È mattina, e sono in cucina ad aspettare che arrivi Andrew per mettere in atto il piano.
Stanotte ho dormito nella stanza degli ospiti, non sentendomi in vena di restare accanto ad Adam dopo la nostra ennesima discussione.
Finalmente, il campanello suona ed io mi precipito fuori dalla porta.
"Smith è al lavoro?"-chiede dopo avermi salutata con due baci sulla guancia.
"È uscito circa venti minuti fa-dico.
"E come farai a sapere dove andare? Credevo avessi detto di non sapere dove lavorasse."
"Non è ancora andato via. La sua macchina ha avuto una sorta di guasto, ma è riuscito a risolvere il problema. Dovrebbe uscire dal garage tra poco."
Come a conferma delle mie parole, ecco che l'Audi nera di Adam scivola sulla strada a pochi metri da noi, che ci siamo rifugiati nella decappottabile di Andrew.
"Cacchio, è vero. Mi fai paura, hai calcolato tutto?"
Rido, involontariamente. "Dài, seguilo."
Mette in moto e iniziamo ad andare dietro l'Audi.
Dopo pochi minuti e parecchie svolte sia a destra che a sinistra, arriviamo di fronte ad un pub dai mattoncini rossi.
"Lavora qui, quindi?"-Andrew dà voce ai miei pensieri. Sbatto le palpebre più volte, prima di aprire la portiera dell'auto. "Ti accompagno"-dice Andrew raggiungendomi.
"Non ce ne è bisogno, vado io."
"Non era una domanda. Ti accompagno"-ripete.
"Andrew"-dico, alzando le mani. "Ti ringrazio per quello che hai fatto, davvero, ma preferisco entrare da sola, adesso."
Sospira, poi annuisce, abbassando gli occhi.
Entro dentro il locale, prendendo un respiro profondo. Gli interni scuri gli conferiscono un'aria moderna.
"Buon giorno, desidera?"-mi domanda un'uomo avvicinandosi.
È sulla cinquantina, i capelli radi e tendenti alla calvizie.
"Ehm...volevo un tavolo"-dico prima che possa fermarmi.
"Per una persona?"
Annuisco. "Prego"-me ne indica uno verso l'entrata delle cucine.
"Le mando subito un cameriere a servirla."
Poco dopo, un menù si materializza davanti a me.
"Questo è il men..."-la voce del cameriere si blocca. Alzo lo sguardo, incrociando quello nocciola di Adam.
"Che diavolo ci fai qui?"
"Uhm, credo che questo locale non sia rinomato per la gentilezza e l'accoglienza dei camerieri"-commento sarcastica, ad alta voce.
"Non fare così"-dice a mezza bocca. "Come sei venuta qui?"
"Avevo fame."
"Ma se..."
"Perché sei a disagio? Sono una cliente come tutte le altre."
"Ci sono dei problemi qui, Adam?"-interviene l'uomo di poco prima, che deduco sia il capo cameriere.
"No, signore."
"Molto bene. Allora prendi le ordinazioni della signorina e smettila di fare sempre il don Giovanni."
" 'sempre il don Giovanni?' "-ripeto, dopo che l'uomo si sia allontanato abbastanza. "Che significa? Che fai il cascamorto con tutte le ragazze che vengono qui?"
"Abbassa la voce, dannazione"-sussurra.
"Perché? Hai paura che ti possano licenziare? Fai bene."
Mi alzo di scatto dalla sedia.
"Lenah, dove stai andando?"
"Me ne torno a casa, e ti aspetto per tempo, sobrio e soprattutto che non odori di fumo di sigaretta!"-urlo attirandomi gli sguardi dei presenti addosso.
"Lenah!"
Cerca di prendermi per un braccio, ma lo ritraggo all'istante.
"Aspetta qui. Prendi ciò che vuoi, lo pagherò io. Così quando staccherò dal turno, torneremo a casa insieme."
"No, Adam. Non hai capito. Io torno a casa adesso, e ti aspetterò là."
"Non hai una macchina, e..."
"Chi te lo dice?"-lo interrompo, e lui spalanca la bocca. "Come sei venuta?"
"Ho chiesto un passaggio"-scrollo le spalle.
"Un passaggio?"-assottiglia gli occhi.
"Sì"-dico alzando il mento. "Ad Andrew."
Adam sgrana gli occhi, ma io gli volto le spalle.
"No...Lenah!"-lo sento gridare prima che la porta del locale mi si chiuda alle spalle.
Andrew aspetta appoggiato alla sua macchina bianca.
"Che cos'è successo lì dentro?"
"Nulla di particolare"-rispondo, ed è vero, in realtà. "Il solito litigio."
Sta per dire qualcosa, ma dico di essere stanca e che non mi va di parlarne. Così, Andrew mi riaccompagna a casa in silenzio e mi saluta raccomandandosi di chiamarlo se qualcosa non va, poi va via.
Sospiro tristemente entrando in casa.
La verità è che mi sento terribilmente in colpa, adesso. Sto sfruttando Andrew per i miei scopi personali e, anche se sembra non curarsene più di tanto, so che sta male per questo.
Mi dispiace tantissimo, sono solo un'egoista, una parassita che si approfitta dei sentimenti di qualcun altro. E tutto questo perché la relazione con Adam mi sta travolgendo portandosi con sé tutti i suoi problemi.
Proprio nel momento in cui sto facendo questo tipo di riflessioni, Adam entra in casa.
Parlando del diavolo...
"Sei tornato"-dico soltanto, incrociando le braccia sul petto.
"Ti ha portata a casa Sheen?"-chiede lui, in un sussurro così basso che potrebbe sembrare che sia stato solo frutto della mia immaginazione.
"Sì. Sai, avevo bisogno di un passaggio ed io non guido ancora"-alzo le spalle. "E poi,"-aggiungo, presa da una voglia improvvisa di stuzzicarlo "non mi sembra che ci sia nulla di male, dato che anche tu ti sei fatto dare un passaggio, non è così? E penso anche di sapere chi sia l'anima tanto pia che ti ha aiutato in un momento di difficoltà."
Capisco di essere sulla strada giusta quando la mascella di Adam ha un guizzo, per poi contrarsi notevolmente.
"Megan è stata proprio gentile"-commento non nascondendo una nota di sarcasmo.
"Dove vuoi arrivare?"
"Da nessuna parte. Perché, dovrei forse arrivare a qualcosa, Adam?"-domando, mentre la mia voce si alza di un'ottava.
"No. Ma se adesso ti metti a chiedere passaggi per rinfacciarmi quello che ho fatto..."
"Non ti sto rifacciando niente. Andrew è stato solamente gentile."
"Sheen non deve impicciarsi dei nostri affari."
"Adam! Possibile che non...dannazione, sei così accecato dalla gelosia che vedi dei secondi fini ovunque!"
"Non ovunque. Quando si tratta di Sheen. Mi hai forse preso per un'idiota?"
La mia bocca si spalanca, e non riesco più ad emettere alcun tipo di suono.
"Non posso credere che tu sia diventato così. Che siamo arrivati a questo punto."
Adam si passa una mano sul viso, esausto, fa per ribattere, ma lo squillo del telefono non glielo permette.
Sobbalzo, poi vado a rispondere dopo che Adam ha emesso un sonoro sbuffo di irritazione.
"Pronto?"
Non appena sollevo la cornetta, una strana sensazione di tensione si fa strada in me, e si accentua con il sentire dei singhiozzi in sottofondo.
"L-Lenah"-dice, "a-aiutami."
Il cuore mi si stringe in una morsa non appena sento la sua voce. È Ash.
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Pain is human
RomanceLenah Ariston si sta riprendendo dalla sua esperienza in manicomio; sta cercando di rifarsi una vita, ha conosciuto nuove persone. Una di queste è un ragazzo, Andrew Sheen, conosciuto in manicomio e che poi la ospita in casa sua, una volta usciti e...