parte 37

147 4 7
                                    

Nel tempo che servii per scendere dalla ruota avevamo già perso di vista i nostri obbiettivi. Ero sul punto di suggerire che potevamo anche lasciar perdere tanto non li avremmo mai ritrovati e che quindi tanto valeva ritornare sulla ruota o meglio ancora andare via così potevamo rimanere da soli. Lui però adesso era entrato in modalità spia e cominciò a camminare nella direzione dove avevamo visto gli uomini. Rassegnata lo seguii. Al contrario di Giuseppe io non ci provai neanche ad impegnarmi. Mi limitai a camminargli dietro e ad osservare quanto fosse ancora più bello quando era concentrato. Tutto questo era molto frustrante e mi irritava che lui osasse andarsene in giro così come se nulla fosse. Come sempre non ci pensava a me. Ero persa nelle mie fantasie quando un movimento catturò la mia attenzione. Girai di scatto la testa in tempo per vedere uno dei nostri sospettati sparire dietro un edificio. Fermai Giuseppe prendendolo per un braccio. Lui mi guardò confuso.
-Ho appena visto uno degli uomini andare là dietro- lo avvertii. Lui mi sorrise soddisfatto e poi con mia grande sorpresa mi fece l'occhiolino.
-Ottimo lavoro- disse con un sorrisetto. Senza aggiungere altro si avviò. Non specificai che era stato praticamente un errore, anche perché ero troppo impegnata a morire dentro. Doveva darsi una calmata. Forse non si rendeva conto di quanto fragile fossi in questo momento. Lo seguii diligentemente e ci infiliammo dietro l'edificio. Ci guardammo un po' intorno ma non c'era nessuno. Dovunque fossero finiti gli uomini non erano più lì. Ciò significava che, finalmente, ero sola con Conte. Certo, non un posto molto privato, ma almeno non c'erano persone in giro. Lui intanto continuava a guardarsi intorno. Mi chiesi come facesse ad essere cosi concentrato. Dal nostro incontro sulla ruota c'era solo una cosa a cui riuscivo a pensare, e non aveva nulla a che fare con la nostra ricerca. E adesso era lì davanti a me, che osservava con attenzione ogni cosa che ci circondava. Mi ero stufata di dover sempre aspettare. Se i tizi se n'erano andati, se n'erano andati. Pace. Così andai da lui e lo feci girare con forza verso di me. Lui mi guardò sorpreso per un secondo, ma non gli diedi neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo che lo baciai. Lui rimase immobile per un attimo, poi rispose al bacio con altrettanta foga. Sorrisi soddisfatta. Lo sapevo che in realtà anche lui moriva dalla voglia. Con la stessa concentrazione con cui lui aveva cercato i nostri obbiettivi, io cercai un posto dove potevamo appartarci. Cosa difficile perché continuavo ad essere distratta dai baci di Giuseppe e dalle sue mani che mi stringevano. Poi lui cominciò a spingermi, prima con delicatezza e poi con più forza fino a farmi sbattere contro il muro. Si staccò solo per guardarmi negli occhi. Valutai la situazione. Da un lato questo non era esattamente il migliore dei posti, ma dall'altro io stavo morendo e non ne potevo più di aspettare. Annuii e lui sorrise prima di riprendere a baciarmi. Una sua mano scivolò sotto la mia maglia dritta sul mio fianco e provai il forte impulso di tirare una testata al muro e ammazzarmi. Fortunatamente, o più precisamente purtroppo, non ce ne fu bisogno.
-Bene bene, ma cosa abbiamo qua?- disse all'improvviso una voce. La registrai a malapena, troppo persa con Giuseppe. Lui però aveva sentito bene e si staccò di colpo. La trovai una cosa dannatamente ingiusta, forse la cosa più crudele dell'universo.
Guardai malissimo l'uomo che ci aveva interrotto. Era uno di quelli che avevamo seguito, gli altri due gli stavano dietro con delle armi puntate verso di noi. A questo punto potevano anche spararmi, tanto avrebbe comunque fatto meno male di quello che stavo provando adesso.
-Venite con noi- disse l'uomo. Guardai giuseppe. Sembrava sconvolto e frustrato. In una situazione normale avrebbe dovuto cercare di risolvere la situazione, ma era evidente che anche lui stesse avendo i miei stessi problemi. Finalmente mi capiva, cominciavo a pensare che fosse impossibile smuoverlo. A questo punto non avevamo altra scelta che seguire gli uomini, così lo facemmo. Non registrai neanche dove stavamo andando, ma dopo poco passammo per una porta nascosta ed entrammo in una specie di edificio sotterraneo. Doveva essere la base segreta del Tedesco. Beh, c'era da dire che alla fine l'avevamo trovata.
Se solo fossimo riusciti a liberarci dalle guardie saremmo potuti scappare, avremmo terminato la missione e saremmo potuti passare ai nostri affari privati. In questo momento mi sentivo come se avessi potuto sconfiggere un esercito intero, ma poi successe una cosa terribile.
-Separateli- disse l'uomo ai due che ci stringevano. Questa proprio non ci voleva. Apparte che da soli avevamo meno possibilità di scappare, non potevo sopportare di essere separata da lui. Essere lontani era completamente l'opposto di quello che volevo. Però i nostri carcerieri non capivano questo mio disagio così ci portarono in due direzioni diverse.
Finii rinchiusa in quella che supposi essere una stanza da interrogatorio. Mi legarono ad una sedia e la cosa mi irritò parecchio. C'era un solo uomo che poteva legarmi così, e in questo momento si trovava probabilmente nella mia stessa situazione. Questo pensiero però ebbe solo l'effetto di peggiorare la mia già fragile situazione. Mi scappò un suono sofferente, che l'uomo evidentemente assegnato al mio interrogatorio interpretò male.
-Troppo stretto? Bene, magari ti verrà voglia di parlare- disse sorridendo. Non sapeva quanto si sbagliava. Se voleva ottenere dei risultati avrebbe dovuto lasciarmi sola in una stanza con Giuseppe per un'ora poi avrei cantato come un usignolo. Non mi importava poi così tanto di questa missione in realtà. Se il Tedesco voleva conquistare il mondo che lo facesse pure. Fino a che potevo stare con Conte niente importava.
-Dimmi, cosa ci fate quà?- chiese l'uomo con un tono che doveva essere minaccioso. Peccato che non me ne fregasse nulla di quello che diceva o di quello che faceva o di lui in generale. Non gli risposi. Lui lo prese come resistenza e continuò a farmi domande su domande, sempre più incazzato. Io non capivo neanche quello che stava dicendo, né tantomeno sapevo cosa rispondere. L'unica cosa che potevo dire era che volevo stare con Giuseppe. Ma il tizio continuava a rompere i coglioni. Stavo per sputargli in un occhio. Ero sempre più nervosa e frustrata e quest'uomo mi stava irritando parecchio. Così sbottai.
-Senti grandissimo pezzo di str...- cominciai a dire. Fui interrotta dal suono della porta che veniva buttata giù. Un suono difficilmente non udibile, che fece voltare di scatto la mia testa.
Quello che vidi sulla porta era Giuseppe. Aveva il fiatone, e un lieve strato di sudore gli ricopriva la fronte. La maglia mezza strappata lasciava intendere che aveva lottato per liberarsi.
L'uomo che mi stava interrogando, molto meno impressionato che di me, gli andò contro, ma fu prontamente messo al tappeto da un Giuseppe Conte incazzato come non lo avevo mai visto. Questa visione mi fece agitare sulla sedia come una dannata.
Cercai di liberarmi ma nonostante l'adrenalina non riuscii. Vedendomi in difficoltà la spia corse da me e mi sciolse dalla sedia. Mi alzai come se avessi avuto una molla sotto il culo. Non avrei resistito un altro secondo, stavo impazzendo. Quando me lo trovai davanti non feci storie. Lo afferrai per le spalle e lo spinsi. Lui sbatté contro il tavolino, finendoci sopra. In condizioni normali probabilmente mi avrebbe fermato, ma adesso eravamo sullo stesso livello e quando finalmente tornai a baciarlo non si oppose. Anzi, riuscì a ribaltare le nostre posizioni e mi trovai seduta sul tavolino, Giuseppe che mi baciava con sempre più foga. Il problema era che nonostante tutto ci trovavamo pur sempre in una base nemica, e non fu una sorpresa quando un secondo uomo, probabilmente attratto dal rumore, si affacciò alla porta. Ci guardò confuso, poi quando si fu ripreso tirò fuori una pistola e venne verso di noi. Certo, lui era avvantaggiato, ma c'era un limitato numero di volte in cui potevamo essere interrotti prima che perdessi la ragione. Spinsi Conte liberandomi dalla sua presa. Scesi dal tavolino e attaccai l'uomo. Successe tutto molto in fretta e lui non si rese neanche conto a pieno di cosa fosse accaduto prima di trovarsi disteso svenuto. Quando ebbi fatto mi girai verso Giuseppe. Lui mi stava fissando ad occhi sgranati. Feci un sorrisetto soddisfatto.
-Dobbiamo andarcene via di quà- disse in tono urgente. Non me lo feci ripetere due volte e uscii dalla stanza. Lui mi seguì e cominciammo a correre per i corridoi. Non incontrammo nessuno grazie al cielo, però a metà strada fui colpita da un'ondata di felicità. Non sapevo neanche io il perché. C'era qualcosa nello scappare in questo modo, come due adolescenti che rischiavano di essere sgamati dagli adulti, che rendeva tutto più divertente e romantico. Dovetti fermarmi e tirarlo a me. Dovevo condividere la mia felicità. Scoppiai a ridere mentre lo stringevo tra le mie braccia e lui fece lo stesso. All'improvviso mi sentii più leggera. L'essere in una base segreta di un qualche boss malefico sembrava solo un dettaglio insignificante.
Mi staccai e lo presi per mano. Intrecciammo le nostre mani e continuammo a correre ridacchiando. Finalmente riuscimmo ad uscire e con sorpresa scoprimmo che stava venendo buio e aveva anche iniziato a piovere. Dovevamo essere rimasti lì sotto per un po'. Però che fosse giorno o notte non importava, e neanche che piovesse, l'unica cosa a cui dovevamo pensare adesso era tornare al furgone. Attraversammo correndo, un po' per la pioggia e un po' per urgenza, tutto il luna park. Sembrava infinito e mi chiesi se saremmo mai riusciti ad uscirne. Quando finalmente ci riuscimmo non restava che arrivare al furgone. Percorsi tutta la strada col terrore che qualcuno potesse fermarci di nuovo. Ma per qualche miracolo divino nessuno ci interruppe questa volta.
Riuscimmo effettivamente a trovare il nostro furgone. Giuseppe si fermò e mi tirò a se. Ogni bacio sembrava sempre più bello del primo e neanche la pioggia che cadeva incessantemente su di noi riuscì a calmarci. Anzi, quando lo vidi completamente bagnato, con i capelli che gli si stavano appiccicando alla fronte, impazzii ancora di più. Gli passai una mano tra i capelli mezzi levandoglieli dalla faccia. Lo vidi cercare con urgenza le chiavi e aprire il retro del furgone. Non era molto più comodo del muro di prima, c'era solo una specie di panchina a nostra disposizione, ma in questo momento mi sarei accontentata di tutto. Entrammo e fummo finalmente al sicuro dalla pioggia. Tirai un sospiro di sollievo. Adesso eravamo soli, senza minacce né missioni a cui pensare. Ci guardammo e non perdemmo neanche un secondo. Ora che potevamo rilassarci facemmo tutto con più calma.
Sarebbe stata una lunga e bellissima nottata.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 12, 2021 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Spy-Professor (Giuseppe Conte) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora