parte 19

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Il giorno dopo, o almeno supposi fosse il giorno dopo visto che non avevo idea di che ore fossero, venni svegliata bruscamente da una voce che chiamava il mio nome. Solitamente avrei ucciso chiunque avesse provato a svegliarmi, ma anche se ancora mezza addormentata riconobbi l'inconfondibile voce di Giuseppe. Aprii gli occhi e me lo trovai davanti. Era vestito di nuovo con dei semplici vestiti neri e una giacca di pelle. Pensai che questo doveva essere un sogno e rimasi a fissarlo imbambolata.
-Hai intenzione di alzarti o no?- disse, un po' irritato. Ero appena sveglia e capivo pochissimo apparte che Conte era entrato in camera mia conciato così e adesso mi stava ordinando di alzarmi senza però spiegarmi il motivo.
Feci uno sforzo e mi misi a sedere. Ero piuttosto di malumore perché discutere non era esattamente quello che volevo fare in questo momento.
-Dobbiamo andare?- chiesi, supponendo che la ragione di tutto ciò fosse che dovevamo partire per la missione. Conte però scosse la testa.
-No, c'è ancora un'ora prima che Olivia si svegli, però non riuscivo a dormire e ho deciso che ti serviva un po' di allenamento- mi informò gentilmente. Non aggiunse altro ed uscì dalla stanza probabilmente convinto che lo avrei seguito. Fu esattamente quello che feci e un po' mi odiai per quello ma alla fine ero pur sempre una ragazza semplice. Se Giuseppe Conte mi svegliava nel mezzo della notte in giacca di pelle e mi diceva di andare ad allenarmi con lui non potevo dire di no.
Mi portò per alcuni corridori fino a che non arrivammo in una specie di piccola palestra. Era pressoché vuota, c'era solo un tavolino con qualche attrezzo sopra, un sacco da box appeso al soffitto e un altro paio di macchinari che non riconoscevo. Conte si rifiutava ancora di parlare e si mise direttamente seduto sul tavolino. Io rimasi sulla porta a fissarlo. Era incedibile il numero di oggetti di cui una persona poteva essere gelosa, ma in quel momento avrei pagato oro pur di essere il tavolino.
Sentivo una vocina nella testa che continuava a dirmi che non dovevo assecondarlo così ma la misi a tacere perché ero appena sveglia e non mi importava di nulla che non fosse Conte. Eventualmente la rabbia avrebbe preso il sopravvento e mi sarei ripresa ma adesso in testa avevo solo Conte seduto sul tavolino davanti a me.
-Sei stata brava nell'ultima missione, ma ti è andata molto bene. Le cose saranno sempre peggiori e non sarai così fortunata ogni volta. Non sei abbastanza abile nel combattimento corpo a corpo, l'ultima volta avevi ancora molte pecche- disse. Non sapevo dove volesse arrivare e cominciavo un po' ad irritarmi sul serio.
-Forse non ho avuto un buon maestro- mi uscii spontaneo di dire. Non era molto gentile da parte sua svegliarmi per offendermi.
-Ti assicuro che non c'è nulla che non vada in me. Adesso comincia a prendere a pugni quel sacco, abbiamo perso già abbastanza tempo- replicò duramente. Nonostante l'irritazione non potei non resistere e cominciai a colpire la mia vittima. Per protesta immaginai che fosse Conte, ma la cosa prese una piega strana cosi cominciai a colpirlo e basta.
Passò quelche minuto nel quale un Giuseppe sempre più irritato continuava a dirmi di colpire con più forza o con meno forza o di aggiustare la posizione. Cominciai a sudare e questa volta fu solo in parte dovuto al fatto che Conte mi stava osservando in quel modo.
Alla fine non ce la feci più e mi fermai. Guardai Giuseppe per dirgli che poteva anche bastare, ma quando incontrai il suo sguardo lui sbatté un pugno sul tavolo. Ancora una volta desiderai fortemente di essere al suo posto. Rimasi immobile colpita nel profondo. Lui si alzò dal tavolino e mi venne incontro. Cominciai a respirare a fatica ed ero contenta che potevo mascherarlo come affaticamento.
-Così è inutile- sentenziò -Combatti conto di me- ordinò mettendosi in posizione. Se con combattere intendeva saltargli addosso allora lo avrei accontentato volentieri ma purtroppo nonostante la confusione che avevo nel cervello sapevo che quello era solo un mio sogno.
Ripescai dalla memoria le cose che mi aveva insegnato nel bosco e feci la mia prima mossa. In due secondi mi aveva già bloccata tra le sue braccia. Se a fallire ottenevo questo in realtà non avevo molti incentivi per migliorare.
Andammo avanti così per un po'. Lui si incazzava sempre di più e di conseguenza anche io, che però allo stesso momento riuscivo a resistergli sempre meno. Non potevo farci nulla era più forte di me.
-Non ce la potrai mai fare- disse frustrato dopo un po'. Le sue parole mi ferirono un po'.
-Forse dovrei andare da Olivia, magari lei saprebbe insegnarmi a modo!- replicai. Pensandoci bene non sarebbe una cattiva idea, avrei avuto più pensieri inerenti all'addestramento piuttosto che ad altro. Però volevo che ci rimanesse male come lui aveva fatto rimanere male me.
-Forse è una buona idea- disse, senza però fermarsi. Cercai di parare i suoi colpi che però diventavano sempre più forti. A forza di lottare il sonno era andato via e adesso tra i tanti pensieri mi stavo anche chiedendo perché di nuovo dovesse fare lo stronzo. Pensavo finalmente fossimo andati oltre a quello, ma lui non sembrava intenzionato a stabilizzare il suo umore. La cosa mi faceva davvero rabbia, perché io ci tenevo a lui e volevo solo che lui tenesse a me allo stesso modo. Ma evidentemente ciò non era possibile.
-Giuseppe qual è il punto di tutto questo? Perché ti interessa tanto che io sappia lottare?!- domandai alzando la voce. Provai ad attaccarlo ma di nuovo lui mi bloccò. Questa volta però persi l'equilibrio e cascai in avanti, finendogli addosso. Lui mi afferrò sorpreso e rimanemmo così a fissarci negli occhi per un attimo, i volti vicinissimi. Non eravamo mai stati così vicini e adesso che finalmente mi il mio obbiettivo era a così pochi centimetri da me era talmente bello che rimasi paralizzata.
-Non voglio che ti succeda niente, Elisa- sussurrò lui guardandomi dolcemente. Probabilmente stava rispondendo alla domanda che gli avevo fatto, ma onestamente non mi ricordavo neanche quale fosse. Era arrivato il mio momento, non avrei avuto un'occasione migliore per baciarlo finalmente. Ma prima che potessi fare una qualsiasi cosa, Giuseppe si staccò da me e senza aggiungere altro lasciò la stanza.
Mi lasciò sola e confusa, adesso svuotata di tutta la rabbia. Era stato immensamente crudele da parte sua, ma adesso paradossalmente avevo di nuovo la conferma che io lo amavo più di ogni altra cosa al mondo, e che, in qualche modo che forse ancora doveva capire, lui amava me.

Spy-Professor (Giuseppe Conte) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora