parte 17

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Per un bel po' nessuno fece nulla. Stavamo tutti aspettando che il famoso Tedesco arrivasse. Non sapevo quanto ci avrebbe messo, ma sapevo che qualunque cosa avessi dovuto fare, dovevo farla immediatamente. Una volta che il Tedesco fosse stato lì sarebbe stato ancora più difficile liberare Giuseppe e scappare.
Per adesso lui non stava parlando, fissava la stanza pensoso, probabilmente cercando di farsi venire un'idea per mettere al tappeto quattro guardie armate. Era difficile pianificare qualcosa non sapendo cosa gli passasse per la testa, ma era abbastanza intelligente per adattarsi velocemente a qualsiasi mossa avessi fatto, anche se sarebbe stato colto di sorpresa. La sua intelligenza era una delle cose che più amavo di lui, ma non era davvero questo il momento di perdersi in fantasie amorose.
Anche con una pistola, ero comunque in svantaggio, e l'unica cosa a mio favore era la sorpresa. Ero sicura che sarei riuscita a mettere al tappeto almeno una guardia, e forse Giuseppe sarebbe riuscito ad attaccarne un'altra, ma era tutto molto ipotetico e anche se fosse andata bene rimaneva comunque una terza guardia. Mai come in quel momento avrei voluto che ci fosse stato qualcun'altro con noi.
Tornai ad osservare le guardie. Quella che doveva essere il capo era costantemente accanto a Giuseppe, la pistola pigramente puntata nella sua direzione, pronta a sparare in qualunque momento. Un'altra guardia stava alla porta e la terza era appoggiata alla scrivania. Non sembravano particolarmente attente nel loro lavoro, perciò mi rilassai. Sarebbe stato più facile batterli.
Restava comunque il fatto che erano uno in più di noi e che Giuseppe avrebbe perso qualche secondo prima di capire che ero lì per aiutarlo.
All'improvviso ebbi un'illuminazione. Non dovevo per forza battere tutte e tre le guardie insieme, sarebbe bastato toglierne una dall'equazione e poi sarebbe stato più semplice.
La vittima più logica sarebbe stata l'uomo vicino alla porta, avrei solo dovuto trovare una scusa per farlo uscire e poi attaccarlo. Quando fossi rientrata avrei avuto due pistole e solo due obbiettivi da eliminare.
-Sentite anche voi?- chiesi dal nulla. Si girarono tutti verso di me, Giuseppe compreso. La sua espressione confusa mi lasciava intendere che avesse in parte riconosciuto la mia voce. Sperai che fosse vero, perché se sapeva che ero io sarebbe stato più semplice.
-Io non sento nulla- disse il mio primo obbiettivo, appoggiando un orecchio alla porta.
-Sono sicura di aver sentito qualcuno là fuori, forse lui non è solo- insistetti indicando il prigioniero. Gli lanciai un'occhiata veloce e capii dal suo sguardo che adesso era sicuro che fossi io. Sorrisi sotto la maschera.
-Va bene, tu e tu, andate a controllare. Fate veloce però- ordinò la guardia capo indicando me e l'uomo alla porta.
Molto soddisfatta dalle mie abilità seguii la mia vittima mentre usciva dalla porta. La chiusi alle mie spalle e mentre l'uomo era impegnato a guardarsi intorno lo colpii senza troppi rimorsi alla testa. Crollò per terra e mi buttai subito al suo fianco. Pregai ogni dio esistente che nessuno arrivasse in quel momento. Appoggiai la guardia svenuta al muro e raccolsi la sua pistola. Il cuore mi batteva fortissimo e dovevo ammettere che mi stavo divertendo più di quanto mi sarei aspettata. Inoltre non vedevo l'ora che Conte mi vedesse in azione. Sarebbe stata la volta buona in cui avrebbe dovuto ammettere i suoi sentimenti per me e finalmente avrei potuto realizzare tutti i miei sogni.
Adesso però dovevo concentrarmi sulle mie prossime azioni. Dovevo essere attenta e precisa, e soprattutto veloce. Se qualcosa fosse andato storto avrei rischiato di farmi ammazzare e di lasciare Giuseppe nelle grinfie di qualche pazzo tedesco. Non potevo permetterlo.
Presi qualche secondo per abituarmi al fatto di avere due pistole ed entrambe le mani occupate. Realizzai che c'era una piccola difficoltà tecnica, ovvero avevo chiuso la porta che perciò doveva essere adesso riaperta. Non potevo usare le mani perché erano entrambe occupate e mi servivano in posizione non appena fossi entrata. Così decisi di incanalare tutta la mia forza e di passare a misure estreme. Okay, forse lo feci un po' per soddisfazione personale e per colpire ancora di più Conte, fatto sta che con un calcio ben mirato spalancai la porta e mi ritrovai di nuovo nella stanza, le pistole puntate una sulla guardia capo e una su quella ancora appoggiata alla scrivania.
Tutti e tre i presenti mi guardarono molto confusi. Giuseppe, che aveva capito che ero io, fece un sorrisone che mi riempii ancora di più di adrenalina.
L'uomo che aveva ancora la pistola puntata addosso a lui invece mi stava fissando. Non potevo vedere la sua faccia ma sicuramente non stava sorridendo.
-Che significa tutto questo?- mi chiese. Stavo per rispondergli quando Giuseppe approfittando nel momento, usò la mossa che mi aveva insegnato per disarmare il suo rapitore.
-Significa che abbiamo vinto noi, bastardo- disse prima di colpirlo alla testa con la sua stessa arma, e anche quella guardia era andata.
Era tutto così magico e perfetto, che non credevo sarei mai potuta essere più felice di così.
Adesso restava solo la terza guardia che, evidentemente terrorizzata, aveva buttato la sua arma a terra e aveva alzato le mani. Giuseppe guardò l'uomo per un secondo poi colpi anche lui, facendolo svenire.
E fu così che insieme avevamo sconfitto tre guardie, dimostrando quanto eravamo forti come coppia. Mi veniva quasi da piangere. Finalmente fuori pericolo corsi da lui per assicurarmi che stesse bene. Fortunatamente non aveva danni fisici ed ero abbastanza sicura che avesse affrontato cose peggiori, perciò direi che la cosa era terminata nel migliore modo possibile. Ero felicissima.
Anche Conte sembrava soddisfatto, visto che continuava a sorridere.
-Sei completamente pazza, ma non posso dirti nulla. Grazie per avermi salvato. Portarti con noi alla fine è stata la cosa migliore- mi complimentò. Non ero più abituata a vedere questo lato di lui e ringraziai il cielo di avere ma maschera perché non volevo vedesse le mie lacrime di gioia.
-Prego, ma adesso dobbiamo prendere quello per cui siamo venuti e poi filarcela via- fingermi professionale era la tattica migliore per non fare scoprire i miei veri sentimenti, giusto per non farmi vedere troppo innamorata. Volevo mi vedesse ancora come la sua eroina.
Lui annuii e si mise al lavoro. Lasciai quella parte a lui, perché io non sapevo neanche da dove cominciare. Mi misi alla porta per assicurarmi che non stesse arrivando nessuno. Dieci minuti dopo Giuseppe aveva raccolto tutti i dati che gli servivano e mi raggiunse alla porta.
-Qual'è il piano adesso?- chiesi. Lo avevo liberato, certo, ma dovevamo ancora trovare un modo di uscire da una villa piena di guardie armate pronte ad ucciderci.
-La cosa migliore è che tu continui a fingerti una guardia. Ci sono delle scale antincendio che possiamo usare per andare fuori però sono dall'altra parte della casa e c'è sempre il rischio di incontrare qualcuno. Fingeremo che sia tuo prigioniero- spiegò velocemente. Questo piano non sarebbe dovuto piacermi così tanto eppure ero sempre più emozionata.
Alzai una pistola e gliela puntai addosso-Allora si muova in fretta, signore. Il mio capo non vede l'ora di incontrarla- dissi fingendomi seria.
Lui rimase basito per un attimo, ma poi alzò le mani facendo un piccolo sorriso.
-Ai suoi ordini- disse incamminandosi alla porta. Gli puntai la pistola alla schiena e cominciammo a camminare. Lo seguii mentre attraversavamo i corridoi che sembravano infiniti.
-Lo sa che potrei disarmarla in almeno dieci modi diversi, guardia?- disse dopo un po' ironico. Trovai un po' cattivo da parte sua distrarmi così dalla missione, ma non c'era nessuno in vista e che male c'era a giocare un pochino, no?
-Vorrei vederla provarci- replicai nel suo stesso tono.
-Ah, lei provoca, vedo- commentò. Potevo vedere perfettamente nel mio cervello il suo sorrisetto soddisfatto mentre continuava a scherzare con me come se nulla fosse. Io, dal canto mio, non sorrisi per nulla, fu già un miracolo se non rimasi bloccata sul posto ad urlare.
Non dissi nulla per il resto del tragitto e alla fine arrivammo ad una porta che dava sull'esterno. Per essere una casa di un boss genio del crimine dovevo ammettere che era molto poco guardata. In sua difesa tecnicamente nessuno sarebbe dovuto essere in grado di arrivare a quel piano. Quasi quasi mi dispiacque per lui e feci nota mentale di dirgli di assumere guardie migliori la prossima volta.
Conte ci mise poco a scassinare la serratura e in poco più di cinque minuti eravamo fuori. Presi una bella boccata d'aria fresca. Era stata la giornata più assurda della mia vita e mi sentivo come drogata. Conte invece, abituato a questo genere di situazioni, non aspettò molto per avviarsi giù per le scale mentre si metteva in contatto con le nostre partner. Io continuai a fissarlo per un attimo, poi sorrisi e lo seguii.
Qualunque cosa sarebbe successa dopo, sarebbe andato tutto bene. Nessuno poteva fermare questo duo e, adesso, ero sicura che anche Giuseppe lo aveva capito.

Spy-Professor (Giuseppe Conte) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora