parte 25

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Quella notte non riuscii a dormire. Passai ore a fantasticare su Giuseppe, e prima che me ne rendessi conto erano arrivate già le sei e mezzo. Mi forzai a dormire, ma quando mi svegliai erano passate solo un paio d'ore. Nonostante ciò però non ero assolutamente stanca, anzi, non mi ero mai sentita più sveglia. Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era l'appuntamento che avevo con Conte nella sua stanza. Stavolta non mi importava nulla di parlare. Avevo preso la decisione di lasciar perdere i suoi sentimenti. Ciò che mi bastava di sapere era che provava qualcosa per me, ed ero sicura che se continuavo come stavo andando prima o poi lui avrebbe ceduto ai suoi sentimenti e dopo quelli che erano ormai secoli lo avrei avuto finalmente per me. Era inutile continuare a fargli pressione, dovevo lasciare che ci arrivasse da solo.
Mi chiesi se fosse troppo presto per andare da lui, ma non potevo veramente aspettare oltre.
Lasciai la mia stanza e mi avviai quasi correndo verso quella di Giuseppe. Quando arrivai mi fermai davanti alla porta. Adesso che ero lì stranamente mi trovai restia a bussare. Volevo davvero vederlo e stare con lui, ma se le cose fossero andate come il giorno precedente rischiavo un infarto vero. Però questa era una cosa per cui valeva la pena di morire. Così bussai forte e aspettai con ansia la sua risposta.
Sentii l'avanti di Giuseppe e con il cuore che batteva a mille entrai.
La stanza era sempre buia e mi sforzai di cercare Conte. Guardai nel letto, ma stavolta non era lì, per mio dispiacere. Però non lo vedevo neanche nel resto della camera.
-Elisa?- chiese e seguii il suono della sua voce. Notai una porta che non avevo visto prima, e supposi che Giuseppe fosse lì.
-Si sono io- gli risposi andando verso la porta.
-Sono nel bagno, vieni pure- disse, ma non suonava molto felice. Rimasi ferma per un attimo. Giuseppe Conte mi aveva davvero invitato prima nella sua stanza e poi nel suo bagno? Non era possibile che all'improvviso fossi così fortunata.
Entrai esitante nella stanza, pronta a morire.
Quello che mi trovai davanti però era la cosa più lontana da quello che mi aspettavo. Conte era in piedi davanti allo specchio e, da quello che riuscii a capire, si stava tagliando i capelli. Era una visione che non avevo previsto e rimasi un po' sconvolta.
I suoi capelli, specialmente il suo ciuffo, erano una delle cose che amavo più di lui, e adesso veniva fuori che erano proprio le sue di mani ad essere dietro quel capolavoro.
-Scusami, speravo di fare prima di incontrarci- si scusò, posando le forbici.
Sapevo che avrei dovuto rispondere, ma ancora una volta non potevo che stare ad ammirarlo. Ogni giorno mi stupiva sempre di più.
-Se non ti dispiace, finirei pure- disse, con un piccolo sorriso divertito. Probabilmente mi stava trovando molto buffa, e la cosa mi scosse abbastanza da farmi riprendere.
-Tranquillo, fai pure, se la mia presenza disturba il tuo genio però posso andarmene- dissi, provando a scherzare. Quella era la mia unica arma per mantenermi lucida.
-Oh no tranquilla. Anzi, potrebbe farmi comodo la tua opinione, resta- mi rassicurò. Ero contentissima e mi sedetti sul bordo della vasca. Lo osservai mentre riprendeva le forbici in mano e continuava con movimenti delicati a ritoccare i suoi capelli, che in realtà a me sembravano già perfetti.
Guardarlo era come guardare un artista all'opera mentre colpo dopo colpo dava vita alla sua creazione.
-Dove hai imparato?- chiesi curiosa. Non era una cosa da tutti sapere farlo, e soprattutto non così bene.
-Ho imparato da solo. Essendo una spia non posso andare dal parrucchiere, perciò era una necessità saperlo fare- mi spiegò senza distogliere lo sguardo dal suo riflesso nello specchio. Se Conte nella giacca di pelle era la cosa più sexy del mondo, Conte che si tagliava i capelli nel bagno mi riempiva di affetto e ancora più voglia di sposarlo e vivere con lui per sempre. Era talmente bello che facevo fatica a crederci.
-Capisco- dissi continuando a guardarlo. Non sapevo cosa dire di fronte a tale bellezza.
-Forse dovresti imparare anche tu. Ne avresti bisogno- suggerì lui. Era forse un commento sui miei capelli? Insomma, non me li ero esattamente curata negli ultimi giorni però da lì a dire che erano brutti ce n'era. Mi offesi un po'.
-Ti stai offrendo di insegnarmi? Perché non credo imparerai molto da te- dissi stizzita. Il mio commento fu accolto da una risatina.
-Tranquilla, non volevo offenderti. Intendevo che se hai intenzione di continuare a fare la spia, è una cosa utile da imparare- si spiegò divertito. Adesso ero un po' imbarazzata. Dovevo smetterla di prendermela così facilmente.
-Hai intenzione di farlo? Continuare ad essere una spia, intendo- chiese, adesso serio. Pensai bene alla mia risposta. Fare la spia non era la mia aspirazione di vita, sinceramente, però se lui avesse continuato non avrei avuto altra scelta che fare lo stesso.
-Vedremo- detti la risposta che più si avvicinava alla verità.
-Beh, spero che continuerai, saresti sprecata nel mondo reale- disse. Prima che potessi registrare le sue parole o replicare, Giuseppe fece un gemito, e lasciò cadere le forbici nel lavandino.
Mi alzai preoccupata e andai verso di lui.
-Tutto bene?- chiesi. Lui annuì e mi sorrise rassicurante.
-Si si, mi fa un po' male la ferita. Mi sa che dovrò finire adesso- disse. Mosse un po' la testa guardandosi allo specchio.
-Che ne dici? È un risultato accettabile?- chiese rivolto a me. Lo fissai attentamente e la risposta più ovvia sarebbe stata che era la cosa più bella che avessi mai visto.
-Accettabile? Si, è il massimo che si possa dire di quel taglio- dissi invece. Ovviamente scherzavo, non potevo rischiare di dire la verità.
Lui rise, cogliendo il mio sarcasmo probabilmente.
-Pensi che potresti fare di meglio chiese. Non capii se adesso era serio, ma decisi di replicare alla provocazione.
-Oh, sì, certo- dissi sorridendolo. Lui mi guardò e alzò le forbici.
-Proviamo, c'è un punto lì dietro che non sono riuscito a tagliare a modo, potresti farlo tu per me- suggerì. Mi passò anche la voglia di scherzare, adesso ero puro panico. Quella proposta mi aveva un po' sconvolta, ma non potei fare che accettarla. Presi le forbici in mano, ma non sapevo neanche da dove partire.
-Okay, intanto le devi reggere così- spiegò conte quando mi vide in difficoltà. Prese la mia mano e avvolse le mie dita portandole nelle posizioni giuste. Quel contatto bastò a farmi esplodere dentro e all'improvviso sentivo il bisogno di scappare. Ma non potevo.
-Ecco fatto. Il resto non è difficile, devi solo dare una spuntatina dove ce n'e bisogno. Confido in te- disse lasciandomi andare la mano. Sentii subito il bisogno che me la riprendesse, ma non potevo chiederglielo.
Lui si posizionò dritto davanti allo specchio e aspettò che iniziassi.
Mi avvicinai di più, e quella vicinanza bastò a farmi scordare come si respirava. Osservai i suoi capelli, che in realtà stavo fissando già da un po' perciò non ebbi difficoltà a trovare i punti da tagliare. Svuotai la testa da ogni pensiero impuro provocato dalla sua vicinanza e lasciai che l'istinto prendesse il sopravvento. Lo trattai come la cosa preziosa che era e cominciai a tagliare delicatamente.
Non so quanto passò, ma alla fine fui soddisfatta da ciò che avevo fatto e misi giù le forbici.
Feci un passo indietro senza dire nulla e osservai il mio risultato.
Conte fece lo stesso guardandosi nello specchio, poi incontrò i miei occhi e sorrise.
-Mh, decente- disse, ma il suo tono di voce fece intendere che era molto soddisfatto. Mi sciolsi e gli restituì il sorriso.
Guardando il mio riflesso però mi resi conto di quanto in effetti fossero messi male i miei di capelli. Erano giorni che non li curavo, ed erano un po' spettinati e avevano decisamente bisogno di una spuntatina. Presi una ciocca in mano e la osservai. Giuseppe notò il mio gesto e fece un altro dei suoi sorrisetti diveriti.
-Si, te ti darei una sistematina- disse. Qualcosa nel tono in cui lo disse mi fece tremare da testa a piedi. Sentii le ginocchia diventare molli e mi ci folle tutta la forza che riuscii a trovare per non cadere a terra. Doveva davvero stare attento a quello che diceva e a come lo diceva. Non si rendeva conto dell'effetto che poteva avere.
-Se vuoi posso metterci le mani io, ti prometto che farò un lavoro fantastico- disse infierendo. Cercai di ricordarmi che stavamo parlando di un taglio di capelli.
-Vediamo quanto sei bravo. Se fai un disastro non dovrai preoccuparti che il Tedesco ti uccida perché ci penserò io- lo avvertii, usando il sarcasmo per cercare di calmarmi, anche se in realtà stavo scherzando solo a metà. Se mi avesse rovinato i capelli sarei stata molto arrabbiata, però mi fidavo di lui ciecamente, tanto da affidarglieli.
Lui mi prese per le spalle e con delicatezza mi posizionò davanti allo specchio. Questo piccolo gesto bastò a rimandarmi nel panico e mi preparai ai minuti più lunghi della mia vita. Continuò a spostarmi delicatamente la testa per mettermi nella posizione giusta, poi mi disse di rimanere ferma. A quel punto era praticamente pietrificata, perciò non sarebbe stato un problema. Lo osservai dallo specchio e rimasi sempre più impressionata dall'aria che emanava mentre era concentrato sul suo lavoro. Notai anche che sotto la luce fievole del bagno era ancora più sexy e affascinante. Dovetti smettere di guardarlo, perché stavo cominciando a sentirmi malino. Sentivo comunque le sue mani che mi toccavano la testa e i capelli, e il suo fiato sul collo. Era il momento più intimo e lungo che avessimo condiviso, anche più del mezzo bacio che ci eravamo scambiati. Cominciò a sembrare una tortura. Ogni sorta di pensiero mi attraversò la testa ma purtroppo mi stava semplicemente tagliando i capelli. Niente di che, oggettivamente parlando. Ma ringraziai comunque ogni dio presente in tutto l'universo quando disse di aver finito.
Si allontanò e finalmente rilassai i muscoli. Era stata un'esperienza traumatica ma fortunatamente era finita.
Lui mi affiancò e osservò i nostri riflessi nello specchio.
-Che ne dici? Abbiamo fatto un buon lavoro?- chiese. Sembrava felice, come non lo avevo visto da un po'. Questa cosa mi rese talmente contenta che lasciai anche perdere tutte le fantasie fatte finora. C'era tempo per certe cose, adesso volevo solo godermi questa pace e accontentarmi di stare con lui. Esaminai i nostri capelli e vidi che in realtà il suo ciuffo non era stato perfettamente tagliato. Non potevo permettergli di andare a giro con il ciuffo fuori posto, così glielo feci notare.
-Hai fatto un pessimo lavoro quà- dissi passandogli una mano nella parte in questione. Lo avevo fatto senza pensare e rimanemmo entrambi un po' scioccati dal gesto. Tolsi la mano dai suoi capelli.
-Beh, se pensi che sia venuto così male, perché non sistemi anche quello?- propose con un tono vagamente di sfida. Non risposi neanche, presi direttamente le forbici in mano e le sollevai, sorridendo. La sfida era accettata. Gli avrei mostrato quanto ero brava.
Feci un passo verso di lui per arrivare meglio al ciuffo, e con la stessa delicatezza che avevo applicato prima, cominciai a lavorare. Avevo preso questa cosa molto seriamente, così seriamente che per una volta stranamente non realizzai neanche quanto effettivamente fossi vicina al volto di Giuseppe. Continuai a tagliare e mi concentrati su quello. Dopo un po' mi fermai per assicurarmi che stesse andando tutto bene. Ero soddisfatta di come stava procedendo così feci per ripartire. La mia mano venne però bloccata a mezz'aria. Era Giuseppe, che mi aveva fermato. Venni riportata alla realtà e mi ritrovai a distanza decisamente non di sicurezza dalla sua faccia. Non era la prima volta, ma non pensavo che la sua bellezza avrebbe mai smesso di stupirmi. Visto da vicino era una creatura ancora più meravigliosa. Il suo sguardo però non suggeriva lo stesso grado di amore nei miei confronti. Continuava a stringermi il braccio e a fissarmi con un'espressione che non riuscivo ad interpretare. Sembrava che stesse provando tutte le emozioni possibili allo stesso momento. Restammo così per un tempo che sembrava infinito. Non stavo capendo nulla di quello che stava succedendo, ma osservai mentre il suo sguardo diventava sempre più vuoto. Avrei pagato oro per poter leggere i suoi pensieri in quel momento. All'improvviso lasciò cadere il mio braccio.
-Va benissimo così- disse secco allontanandosi da me. Si guardò allo specchio e fui confusa dall'odio che adesso leggevo nei suoi occhi.
Provai ad avvicinarmi di nuovo a lui, per cercare di capire quale fosse il suo problema. Lui si allontanò bruscamente da me per poi lasciare direttamente la stanza. Rimasi ferma un attimo, confusa. Non riuscivo a conciliare questo Giuseppe con quello che fino ad ora stava ridendo e scherzando con me, con l'aria di essere la persona più felice sulla faccia della terra. Parte di me era preoccupata, ma parte di me era irritata da quel cambiamento improvviso. Finalmente stavamo andando d'accordo e ci stavamo effettivamente divertendo insieme, senza minacce di morte imminente. Non capivo cosa poteva spingerlo a rovinare tutto ciò.
Lo seguii e lo trovai a fare avanti e indietro nella camera.
-Qual'è il problema?- chiesi, facendo un tentativo. Se c'era qualcosa che lo turbava avremmo potuto parlarne e forse avrei potuto aiutarlo.
-Sei tu! Sei tu il mio problema!- sbottò fermandosi e guardandomi come se gli avessi appena dato fuoco alla stanza. Era raro vederlo perdere così il controllo e mi chiesi cosa avessi potuto fare di così grave da provocare quella reazione. Avrei voluto indagare, ma le sue parole mi avevano fatto incazzare definitivamente. Era ingiusto da parte sua incolpare me per questa situazione. Se non voleva accettare che provava qualcosa per me, allora erano affari suoi. Se c'era qualche altro problema, la sua reazione non era comunque colpa mia.
-E cosa avrei fatto? Dimmelo perché io non capisco!- esclamai, adesso urlando anche io. Lui si prese il volto tra le mani e lo sentii sospirare.
-Niente- disse. Aveva abbassato la voce, ma il suo tono non era meno arrabbiato.
-Vai via e basta- intimò abbassando le mani e lasciandomi uno sguardo duro.
-No, ora voglio parlare!- insistetti. Non poteva continuare a fare così, a dire le cose a metà o avere queste reazioni per poi continuare a lasciarmi nell'oscurità più totale.
Ma se prima non era disposto a parlare, adesso era ancora peggio.
-Ho detto che devi andartene!- urlò indicando con forza la porta. Questo era il limite. Neanche il mio folle amore nei suoi confronti sarebbe bastato a farmelo perdonare stavolta. Forse era arrivato il momento di accettare che Conte era un uomo impossibile e che avrei potuto stargli dietro per anni prima che riuscisse a fare pace con se stesso.
Se voleva che me ne andassi, me ne sarei andata. Non avrebbe dovuto ripetermelo una terza volta.
Lasciai la stanza ed ebbi cura di sbattere la porta per sottolineare la mia incazzatura. Presi una decisione drastica. Nonostante stare lontano da lui mi facesse soffrire, fino a che lui non avrebbe ricambiato senza prezzi e compromessi i miei sentimenti, avrei smesso di parlargli e di cercarlo. Io avevo fatto la mia parte, più e più volte. Adesso era il suo turno.
Mi chiusi nella mia camera, con l'intenzione di non uscirne mai più.

Spy-Professor (Giuseppe Conte) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora