parte 27

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I giorni seguenti furono una noia mortale. Non avevo un telefono, non avevo un computer, non avevo neanche un libro o musica da ascoltare né tantomeno la voglia di vedere altre persone. Non sapevo neanche quanti giorni erano passati dall'ultimo incontro con Conte. Passavo tutto il tempo chiusa in camera, a dormire, piangere o pensare. Uscivo solo un paio di volte al giorno per andare a caccia di cibo, ma sempre e solo in orari che mi avrebbero permesso di non incontrare altri esseri viventi. La mia coinquilina era venuta a controllare che fossi ancora viva, ma le avevo detto che avevo bisogno di stare sola e che mi sarei fatta vedere quando mi fossi sentita pronta.
Ormai però stavo cominciando ad impazzire, ed avevo iniziato a fare delle passeggiate per i corridoi durante la notte. Ero arrivata così a scoprire un accesso al tetto della base. Non ero sicura che avrei dovuto essere lì, ma nessuno mi era mai venuto a dire nulla, perciò continuai ad andarci ogni sera.
Anche in quel momento ero lassù. Era una notte particolarmente fredda, ma non avevo voglia di scendere di nuovo a prendere qualcosa per coprirmi. Inoltre mi piaceva il freddo pungente. Era bello per una volta provare un malessere che non fosse interiore.
Mi misi a fissare le stelle. Non erano una visione bella come Giuseppe Conte, ma arrivavano tranquillamente al secondo posto. Potevo accontentarmi. Ormai non sapevo neanche più cosa pensare. Ero stata talmente tanto male negli ultimi giorni che adesso provavo solo un enorme senso di vuoto, come se avessi bruciato ogni emozione. Mi chiesi se avessi mai potuto provare qualcosa di nuovo, o se avrei vissuto tutto il resto della mia vita con questo senso di apatia. Sperai di no. Intanto mi limitai a guardare il cielo, pregando qualunque forza ci fosse là fuori di inviarmi una risposta. Cosa avrei dovuto fare? Sarei dovuta andare via e dimenticarmi di Giuseppe? O sarei dovuta rimanere, perdonare e tornare a cercare di conquistarlo? Quale era la scelta giusta per entrambi? Furono queste le domande che rivolsi all'universo, ma non fu lui a rispondermi. Sentii il rumore della porta che si apriva, rumore che mi allarmò visto che non avevo mai visto nessuno sul tetto apparte me. Mi voltai e con mia grandissima sorpresa ad uscire dalla porta fu proprio Giuseppe Conte.
Lo fissai a bocca aperta. Dopo non averlo visto per giorni e sotto la luce della luna non mi era mai sembrato più bello. Stava anche indossando la sua giacca di pelle, cosa che non aiutava molto. Mi odiai un po' per il fatto che quella fu l'unica cosa che riuscii a pensare mentre si avvicinava.
-Speravo di trovarti quà- disse una volta che mi aveva raggiunto. Volevo rispondergli, ma questo incontro improvviso mi aveva sconvolto e non sapevo come reagire. Volevo solo buttarmi giù dal tetto. Mi feci forza.
-Cosa ci fai tu quà- chiesi. Non volevo sembrare aggressiva, almeno non troppo, ma supposi che dentro di me avevo ancora tanta rabbia. Lui si guardò i piedi, lievemente imbarazzato. Poi sospirò e sollevò lo sguardo, incontrando i miei occhi.
-Ti stavo cercando...- iniziò. Non lo feci finire.
-Qualunque cosa tu abbia da dirmi puoi tenetela per te, non sono dell'umore per discutere- intimai avviandomi verso la porta. Ancora una volta il mio cervello era pieno di confusione, ed odiavo essere così. Ero stanca e infreddolita e non avevo voglia di sopportare i mille umori di Giuseppe.
Quando lo superai però lui mi toccò un braccio, facendomi fermare.
Mi girai verso di lui e lo guardai male. Mi addolcii quando vidi l'espressione sul suo volto. Sembrava dispiaciuto. Forse avrei potuto almeno provare a sentire cosa voleva dire.
-Volevo chiederti scusa- disse, togliendo velocemente la mano dal mio braccio.
Non dissi niente, ma non lo fermai neanche. Decisi di dargli un ultima occasione. Tornai al mio posto e mi misi a sedere. Lui si unì a me.
-Quello che è successo l'altra sera...mi dispiace tantissimo. Vorrei avere una giustificazione ma...- si fermò a metà frase. Mi girai per vedere quale fosse il problema, ma mi stava semplicemente fissando.
-Stai tremando. Hai freddo?- chiese dolcemente. Realizzai che aveva ragione. Stavo tremando come un chihuahua anche se non sapevo dire se era per il freddo o per l'improvvisa apparizione di Conte. Non mi dette neanche il tempo di rispondere che di nuovo si tolse la giacca di pelle e me la avvolse delicatamente intorno alle spalle. Decisi di non protestare, principalmente perché scoprii che sotto aveva un semplice maglioncino, cosa che mi addolcì per qualche motivo. Mi avvolsi nella giacca e gli feci cenno di riprendere le sue scuse.
-Si, stavo dicendo, mi dispiace tantissimo e non c'è nessun modo in cui io possa giustificare le mie azioni. Non mi devi neanche perdonare, non sono qui per questo. Però ci tenevo a scusarmi, è il minimo che possa fare- terminò. Gli mandai mille accidenti. Non avrei mai potuto restare arrabbiata con lui se faceva la cosa giusta. Però non potevo neanche perdonarlo così facilmente. O almeno credevo. In realtà la sensazione di conforto che provavo nel vederlo si stava espandendo in tutto il mio corpo, cancellando ogni traccia dei sentimenti negativi, lasciando solo una specie di felicità inspiegabile. Mi chiesi se era ciò che provava un drogato quando cedeva alla sua dipendenza dopo un periodo di astinenza.
-Va tutto bene- dissi solamente, lasciandomi scappare un sorriso.
Lui distolse lo sguardo per nascondere il suo e rimanemmo per un po' in silenzio a guardare le stelle. Fummo avvolti da un senso di pace immensa.
-Ovviamente, se c'è qualcosa che posso fare per farmi perdonare, dì pure- disse spezzando il silenzio.
Avevo tante idee su quel fronte, ma niente che la poca dignità che mi era rimasta non mi avrebbe impedito di fare. Decisi di andare sul semplice.
-Beh, se devo ridire su qualcosa, quel bacio è stato proprio una merda. Potresti iniziare rimediando a quello, non vorrai mica lasciare una ragazza con quel ricordo- dissi, nascondendo un sorriso. Era probabilmente una pessima idea, ma ora come ora non mi importava
Ovviamente non lo avrei perdonato subito e non avrei neanche pensato di avere una relazione con lui fino a che non mi avrebbe provato che non mi avrebbe fatto più soffrire.
Giuseppe mi guardò un po' confuso, poi sorrise.
-Solo se è quello che vuoi veramente- si assicurò. Annuii convinta e lui si avvicinò a me per poi baciarmi dolcemente. Era un bacio completamente diverso da quello terribile dell'ultima volta. Questo era casto, delicato, più simile al primo bacio di due dodicenni che altro. Era un bacio tranquillo, una promessa che le cose sarebbero andate bene e che era tutto apposto. Durò poco, ma quando Conte si allontanò eravamo entrambi sorridenti e felici. Tutte le emozioni che avevo provati negli ultimi giorni sembravano evaporare nel nulla. Probabilmente non era una cosa giusta, ma non mi ero sentita così da tanto e non ci vedevo nulla di male nel godermi questa felicità e basta senza pensarci troppo per una buona volta. Avrei voluto restare così per sempre, ma Giuseppe si alzò.
-Devo andare a dormire adesso. Sono contento di essere venuto a cercarti. Buoanotte, Elisa- disse senza smettere di sorridere. Rimasi un po' delusa, ma forse in realtà era meglio così. Almeno avremmo potuto chiudere la serata con un bellissimo ricordo.
Cominciai a toglietemi la giacca per restituirla. Giuseppe, però, fece segno di fermarmi.
-Tienila tu. Potrai restituirmela più avanti- disse lasciandomi basita. Non mi sembrava vero che mi concedesse di tenere la tanto amata giacca di pelle.
-C'è anche un'altra cosa nella tasca. È per ascoltare musica. Volevo dartela perché la tua amica mi ha detto che ti piace farlo- disse. Infilai la mano nella tasca e tirai fuori un piccolo dispositivo a cui erano attaccate delle cuffie. Questa cosa mi aveva sorpreso ma mi aveva anche fatto piacere. Era un pensiero carino, visto che non avevo molto altro da fare e che la musica era la mia vita. Mi era mancata molto in quei giorni solitari. Lo ringraziai fingendomi indifferente, ma non appena se ne andò, mi avvolsi dentro l'indumento e respirai il suo profumo. Restai così per un tempo indefinito, esplorando la mia nuova musica e tornando a fantasticare, nuovamente piena di speranza per il futuro.

Il giorno dopo mi svegliai riposata per la prima volta da tanto tempo. Mi ero addormentata abbracciando la giacca di Conte e ascoltando finalmente della musica. Mi presi tutto il tempo per crogiolarmi nella nuova trovata felicità. Si prospettava una giornata bellissima, passata a ricucire lentamente i rapporti con Giuseppe. Non sapevo perché avevo dubitato di noi anche solo per un secondo. Dovevo smettere di ascoltare la parte più razionale di me e cominciare a dare più retta ai sentimenti. Se Conte era un uomo difficile, non avrei dovuto mollarlo, ma lavorare insieme a lui per aiutarlo a superare i suoi traumi, qualunque essi fossero.
Quando arrivò un orario accettabile andai alla sua stanza. Bussai e aspettai un po', ma di lui nessuna traccia. Cominciai a cercarlo per tutta la base, mentre l'ansia cominciava ad assalirmi.
Arrivai nella sala comune, ma tutto quello che trovai fu la mia coinquilina seduta su una delle persona assorta a leggere un libro mentre mangiava patatine e beveva qualcosa da un bicchiere che sembrava da Martini.
La salutai e ci scambiammo due parole, ma attualmente ero più interessata a sapere dove era Conte.
-Hai visto Giuseppe?- chiesi. Lei mi guardò confusa.
-Lui e Olivia sono partiti per la missione stamani. Hanno detto che ci avrebbero pensato loro d'ora in poi, e che noi saremmo dovute andare via di quà. Entrare nel programma di protezione o qualcosa del genere, in realtà non ho capito. Pensavo te lo avesse detto Conte- spiegò velocemente. La fissai a bocca aperta. Non riuscivo a capire cosa significava tutto ciò. Non concepivo come dopo tutto quello che avevamo passato lui mi avesse potuto lasciare indietro, come se fossi un cane di cui si era stufato. Tutta la felicità e la speranza che avevo cominciato di nuovo a provare mi si schiantano addosso, distruggendo il muro dietro al quale avevo arginato la rabbia. Questo era troppo, e non gliel'avrei fatta passare liscia. Stavolta però non lo avrei lasciato perdere, stavolta gli sarei andata dietro e lo avrei preso a calci in quel culo perfetto. Lasciai la stanza incazzata. Era tempo di inseguire quel bastardo. Glielo avrei fatto vedere io cosa succedeva quando si lasciava Elisa indietro.

Spy-Professor (Giuseppe Conte) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora