Oggi ho ricevuto nuove notizie da parte di Ash. Brendan sta peggiorando e lei sarà sottoposta ad un processo.
Ha detto di non preoccuparmi: nel caso in cui dovesse uscirne colpevole, il padre cercherà di aiutarla in ogni modo possibile, a cominciare dal trovarle un buon avvocato.
Dovrei essere tranquilla, ma non riesco a non pensare a cosa le succederà. Mi sembra di averla abbandonata. Come quando me ne sono andata dal centro di recupero.
Sbuffo sonoramente, poi mi dedico a lavare i piatti della cena di ieri sera.
Quando ho finito, vado in camera da letto e prendo la camicia bianca di Adam posta con cura sullo schienale della sedia.
Sa di sudore e di un lieve sentore di acqua di colonia...misto a qualcos'altro. Qualcosa di forte e delicato allo stesso tempo.
Scuoto la testa, porto la camicia in bagno, per lavarla.
Mentre la sto per gettare nella lavatrice, qualcosa all'altezza del colletto cattura la mia attenzione.
È una macchia rossastra sbiadita che adesso sembra non avere più alcuna forma, ma che è ugualmente troppo nitida ai miei occhi. Tutto ciò che vedo è il contorno delle labbra di qualcuno. Certo, non posso provarlo perché adesso il colore è quasi inesistete, ma la voce nella mia testa non ha intenzione di tacere.
Per il resto del tempo che mi separa dal rientro a casa di Adam, fisso nervosamente la camicia che ho riposto sulla sedia, cammino avanti e indietro e sono costretta a fermarmi ogni volta che sono sul punto di uscire di casa per andare da lui.
Non posso permettermi di essere irrazionale in questo momento.
Devo essere lucida quando gli farò la fatidica domanda che mi ronza in testa da quando ho visto quella dannata macchia.
"Sono a casa!"-esclama la voce tanto attesa. Smetto di mordermi le unghie e mi affretto a raggiungere Adam all'ingresso, percorrendo il corridoio come una furia.
La sua espressione cambia di colpo, ed il suo sorriso lascia il posto alla preoccupazione, che ora segna il suo volto.
"Qualcosa non va?"-balbetta.
"Stavo facendo la lavatrice ed ho preso la tua camicia, quella che usi per andare a lavorare e che hai risposto sulla sedia"-dico tutto d'un fiato. "E sai cos'ho trovato sul colletto?"-fremo "una macchia rossastra! Era evidentemente il segno di un rossetto, dato che aveva lo stampo delle labbra!"
Adam rimane immobile per una decina di secondi, mi fissa, poi scoppia a ridere.
Una risata strana.
"Lenah, la tua gelosia a volte alimenta la tua fantasia. Quella macchia me la sono fatta dal momento che c'è stato un piccolo incidente in cucina."
Mi acciglio. "Un incidente di che tipo?"
"Il cuoco mi ha passato un piatto con dentro della salsa al pomodoro, ma è scivolato e parte di essa mi è andata a finire sul colletto della camicia. Tutto qui."
Lo osservo, non sapendo se credergli o meno, ma non voglio essere costantemente preda dei dubbi, perciò scelgo di credere a lui. Di fidarmi e di non sospettare mai più.
Dopo la storia con Melody, purtroppo ho perso parte della fiducia che nutrivo per Adam, nonostante abbia cercato di ripristinarla. Ed ora, con tutto ciò che sta accadendo, sento che la sto perdendo a mano mano che la storia va avanti.
Quando sto con Adam, non avverto più quell'emozione sconfinata che provavo una volta e al posto della sensazione di serenità c'è solo il vuoto. Adesso questa sensazione riesco a percepirla soltanto con un'altra persona. Andrew.
"Lenah, tutto bene?"
La voce di Adam mi strappa dai miei pensieri.
"Sì. Senti, perché non andiamo a cenare nel ristorante dove lavori? Magari puoi farmi provare qualche prelibatezza particolare."
"Perché proprio lì?"-dice, mettendosi sulla difensiva.
"Insomma, ci sono altri ristoranti migliori in città."
"Sicuramente, ma io volevo provare quello."
"Sono appena tornato da quel posto"-fa una smorfia, "a dir la verità sono anche un po' stanco. Che ne dici se preparo io qualcosa?"
Lo guardo entrare in camera, poi lo seguo in cucina dopo che ha indossato una vecchia tuta.
"Era di mio padre"-dice rompendo il silenzio. "L'ho trovata in fondo al suo armadio quando sono andato a prendere le mie cose."
Sorride malinconico.
"A volte mi manca. Penso a lui e mi chiedo se io stia facendo qualcosa di buono. Se stia agendo bene e che se ci fosse ancora magari le cose non andrebbero così."
"Forse, chi lo sa"-dico posandogli una mano sulla spalla. "Ma Adam, sei un uomo adesso e sei tu il responsabile delle tue azioni. Sei tu che decidi come intraprendere la tua strada. E non puoi incolpare nessuno."
Le sue spalle hanno un fremito, poi si volta verso di me per passarmi un dito sulla guancia.
"Hai ragione. La colpa delle mie azioni è solo mia."* * *
Fisso la lavatrice in azione. Vibra ed emette un ronzio costante. Non è poi così fastidioso. Chissà, forse se mi concentro su di esso riuscirà a coprire ogni mio pensiero.
"Lenah, che stai facendo?"
Sobbalzo, voltandomi verso Adam, in piedi sulla soglia del bagno.
"Nulla"-scuoto la testa, sorrido. Spero che sia convincente, almeno un po'.
"Stavo solo pensando. Mi...ero persa nel movimento ipnotico dei panni nella lavatrice."
Alzo gli occhi al cielo e mi mordicchio il labbro, consapevole di ciò che ho appena detto. Mi aspetto che Adam si metta a ridere da un momento all'altro. Invece lui mi guarda per un po', irrigidisce la mascella, poi distende le labbra.
"Tra due ore inizio il turno, perciò..."-esita.
"Perciò?"
"Potremmo...sfruttarlo a nostro vantaggio"-tossicchia mettendosi il pugno davanti la bocca.
Deglutisco, schiarendomi la gola.
Avanza verso di me, mi afferra le spalle e mi fa alzare.
Per la prima volta dopo tanto tempo, mi perdo nei suoi occhi nocciola, ma stavolta riesco a mantenere la cognizione del tempo, della realtà che mi circonda. E noto che i suoi occhi non sono più così intensi come li ricordavo. Non riesco a sentire la sue dita sfiorarmi la pelle del viso, e nemmeno quando le sue labbra si posano sulle mie, morbide, riesco a sentirle veramente. Non provo neanche a chiudere gli occhi.
Si stacca da me non molto dopo, sembra scosso, profondamente. Pare aver ricevuto uno schiaffo in pieno viso, o essere stato investito da una secchiata d'acqua gelida.
Rimane con le labbra socchiuse, indietreggia.
"Scusami, devo andare."
Stringo le dita intorno al tessuto della mia maglietta, sospirando.
Il suono che indica il termine del lavaggio in lavatrice mi riscuote, così premo il dito sul pulsante di spegnimento e mi chino a raccogliere i panni. Gli occhi mi ricadono istintivamente sulla camicia bianca di Adam, che adesso giace su una pila di altri capi. Serro le labbra, ricordandomi le sue parole.
"È solo una macchia dovuta alla salsa al pomodoro"-dico a me stessa.
"Solo una macchia di pomodoro."
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Pain is human
RomanceLenah Ariston si sta riprendendo dalla sua esperienza in manicomio; sta cercando di rifarsi una vita, ha conosciuto nuove persone. Una di queste è un ragazzo, Andrew Sheen, conosciuto in manicomio e che poi la ospita in casa sua, una volta usciti e...