5 anni dopo
"Mamma!"
Mi volto per vedere mio figlio correre verso di me. Ha i capelli di un biondo scuro e due occhioni azzurri come il padre. Si attacca alla mia gamba e la abbraccia. Sorrido teneramente e mi chino su di lui per prenderlo in braccio, smettendo così di affettare le verdure per il pranzo.
Dalla morte di Andrew sono successe molte cose. Il chiarimento con Adam, il lavoro che ho trovato, la casa che ho comprato. Non mi sentivo di rimanere in un'abitazione non mia, in un posto dove ormai non avevo più scuse per restare. In questi cinque anni sono andata a trovare mio padre in carcere, ho avuto l'occasione di parlare con lui. E, anche se è difficile, a poco a poco ho iniziato a riappacificarmi con lui, a provare a perdonarlo. Gli ho fatto conoscere suo nipote, ed il luccichio di orgoglio che ho visto nei suoi occhi mi ha dimostrato che il suo pentimento è reale.
"È tuo figlio?"-ha mormorato, ed io ho annuito. "Si chiama Aaron."
Aaron Andrew Sheen.
Lo schiocco del bacio che mio figlio mi lascia sulla guancia mi fa tornare alla realtà. "Mamma? Hai sentito cosa ho detto?"
"Scusami, tesoro. Non stavo ascoltando."
"Quando verranno i nonni a trovarci?"
Povero piccolo. La sua è una famiglia distrutta, ma io non voglio che ne soffra più di quanto non dia a vedere.
Uno dei suoi nonni è in galera, l'altro è agli arresti domiciliari. Mia madre è morta e la sanità mentale di Cindy ha avuto un brusco declino dalla morte del figlio.
"Pensi che per Natale possano venire? E papà?"
Deglutisco a fatica sentendo le sue ultime parole. Nonostante siano passati cinque anni, ogni volta che penso ad Andrew il buco che ho al petto si allarga e mi impedisce di respirare. E le parole di mio figlio sono come aghi conficcati nella pelle.
"Non lo so, amore"-sospiro. "Sai, non credo però che papà possa venire. Il suo è un lavoro importante."
"Mi racconti un'altra volta la storia del suo lavoro? E mi puoi fare vedere la sua foto di nuovo? Così quando verrà non rischierò di fare una figuraccia non riconoscendolo. Invece voglio corrergli incontro ed abbracciarlo e...dirgli che gli voglio bene."
Sbatto le palpebre per evitare di scoppiare in lacrime davanti ad Aaron. È così innocente...non posso né riesco a dirgli cos'è successo veramente al padre. Perciò ho deciso di raccontargli una mezza verità, che ogni volta vuole sentire, prendendola come la storia da raccontare prima di dormire.
"Papà è in cielo per svolgere un compito davvero molto importante.
Ogni notte accende le stelle e fa salire la luna, mentre di giorno, fa sorgere il sole e si occupa di lui."
"Papà è una specie di angelo?"
"Oh, sì. Lo è sicuramente"-lo poso sul pavimento e lui mi abbraccia di nuovo la gamba, strofinandoci contro la faccia.
"E non puoi mai scendere giù da noi?"
"Temo di no, tesoro. Ma lui è come se fosse qui, con noi. Ci osserva dall'alto e ci protegge."
"Davvero?"
"Certo. Sarà sempre qui, con te"-dico toccandogli il petto in corrispondenza del cuore.
Sorride, ed il suo sorriso gli illumina i lineamenti.
Quando sarà più grande e più maturo, allora sarà il momento di dirgli la verità. Magari si tratta di un lontano futuro, o di uno così vicino che potrebbe trattarsi anche di domani.
Ma non oggi, non in questo momento.
Perché io sono la prima a non essere pronta, soprattutto dal punto di vista psicologico.
"Posso tenerla?"-sussurra Aaron guardando la foto che gli ho dato.
La osservo anch'io, per un po', non potendo ignorare il sorriso smagliante dell'Andrew ritratto. È uguale a suo figlio. Un ricordo vivente di lui e di ciò che è stato, che è e che sarà per me.
"Sì, puoi tenerla"-dico, e non serve molta immaginazione per sapere dove la metterà: sotto il cuscino.
Sobbalzo al suono del campanello.
"Ehi"-esclamo sorpresa, aprendo la porta.
"Ciao"-sussurra Adam.
"Zio Adam!"-urla Aaron correndogli incontro.
"Ehi, campione!"
Adam lo prende in braccio al volo ed Aaron gli circonda il collo con le braccia lanciando un gridolino.
Osservo la scena immobile, con un debole sorriso sulle labbra.
Ai lati della bocca di Adam compaiono delle fossette che accompagnano il suo sorriso mentre guarda Aaron.
Ad un certo punto si volta verso di me, regalandomi parte del suo sorriso che mi sorprendo a ricambiare.
"Rimani per pranzo?"-gli chiedo.
"Oh, beh...io..."-inizia a balbettare Adam.
"Sì, zio Addie, rimani!"-urla Aaron saltellando sul posto, che nel frattempo è stato messo giù.
Adam si passa in imbarazzo una mano fra i capelli, poi sulla nuca. Mi osserva, ed io alzo le spalle.
"Okay, va bene"-concede con un sorriso "rimango."
L'esulto di mio figlio mi riempie il cuore di gioia.
Adam mi sorride ed io faccio lo stesso, poi torno ai fornelli e li osservo mentre scherzano fra di loro. Le risate di Aaron mi giungono alle orecchie ed alzo lo sguardo dalla pentola sul fuoco per vedere Adam fargli il solletico.
Sospiro, pensando a come sarebbe se Andrew fosse qui. Adam è una figura maschile, ma non potrà mai sostituire il padre. Andrew era una persona stupenda e, vedendo il frutto del nostro amore, non posso fare a meno di domandarmi come sarebbe potuto essere se lui non ci avesse lasciati.
Se non avesse lasciato questo mondo.
Avremmo avuto una casa tutta nostra, e magari oggi saremmo stati seduti al tavolo della cucina noi tre: Andrew, Aaron ed io. A giocare con nostro figlio ci sarebbe stato lui ed io li avrei guardati mentre ero qui, in cucina, a preparare il pranzo. Ma la realtà non è questa.
Prendo un profondo respiro e mi asciugo una lacrima silenziosa.
"È pronto!"-esclamo afferrando la pentola e portandola in tavola.
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Pain is human
RomanceLenah Ariston si sta riprendendo dalla sua esperienza in manicomio; sta cercando di rifarsi una vita, ha conosciuto nuove persone. Una di queste è un ragazzo, Andrew Sheen, conosciuto in manicomio e che poi la ospita in casa sua, una volta usciti e...