negli occhi, facendomi annegare nei suoi, simili al cioccolato fuso.
"Dovresti cercare di ripercorrere con la mente l'accaduto di quella notte, provando a ricordare."
Chiudo gli occhi, sprofondo nel divanetto e provo a rilassarmi.
"Ho sette anni" inizio "sono in camera, sento dei rumori e quindi mi ritrovo a scendere le scale e a raggiungere la cucina. Mi affaccio, ma stando ben attenta a non farmi scoprire; provo paura, ma vedo ugualmente mio padre e mia madre discutere tra loro. Sono animati da una rabbia cieca, accesi dall'odio.
Urlano, si tirano oggetti. Mamma grida qualcosa che non capisco, ma papà perde la pazienza e...il controllo."
Apro gli occhi, boccheggiando.
"Calmati, Lenah"-Adam mi raggiunge, mi prende la mano e la stringe.
Chiudo nuovamente gli occhi, confortata dal suo gesto.
"Papà le scaglia il coltello, la uccide senza battere ciglio. Resta un attimo a fissare il corpo di mia madre inerme sul pavimento, il respiro affannoso."
Deglutisco.
"Si gira nella mia direzione, si è accorto di me. Oh mio Dio, si sta avvicinando. Ha un coltello in mano."
Vedo le immagini sfocate, le metto a fuoco.
"Ha lasciato il coltello, non lo vedo più tra le sue mani"-respiro affannosamente "ha detto che sono una stronza come mia madre. Cerco di scappare, ma mi afferra la gola ed inizia a stringere. Soffoco, non riesco a respirare...Adam!"
Spalanco gli occhi, uscendo dal mio stato di trance.
"Shhh."
Mi avvinghio a lui e comincio a piangere.
"Voleva uccidermi...ha provato a farlo."
"E poi, che è successo?"
"Non lo so, non sono riuscita a diradare la nebbia. Tutto questo è troppo, per me. E se non reggessi questo tipo di shock? Il mio cervello farebbe qualcos'altro senza il mio permesso?"
"No"-Adam scuote la testa "quello accade solo in casi forti shock. E non credo che ne esista uno più grande di quello di aver assistito in prima persona alla morte di tua madre, a sette anni."
"Devo assolutamente vedere Tom"-gli dico "ma ti chiedo di accompagnarmi. Non sono sicura di voler restare da sola con lui.""Sei sicura di voler venire in questa casa?"-Adam digrigna i denti, mostrando il suo disaccordo ed il suo odio verso la famiglia Sheen.
"So che non è una buona idea, ma Tom vive qui, ed io ho bisogno di parlargli al più presto."
Adam annuisce, poi scende dalla macchina, invitandomi a fare lo stesso.
Alexa ci viene ad aprire.
È molto cambiata dall'ultima volta che l'ho vista. La pelle del viso è ancor più piena di rughe, il suo corpo pare essere dimagrito notevolmente, o forse è solo frutto della sua età avanzata.
"Signorina Lenah"-esclama sorpresa, aprendosi in un caldo ed accogliente sorriso.
"Signorino Adam."
"Ciao, Alexa"-fa lui "ti prego, non chiamarmi così, mi fai sembrare quel rimbecillito di Sh..."
"Adam, non cominciare"-gli sussurro con un'occhiataccia.
"Cercavi il signorino Andrew?"-Alexa si rivolge a me.
"Oh, no"-alzo le mani "cercavo Tom, a dire il vero. Mio...mio padre."
"Finalmente mia figlia mi chiama come si deve"-Tom sbuca all'improvviso "dovrei segnarmelo sul diario personale? O sul calendario? Forse il calendario è meglio..."
"Tom"-entro in casa.
Lui rotea gli occhi.
"Ecco fatto. Addio alla parola 'papà'."
"Dobbiamo assolutamente parlare, noi due."
"Bene. Di che?"
"Della notte della morte di mia madre" dico decisa.
"Adam è qui per assicurarsi che tu non faccia passi falsi."
Lui scoppia a ridere.
"Passi falsi? Cos'è, la tua guardia del corpo?"
Mi mordo il labbro, maledicendo me stessa per l'errata scelta di parole.
"Le guardie del corpo servono a proteggere il soggetto da possibili assassini fuori di testa, infatti"-ribatte Adam in tono gelido.
Tom lo guarda, sollevando le sopracciglia, poi fa una smorfia e rivolge il suo sguardo su di me.
"Non so di cosa tu stia parlando, ragazzo."
"Sì, che lo sai!"-urla Adam perdendo la pazienza.
"Ho ricordato"-taglio corto.
"Bene. Sono felice per te."
"Tu..."-mi si spezza la voce "tu hai cercato di uccidermi!"
"Ebbene, sì"-dichiara lui senza il minimo accenno di rimorso.
Resto spiazzata di fronte a tutta questa noncuranza da parte sua.
"Ma non te ne frega mai un cazzo di Lenah?"-sbotta allora Adam "è tua figlia, dannazione!"
"Lo so perfettamente, giovanotto"-ribatte Tom lievemente piccato.
"Tu mi volevi uccidere, come hai fatto con mia madre, bastardo!"-esclamo.
"Signorina, non iniziare con gli insulti."
"Come sarebbe a dire? Tu volevi sterminare tutta la tua famiglia, ed io non ti dovrei insultare, come minimo?"-sto urlando.
Lui sbuffa.
"Ero ubriaco, okay?"-dice infine "ed è vero. Ho pensato di farti fuori; tu eri un testimone scomodo e non mi importava delle conseguenze. Però, sei riuscita a fuggire, perché nel frattempo è arrivata la polizia, chiamata dai vicini ficcanaso. Mi hanno colto in flagrante, così mi hanno acciuffato e sbattuto dietro le sbarre. Ma ora sono qui, sono stato rilasciato ed ho scontato i miei anni di galera. Quindi, ti sarei grato se la smettessi con questa storia."
Lo guardo con rabbia e disprezzo, mentre le lacrime minacciano di uscire.
"Adam, andiamo. Non ho più nulla da dire a quest'uomo"-dico avviandomi verso la porta.
"Ma guarda un po' chi si rivede, dopo la sua grande fuga."
Mi volto verso Damien, comparso in cima alle scale.
"Stavamo andando via"-ribatto secca.
"Ah, che peccato. Posso sempre offrirvi qualcosa, da buon padrone di casa, però."
"No, grazie"-stavolta è Adam a parlare.
"Andrew!"-grida Damien "perché non vieni a salutare gli ospiti?"
Mi volto di scatto quando sento una porta sbattere.
Andrew fa il suo ingresso, uscendo dal corridoio dove c'è la palestra.
Il cuore mi sprofonda.
"Lenah?"-fa lui, visibilmente sorpreso.
"Andrew"-dico avvicinandomi a lui.
"Stai bene?"-gli sussurro "tuo padre ti ha ancora..."
"No"-scuote la testa, posandomi le mani sulle spalle.
"Mi stavo solo allenando."
Annusico piano, allontanandomi da lui.
"Grazie per aver chiarito la visione del mio passato, Tom"-dico lanciandogli una rapida occhiata "non ho niente a che fare con te, da adesso in poi."
Detto questo, esco di casa con Adam al mio fianco, montando sulla sua macchina per tornare di nuovo a casa.
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Pain is human
RomansaLenah Ariston si sta riprendendo dalla sua esperienza in manicomio; sta cercando di rifarsi una vita, ha conosciuto nuove persone. Una di queste è un ragazzo, Andrew Sheen, conosciuto in manicomio e che poi la ospita in casa sua, una volta usciti e...