Capitolo 28

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Adam ancora non si vede.
Tamburello le dita sul tavolo della cucina, poi mi alzo di scatto e me ne vado in bagno, dove mi lavo i denti e mi rinfresco il viso.
Sento la porta d'ingresso sbattere, dei passi strascicati in corridoio.
Chiudo il rubinetto con il cuore in gola, per impedire all'acqua di continuare a scorrere e a fare rumore.
Lentamente, mi avvicino alla porta del bagno, la accosto e spengo la luce.
Non riconosco la camminata di Adam, così mi nascondo dietro la porta, credendo che sia entrato un ladro in casa.
Appena la porta del bagno si apre, salto addosso all'uomo che è entrato.
Emette un lamento, mi blocca le braccia in meno di un secondo.
La luce si accende improvvisamente accecandomi per un breve momento.
Sbatto le palpebre rapidamente, il respiro pensante.
"Adam?"
"Che diavolo ti prende?"-si lamenta, stringendo gli occhi.
"I-io credevo che tu fossi...oh, ma che diamine prende a te !"-urlo, "sparisci per un tempo infinito, poi torni e puzzi di..."
La voce mi si affievolisce.
"Puzzi di fumo di sigaretta e di alcool"-sussurro.
Non risponde. "Pensavi che fossi chi, eh? Sheen?"
"Ma che ti viene in mente?"
Chiude la porta a chiave e mi ci spinge contro, stringendo la presa sui miei polsi.
"Lasciami andare"-dico, tentando di mantenere la calma.
"Pensavi fosse lui, non è così? Speravi che venisse qui, mentre ero via? So come vi guardate, non sono uno stupido!"
Sono sconvolta dalle parole che sta biascicando.
"Sei ubriaco..."
"Quello stronzo...si permette anche di dire certe cose e di insinuare dubbi!"
"Sei un'altra volta ubriaco!"
"Non lo sono. Smettila di guardarmi come se fossi una merda ambulante!"
Stringo gli occhi, stordita.
"Lasciami, mi fai male."
Non lo fa.
"Adam!"-esplodo.
Mi guarda sconvolto da sé stesso, gli occhi lucidi. China il capo sulla mia spalla, poi mi lascia andare lentamente.
Sguscio fuori dalla stanza appena libera, lasciandolo accasciato sulle mattonelle del bagno, ubriaco e confuso.
Il giorno dopo, Adam tenta in tutti i modi di iniziare una conversazione con me.
Inizialmente lo evito, fingo di essere occupata a svolgere qualsiasi cosa che possa rimandare la mia conversazione con lui. Sono confusa, arrabbiata e delusa dal suo comportamento.
"Lenah..."-prova a chiamarmi per l'ennesima volta.
"Ti prego."
Mi si para davanti e mi prende per un braccio. Distolgo lo sguardo.
"Guardami. Ho bisogno di parlarti."
"Sei tornato a casa ubriaco fradicio un'altra volta, Adam"-dico, "ti rendi conto? Sei un immaturo!"
Alza le mani. "Lo so, mi dispiace, ma...non so come abbia fatto a perdere il controllo."
"Stai dicendo che non sai come tu ti sia potuto ubriacare così quando sei uscito per andare al cimitero a trovare tuo padre? Perché questa cosa sfugge anche a me. Com'è possibile, eh? Un barbone ti ha offerto una bottiglia di birra e tu te la sei scolata di fronte la lapide di Malcom? O sulla via del ritorno ti sei perso e sei accidentalmente entrato in un pub?"-urlo, fuori di me.
"Dimmelo, Adam. Credevo volessi restare solo, per riflettere su non so cosa in realtà, e torni a casa che è un miracolo che ti reggi in piedi e mi aggredisci sparando le cazzate che in quel momento ti passano per la testa. E sai perché non so su cosa dovevi riflettere? Perché tu non mi parli. Perché ti pari il culo dietro la scusa del lavoro e non troviamo mai il tempo adatto per parlare seriamente di noi, dei nostri problemi."
Adam sobbalza. "Quali problemi?"
"È evidente che ce no sono parecchi, non negarlo."
Distoglie lo sguardo per passarsi una mano sul viso, sospirando pesantemente.
"Mi dispiace per aver detto quelle cose su...Sheen. Evidentemente non ero in me e l'irritazione per le sue parole più la sbronza non deve aver prodotto un buon risultato."
Annusico mentre lui abbassa gli occhi, anche se solo per un istante.
Deglutisce.
"A cosa stai pensando?"-chiede, pianissimo.
"A tutto quello che ci sta succedendo, Adam"-dico, scuotendo la testa.
"Sei diverso, non sei come ti ricordavo. Adesso torni la sera tardi che sai di fumo di sigaretta e che sei ubriaco fino al midollo, che biascichi parole orribili e che tenti di aggredirmi. Dici che vuoi stare solo, e poi dici di dover correre al lavoro. Non abbiamo mai del tempo per noi due. Non so dove vai, cosa fai. Non so niente. Non so neanche dove lavori tu, ad essere sinceri. Ho dovuto pregarti per sapere il nome del tuo locale. Non mi parli dei tuoi colleghi, ma all'improvviso me ne piomba una in casa. Non so più cosa pensare, Adam, ecco tutto."
Adam emette un verso basso, che non so definire. "Ancora con la storia di Megan?"-domanda, e mi viene la voglia di prenderlo a schiaffi.
"Non è 'la storia di Megan', Adam. E lo sai anche tu. Sai che ho ragione, ma non vuoi ammetterlo. Non ti puoi presentare con una ragazza di cui non so neanche l'esistenza ed invitarla a pranzo automaticamente."
"È stato solo un pranzo innocente, non mi sembra sia stato poi così male."
"Ah, ma davvero? Cosa faresti se invitassi un ragazzo a pranzo di punto in bianco?"
Spalanca la bocca, poi la richiude, decidendo di restare in silenzio.
Scuoto la testa sorridendo amaramente. "Come pensavo."
Me ne vado, chiudendomi la porta della camera alle spalle.

"Troveremo il tempo per chiarire?"-chiede Adam rompendo il silenzio che alleggia tra di noi da più di un'ora.
"Non lo so, dimmelo tu"-lo indico con un gesto carico di esasperazione.
Ha indossato la divisa da cameriere ed ora armeggia con i bottoni della camicia bianca. Mi sforzo di non seguire con lo sguardo le sue mani che si muovono agili sfiorando il petto.
"Adesso ti stai vestendo per andare al lavoro, no?"
Annuisce, in silenzio.
"Sei un uomo super impegnato"-commento, acida.
"Lenah, amore..."
Lo fulmino con un'occhiata e lui sbuffa, stanco.
"Ho già saltato due giorni"-dice con calma. "Non posso saltarne un terzo, o verrò licenziato."
"Ci mancherebbe, Adam. Adesso corri, o arriverai in ritardo"-ribatto sarcastica.
"Lenah, ma perché non..."
"Che cosa, Adam?"-esplodo. "Perché non capisco? Perché non provo a collaborare e ad essere una cara, docile fidanzata? Perché è vero: non capisco perché tu debba fare così, perché improvvisamente tu abbia iniziato a bere così tanto. Mi stai nascondendo qualcosa, Adam, ma se non ti decidi a parlarne con me, allora complicherai le cose."
"Non ti sto nascondendo nulla..."
Siamo in corridoio, sta indietreggiando verso la porta.
"Devo andare, adesso. Ne parleremo stasera"-conclude sbrigativo.
"Se non hai intenzione di dirmi cosa ti sta succedendo, e preferisci continuare a trattarmi come una stupida, allora fai pure. Sappi però che scoprirò da sola cosa mi nascondi!"-urlo prima che la porta si chiuda definitivamente alle sue spalle.

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