Capitolo 10

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Sento bussare freneticamente alla mia porta.

Vado verso di essa e la apro.

Adam mi spinge dentro, ha in viso un'espressione tra il serio e l'allarmato.

"Adam, cos..."

"Lenah"-mi interrompe "la lametta. L'hai presa tu?"

Resto spiazzata.

"Come? No"-ribatto "ce l'hai tu."

"Non la trovo"-scuote la testa, visibilmente agitato.

"Ti prego"-mormora "se l'hai presa tu, dimmelo. Devo saperlo."

"No"-dico "te lo giuro."

Lui mi guarda negli occhi a lungo, poi sospirando pesantemente, distoglie lo sguardo.

"L'ho persa. Merda, Lenah. L'ho persa."

"Va tutto bene"-dico a voce bassa.

"Per te era importante."

"Magari non hai cercato bene"-provo a dirgli, ma mi sento un'idiota appena apro bocca.

Lui annuisce sovrappensiero.

"Vuoi ancora andare via?"-chiede poi.

Lo fisso.

"Certo"-rispondo.

"Sei pronta?"

"Ora?"-chiedo, leggermente sorpresa.

"Sì"-ribatte "dobbiamo andarcene di qui"-lo sento mormorare tra sé e sé.

Usciamo dalla stanza ed Adam va verso la sua, dalla quale esce poco dopo con un piccolo borsone in mano, giusto per contenere il necessario.

Nell'istante in cui ci voltiamo, però, Andrew esce dalla sua camera, cogliendoci in flagrante.

"Andate da qualche parte, di preciso?"

Adam digrigna i denti.

"Mi dispiace per te, amico, ma sì."

"E dove?"

Ha un'aria sfacciata.

Lo guardo, incerta di conoscere la persona che si trova davanti a me.

I suoi occhi si posano nei miei.

"Te ne stai andando, Lenah?"

Deglutisco.

"Secondo te?"-interviene Adam.

Andrew sbuffa sonoramente.

"Non preoccuparti. Troverò la lametta. È solo che è rimasta sempre dove l'ho lasciata. Non capisco"-mormora frustrato avvicinandosi a me.

Evidentemente, però, il suo tono di voce non è abbastanza basso per evitare di farsi sentire da Andrew:

"Cercavi questa?"

Metto a fuoco ciò che sta tenendo tra due dita, accurandosi di tenerla bene in vista. Sgrano gli occhi.

Ha la mia lametta.

"Figlio di puttana!"-esclama Adam, pronto a scattare verso di lui.

Andrew sorride beffardo.

"Come hai la m-mia lametta?"-balbetto.

"L'ho trovata."

"Hai frugato nella mia stanza!"-urla Adam.

"Calmati. Ho solo dato un'occhiata. Dovevo cercare delle...cose di personale importanza, delle prove, ecco. E cosa trovo?"-fa un cenno all'oggetto che ha in mano.

"Delle prove?"-Adam è furente "cosa diavolo pensi di trovare nella stanza di questa casa! Se dovessi nascondere qualcosa non sarei così stupido nel scegliere come nascondiglio un posto del genere, dove uno stronzetto ficcanaso come te possa frugare nelle mie cose!"

"Era un mio diritto"-Andrew è serio, adesso.

"Che stronzate stai sparan..."

"Dammi la lametta"-cerco di mantenere una voce abbastanza ferma.

"Perché?"-chiede Andrew "perché ce l'ha Smith? Perché la vuoi? È così importante per te?"

"Non sono affari tuoi"-ribatte Adam, dando voce ai miei pensieri.

Andrew lo ignora. Continua a guardarmi negli occhi, come se volesse leggermi dentro, scavare nel profondo della mia anima, per avere accesso ai mei segreti.

Voglio distogliere lo sguardo, ma non ci riesco.

Lui solleva la lametta ancora di più, portandosela così davanti agli occhi.

La avvicina al viso. Inclina la testa.

"Ed...è sangue, questo?"-chiede quasi con leggerezza, scrutandola.

Adam fa per parlare, ma io non gliene do modo.

"Dammi quella dannata lametta, maledizione!"-esplodo "smettila di parlarne con così tanta leggerezza, perché non capisci. Non puoi capire!"

"È importante per te"-mi interrompe "perché la usi per tagliarti, non è vero?"

"Non deve interessarti."

"Mi interessa, invece"-scandisce "mi devi delle spiegazioni."

"No, invece"-replico, ma lui è già scattato, più veloce di Adam, e mi sta trascinando in una stanza.

Fulmineo, chiude la porta a chiave.

Mi guardo velocemente intorno.

È la sua stanza.

Andrew si volta verso di me, si appoggia con tutto il corpo alla porta.

"Fammi uscire!"-grido.
"Non finché non mi dirai che diavolo è questa"-mi mostra la lametta.
"È una lametta"-dico con voce rabbiosa "una fottutissima e comune lametta. Contento? Ora apri la porta."
"No. Non sono contento"-freme "perché ce l'aveva Smith?"
Apro la bocca per replicare.
"Avevo ragione, Lenah. Ti ha minacciata? Ti ha fatto del male in qualche modo?"
"No!"-esclamo "apri questa maledetta porta!"
"Perché c'è del sangue sopra?"
"Perché...sono un'autolesionista, Andrew. Ecco. L'ho detto."
"Perché, Lenah?"-la sua voce si abbassa di un'ottava.
"Di certo non ho voglia di parlare con te, adesso"-ribatto acida.
Lui si passa una mano tra i capelli, sospira, chiude gli occhi un istante.
"Va bene"-si arrende infine "ma se solo Smith ti ha fatto del male, io..."
"Adam non mi ha fatto del male!"-scandisco "e non lo farebbe mai."
"Adesso. Apri. La. Porta."
Fa scattare la serratura con un singolo gesto, tiene gli occhi bassi.
Appena apre la porta, Adam entra come una furia.
"Stai bene?"-mi chiede.
Annuisco.
"Non so se romperti una sola cosa o tutto ciò che c'è nella mia lista delle cose da fracassarti in questo momento."
"Levami le mani di dosso"-Andrew si libera dalla presa di Adam.
"Andiamo"-gli dico.
"Cosa?"-mormora Andrew.
Quando gli passo accanto, mi volto verso di lui.
"E comunque, qui l'unica persona che mi abbia mai minacciata è tuo padre."
Lascio la stanza, scendo le scale insieme ad Adam, il quale apre la porta con un singolo, semplice gesto.
Sto per uscire anch'io, ma Andrew mi blocca per un braccio.
Mi guarda intensamente negli occhi.
"Non andare, ti prego"-mi supplica "Smith non ti merita. E se è per Melody, o per mio padre, posso risolvere ogni cosa; ma ti prego, resta."
Scuoto la testa.
"Lasciami andare"-mi libero dalla sua presa.
"Ti prego"-lo sento mormorare mentre raggiungo Adam che nel frattempo è già salito in macchina.

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